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L’euretico

 di Eduardo Palumbo

Emiliano Brancaccio, 42 anni, napoletano, professore associato di Fondamenti di Economia politica, presso l’Università del Sannio. Divisa d’ordinanza dell’intellighenzia del terzo millennio, giacca scura su maglietta nera (mai cravatta ) sempre molto compito, forse intristito, snocciola dati e previsioni che effettivamente hanno poco da far sorridere. E’ un napoletano poco napoletano, non fa nulla per accattivarsi la platea, come se amasse più coltivare nemici che amici. Dire che è un euro scettico è riduttivo. Già, perché lui non è mai salito sul carro dell’euroentusiasmo, anzi.

Fu tra i pochi ha prevedere con fredda lucidità la crisi dell’euro zona e l’ondata di vendite di titoli dei paesi periferici, tra cui l’Italia. E siccome Emiliano Brancaccio è uno abbastanza schivo, non perde l’occasione nel rimarcare che forti perplessità sulla tenuta dell’Unione monetaria europea erano già state espresse da alcuni studiosi, più autorevoli di lui. Tra gli economisti italiani, Augusto Graziani si mostrò scettico sulla sostenibilità dell’euro anche prima che la moneta unica entrasse in vigore. I suoi dubbi sulla moneta unica, ben saldati sul terreno dei fatti, non si limitavano a trarre spunto dalla nota lezione keynesiana sulla insostenibilità di quelle unioni valutarie che pretendono di scaricare l’intero peso dei riequilibri commerciali sui soli paesi debitori. Vi era pure, nella sua analisi, una lettura implicita del concetto marxiano di centralizzazione dei capitali, e dei tremendi conflitti politici che possono derivare da essa.

Un pessimismo dunque fondato su una consapevolezza profonda dell’equilibrio precario su cui verteva il processo di unificazione europea, e del rischio che prima o poi la situazione potesse precipitare sotto il giogo di meccanismi favorevoli all’economia più forte del continente. Veniva così a crearsi uno scenario propizio per la riscoperta del sinistro monito di Thomas Mann sull’essenza dello spirito prevalente in Germania: “Dove l’orgoglio dell’intelletto si accoppia all’arcaismo dell’anima e alla costrizione, interviene il demonio”.

br1Brancaccio la sua parte nel cercare di sfrondare l’euro dall’ottimismo del pensiero dominante l’ha fatta per bene comunque. Anche prendendo posizioni nette, ad esempio, a suo tempo contro il capo economista del Fmi Olivier Blanchard e contro Francesco Giavazzi, uno molto “ascoltato” dalle nostre parti, editorialista del Corriere della Sera che nel maggio del 2012 venne chiamato dall’allora presidente del Consiglio Mario Monti al capezzale della spesa pubblica per formulare analisi di Spending Review poi dopo di lui Cottarelli) , un’altra chimera italiana.

Del resto è stato tra i promotori delle lettere degli economisti (Il Sole 24 Ore, 10 giugno 2010) e The Economis’ Warning  (Financial Times, 23 settembre 2013) contro le politiche europee di austerity, sottoscritte da numerosi esponenti della comunità accademica internazionale. Insomma sempre con determinazione in prima fila.

Lui, del resto, non è uno che si tira indietro. E ci mette sempre la faccia, su questo non ci sono dubbi. Recentemente ha sottolineato, parlando di Graziani: “nel clima di entusiasmo suscitato dalla nascita dell’euro le preoccupazioni di Graziani non attecchirono. Nel nostro paese, piuttosto, trovò largo seguito l’improbabile ideologia del “vincolo esterno”. I suoi propugnatori sostenevano che i vincoli imposti dall’Europa sul governo della moneta, del tasso di cambio, dei bilanci pubblici, non costituivano la dimostrazione che l’Unione andava costituendosi a immagine e somiglianza degli interessi del più forte, ossia del capitalismo tedesco. Piuttosto, si diceva, quei vincoli avrebbero miracolosamente trasformato i piccoli ranocchi dello stagnante e frammentato capitalismo italiano in algidi principi della modernità globale, in vere e proprie avanguardie della produzione planetaria. Insomma, modernizzare il capitalismo italiano, renderlo più centralizzato e quindi più forte: alcuni padri della patria hanno incredibilmente sostenuto che il vincolo esterno imposto dall’Europa potesse spontaneamente fare tutto questo, sia pure in un deserto di progettualità e di investimenti. In tanti furono abbagliati da simili illusioni”.

