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Dal vuoto al voto a perdere

 di Paolo Ariete

L’affluenza delle regionali si è arrestata senza troppe sorprese, al 52,2 per cento dei votanti. Ricordavamo un 64,19 alle scorse regionali del 2010 e senza fare eccessive analisi dietrologiche il 2005 fu l’anno del 72 per cento. E se vogliamo guardare ancora più indietro, alle nostre spalle, scopriamo che dal dopoguerra sino al 1976 la media di affluenza alle urne era stata del 92 per cento…

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Oggi la Campania è seconda nella classifica delle regioni più astenute, dopo la Liguria. Un calo di undici punti in percentuale. Non possono bastare le “giustificazione climatiche: non è stato di sicuro l’improvviso solleone estivo, dopo un po’ di alti e bassi di temperatura, a provocare le gite fuori porta e le fughe dalla città verso mare, relax e anticipi di vacanze. E’ stata astensione, più o meno cosciente. Si  certo, che si sia votato un solo giorno, è stato un deterrente importante. Ma non basta.

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Scriveva Pietro Gobetti nel 1919: “Guardate la vita politica da un punto di vista di onestà illimitata: ne provate disgusto; e il disgusto degenera in astensionismo, scherno, indifferenza per i supremi interessi”. Già, astensionismo. Ma che cos’è l’astensionismo allora, solo il rigetto di una politica fatta di scandali e tangenti, di ladri ed imbroglioni? Nel Dizionario di politica Giacomo Sani distingue l’astensionismo politico dal cosiddetto astensionismo civico, che si ha quando l’elettore adempie al dovere della partecipazione al voto, ma depone nell’urna una scheda bianca o annullata non contribuendo così direttamente all’esito delle elezioni. Dal punto di vista statistico il tasso di astensionismo è maggiore negli Stati Uniti, minore nei Paesi europei, in Italia fino a non molto tempo fa era, come abbiamo visto,  pressoché inesistente.

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L’astensionismo, sia contingente sia strutturale, può essere passivo, ci si astiene per disinteresse verso la vita politica, o attivo, si esprime il proprio impegno attraverso forme di partecipazione diverse se non opposte o addirittura ostili rispetto a quelle tradizionali della politica. L’astensione attiva esprime distacco dalla vita politica ma non da quella pubblica. Politico e pubblico si somigliano ma non sono la stessa cosa. Si può impegnarsi politicamente, iscrivendosi, avvicinandosi a un partito e sostenerlo con il voto, o pubblicamente, portando, aggiungendo un contributo più largo che non si esaurisce nel recarsi più o meno ad ogni turno elettorale.

Gianfranco Pasquino

Gianfranco Pasquino

Ci affidiamo al politologo Gianfranco Pasquino per scoprire quali sono allora le cause sistemiche dell’astensionismo: a) la tendenza dell’elettore a partecipare alle elezioni politiche ritenute di maggiore importanza più che a quelle amministrative; b) la non competitività delle elezioni che avvengono tra partiti e/o coalizioni con programmi sostanzialmente similari per cui la vittoria degli uni o degli altri ha conseguenze di scarso rilievo nella vita dei cittadini; c) la crisi dei partiti che ormai ovunque, specie in Italia, hanno perduto la loro capacità di mobilitazione e di presa sull’elettorato.

Altro argomento fondamentale è la mancanza  di veri leader carismatici e la  sempre più difficile identificazione ideologica con un partito.

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Loredana Sciolla

La sociologa Loredana Sciolla, ha sottolineato come i giovani s’impegnino in una sfera allargata e in modalità inedite, trovando le ragioni della partecipazione più nell’etica che nella politica. “Fanno politica sulla base di valori di libertà, in difesa dei diritti umani, della salvaguardia della libertà, della trasparenza e dell’accessibilità della politica. La sfiducia nei confronti della politica, si esprime attraverso l’astensionismo, il rifiuto dei partiti e il calo di identificazione ideologica”.

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