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L’Occidente virile

di Corrado Ocone

La nostra gentilezza e cordialità di modi è anche la gentilezza e la cordialità del “borghese” che oppone la forza delle ragioni alla ragione della forza, il “civile conversare” e cercare insieme la verità parziale delle faccende umane alla verità imposta per legge o con la forza dalle teologie politiche, che vuole contare le teste piuttosto che spaccarle

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Per Massimo Fini, a cui il gusto della polemica non è mai mancato, uno “scontro di civiltà” ancora più vasto e radicale di quello già in corso con l’Isis segnerebbe la fine sicura dell’uomo occidentale E ciò in barba a tutta la potenza economica, finanziaria, tecnologica che abbiamo col tempo accumulato e che distanziano enormemente l’Occidente moderno da ogni altra civiltà del passato e anche del presente.

E’ infatti accaduto, lo scrive in prima pagina su “Il Fatto”, che, man mano che accumulavamo tutta la nostra potenza, cambiava radicalmente anche la nostra antropologia.

 Corrado Ocone

Corrado Ocone

E da quella civiltà virile e aggressiva che eravamo, e che ci aveva a portati a conquistare mondi e a superare tante “colonne d’Ercole”, reali e figurate, poco a poco diventassimo quel magma di uomini deboli, fragili, effeminati che generalmente o per lo più siamo oggi. “L’uomo occidentale, l’uomo Hugo Boss, l’uomo d’oggi, profumato, deodorato, azzimato, sbarbato, levigato, depilato, è completamente svirilizzato”, scrive Fini.

 Massimo Fini

Massimo Fini

In verità, è una vecchia polemica questa riproposta da Fini: già Rousseau, suppergiù con gli stessi argomenti, adattati al suo tempo (allora non esisteva la fragranza maschile Hugo Boss), aveva vinto nel 1750 un concorso indetto dall’Accademia di Digione con uno scritto che negava che il progresso delle scienze e delle arti avesse comportato per l’uomo un eguale progresso morale. Anzi, per il ginevrino, il progresso aveva corrotto i costumi, facendoci perdere la genuina “purezza” e moralità delle origini: aveva incattivito e reso avido l’uomo. Da qui il suo proposito di un “ritorno” forzato per via a delle mitizzate “origini”. E da qui, in fondo, l’impianto totalitario e illiberale del suo pensiero.

Molta più ragione avevano i teorici della “civilizzazione”, ovvero dell’ “umano incivilimento”, coloro che vedevano nell’ingentilimento dei modi e anche in una certa dose di ipocrisia sociale una manifestazione di quello spirito di “simpatia” (vedi Adam Smith) che è alla base dei commerci di uomini e beni che contraddistinguono la moderna civiltà liberale e capitalistica.

Enrico Prampolini, Dinamica dell’azione

Enrico Prampolini, Dinamica dell’azione

La polemica di Fini, da questo punto di vista, non coglie nel segno. La nostra gentilezza e cordialità di modi è anche la gentilezza e la cordialità del “borghese” che oppone la forza delle ragioni alla ragione della forza, il “civile conversare” e cercare insieme la verità parziale delle faccende umane alla verità imposta per legge o con la forza dalle teologie politiche, che vuole contare le teste piuttosto che spaccarle.

Coglie invece nel segno Fini se con la sua polemica vuole denunciare la deriva relativistica e multiculturalista delle nostre società occidentali, il nostro voler capire le ragioni del nemico senza chiedergli contropartite o un eguale comprensione delle nostre e “superiori”. Se non saremo in grado di difendere anche con le armi la nostra gentilezza acquisita, saremmo destinati a perdere senza dubbio.

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Siamo perciò fieri pure dell’uomo Hugo Boss che siamo, ovviamente nella misura in cui desideriamo esserlo. Ma non esitiamo a far venire fuori il bestione che è in noi, come direbbe questa volta Giambattista Vico, se qualcuno vuole mettere semplicemente in dubbio la nostra libertà di essere e fare quel che vogliamo.

Non è virile chi mostra il “petto villoso”, per stare esempio che fa Fini, ma chi, consapevole della fragilità del terreno su cui poggiano le nostre libertà, è disposto a difenderle fino all’ultimo sangue e con tutto sé stesso nel momento in cui qualcuno le mette in discussione. Fosse il totalitarismo di ieri o l’Isis di oggi.

 

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