NEWS_148587Oggi sappiamo come sono andate le cose.”E sappiamo pure – ha scritto Brancaccio- che, proseguendo di questo passo, l’inasprirsi dei conflitti tra capitalismi europei potrà condurre a un tracollo dell’Unione che porrà i decisori politici di fronte a una scelta cruciale tra modalità alternative di uscita dall’euro, ognuna delle quali avrà diverse implicazioni sui diversi gruppi sociali coinvolti. E gli eredi più o meno degni del movimento operaio novecentesco che faranno? Sapranno anticipare il corso degli eventi o preferiranno anche stavolta fungere da ultima ruota del carro della Storia? Anziché lasciarsi travolgere dall’idea ottusa della “grande coalizione” o dall’attivismo del giovane dinosauro liberista Renzi per suicidarsi entro un anno, sarebbe forse opportuno che il Partito democratico e la Cgil prendessero atto che non è più tempo di parlare di politiche di convergenza o magari di standard retributivo europeo. La verità è che nel PD, e in generale in quel che resta dei partiti eredi più o meno diretti della tradizione del movimento dei lavoratori,  si sconta ancora un notevole ritardo sul da farsi rispetto al deterioramento del quadro economico e sociale.”

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E il giro del mondo in 80 euro, la strada del rilancio dei consumi che non si è concretizzata?  Perché insomma non si sente l’effetto 80 euro? ”Occorre ricordare che la famigerata manovra degli 80 euro si inscrive in una politica di bilancio che nel complesso rimane depressiva. Il governo continua a sottrarre all’economia più di quanto eroghi: l’obiettivo generale della politica economica resta infatti quello di attuare un prelievo fiscale che eccede la spesa pubblica al netto degli interessi. Questo significa che i cittadini e le imprese si trovano da un lato con 80 euro in più, ma dall’altro lato registrano tagli ulteriori ai servizi e aumenti delle tariffe. E temono incrementi di altre voci di imposta. L’effetto finale sulle capacità complessive di spesa resta dunque negativo. Era illusorio pensare che gli 80 euro in più in busta paga si potessero interamente trasformare in consumi”.

imagesCA8RXIQXPadoan è assertore convinto della dottrina della cosiddetta “austerità espansiva”, quella secondo cui l’austerity avrebbe dovuto risanare i bilanci, ripristinare la fiducia dei mercati e rilanciare la crescita e l’occupazione. “Ma in realtà l’austerity –sottolinea Brancaccio-  ha depresso l’economia e non ha risanato i conti. Su indicazione della Bce e della Commissione, allora, il ministro oggi propone una nuova ricetta: la ulteriore flessibilità dei contratti di lavoro aiuterà a creare nuovi posti di lavoro e a ridurre la disoccupazione. Ma le evidenze empiriche ci fanno ritenere che si sbaglino di nuovo”.

BBBBBBOrmai la sensazione crescente secondo alcuni non è se uscire o meno dall’euro, ma se uscirne seconda una visione di destra o di sinistra. Una schematizzazione che naturalmente esemplifica una situazione non certo semplice ma che comunque fotografa concretamente il dibattito attuale. La tesi di Brancaccio non concede ambiguità. “Come ho cercato di argomentare in questi mesi – ha detto Brancaccio-, c’è anche un modo alternativo di gestire l’implosione dell’eurozona, che consiste nel tentativo di costruire un blocco sociale intorno a una ipotesi di uscita dall’euro declinata a “sinistra”. Vale a dire, in primo luogo: un arresto delle fughe di capitale; accorte nazionalizzazioni al posto delle acquisizioni estere dei capitali bancari; un meccanismo di indicizzazione dei salari e di amministrazione di alcuni prezzi base per governare gli sbalzi nella distribuzione dei redditi; la proposta di un’area di libero scambio tra i paesi del Sud Europa. Insomma: la soluzione “di sinistra” dovrebbe vertere sull’idea che se salta la moneta unica bisognerà mettere in questione anche alcuni aspetti del mercato unico europeo. E a mio avviso sarebbe importante ripristinare alcuni meccanismi di tutela dei lavoratori e delle loro retribuzioni, a partire da una nuova scala mobile…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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