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La scugnizzeria s’è fatta la pistola

di Enzo Ciaccio

Oggi i bambini di Napoli sono ridotti a una guagliunera criminale indistinta e amorfa, svuotata della perduta scugnizzeria e in balìa di globalizzazione e consumismo”. I baby boss, al contrario degli scugnizzi, per l’educatore “crescono senza valori, convinti che il loro destino ineluttabile sia il crimine e una vita breve

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Aniello e Totore, Piripisso e Piripessa. Cicerchia e Core ‘ngrato, Chiappariello e Mani ‘e velluto. Ogni nome, una storia. Bambini “cattivi”. L’ora d’aria. Vent’anni. Le croci al camposanto.

Per Gianluca Guida, che ne è direttore, “il problema non è il dentro”: “Il problema”, dice, “è il fuori. Che a Napoli non c’è. E, se c’è, si chiama camorra”.

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Enzo Ciaccio

Carcere ingombrante Smentite, giuramenti, precisazioni più (o meno?) rassicuranti. Per Gennaro Migliore, napoletano, sottosegretario alla Giustizia, “non c’è alcun pericolo: il carcere minorile resterà lì dov’è, cioè a Nisida”. Anche se – ammette a denti stretti – “è vero che il progetto di bonifica a Bagnoli coinvolge una parte dell’isolotto su cui dagli Anni 30 è ospitato l’istituto”.

È a 100 metri da riva, cui è unita da un pontile. Terra verde, sterpaglie, la forma a ferro di cavallo, inaccessibile e austera: “Vietato guardare”, avevano scritto i militari dell’Aeronautica su un cartello situato all’ingresso.
E invece adesso c’è il timore che in troppi “ci abbiano messo gli occhi” sopra.
I palazzinari, per esempio. Che a Bagnoli, dicono, si agitano assai. Già, ma in che senso il progetto Renzi sulla tormentata area ex Italsider “coinvolge” lo scoglio che fu caro a Lucullo e a Cicerone, alle Sirene che ammaliarono Ulisse e perfino a Bruto e Cassio che lì (si racconta) ordirono la congiura contro Cesare?

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Nisida

Le mani su Nisida Nel senso che Nisida nelle slide di Renzi risulta per la prima volta “inserita nell’area da rilanciare”. In che modo ciò dovrà avvenire? Grazie a un “piccolo” (piccolo quanto?) grand hotel (ma, secondo altri, gli hotel sarebbero due: uno grande e uno più piccolo), e a un molo turistico che fungerà da attracco per i panfili di lorsignori.
Però, tranquilli. E nessuno presti ascolto a chi teme che – fra grandi alberghi (ma piccoli), ondate turistiche e andirivieni di mega-yacht – potrebbe risultare fuori luogo (appunto) la presenza lì a due passi di un carcere per ragazzi, cioè per individui che sono – nell’accezione comune – “canaglie matricolate dedite al furto, agli omicidi, a nefandezze di ogni risma”.
Dunque, c’è o no l’assalto a Nisida? E quanto bisogna preoccuparsi per i “bambini cattivi” che rischiano lo sfratto?

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Detenuti e calciatori, festa grande al carcere minorile

La colpevole indifferenza Le camerette con i finestroni sul mare, l’odore del vento, il biliardino mezzo scassato, l’ora d’aria, la conta serale. E poi il teatro, il forno per la ceramica, le visite dei familiari, la nostalgia di mammà. Un numero per tutti: il 46 per cento dei detenuti italiani proviene dalle 19 carceri minorili operative in Italia.

Il problema” , ripete il direttore Guida, “non è il dentro: il problema è che ci vorrebbe un fuori”. “Berretto rosso” ha consumato il primo furto a sette anni. Il nonno, quando lo ha saputo, si è commosso fino alle lacrime.

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Per molti il dato più inquietante non appare tanto l’inserimento dell’isoletta nel progetto di rilancio di Bagnoli, ma piuttosto la “gravissima distrazione” con cui i napoletani hanno recepito l’ipotesi che l’antico istituto di rieducazione sia trasferito chissà dove proprio mentre tocca livelli di gravità inauditi il dramma dei ragazzi di Napoli in balìa della criminalità organizzata.
Perciò a molti non bastano le rassicurazioni del sottosegretario Migliore.
E non è un caso se 100 educatori, riuniti al Centro don Guanella a Napoli, hanno stilato un documento in cui chiedono al futuro sindaco “di porre al primo posto fra le emergenze i continui raid delle paranze armate, le cosiddette stese dimostrative (si spara in aria tra la folla) e il tragico protagonismo di morte”.
Gioventù bruciata  Spiega il direttore Guida: “Prima rieducavamo perlopiù giovani eroinomani, che in galera finivano per “coprire” le colpe degli adulti. Ora, si tratta di soggetti poli-assuntori, che ingurgitano cocaina, crack e mille altre sostanze. Non si sentono più oggetti, ma protagonisti che aderiscono al crimine e lo ritengono scelta ineluttabile”.

1450386Qualcuno prova a riflettere su un racconto dello scrittore Luigi Incoronato (morto suicida a Napoli nel 1967) in cui si descrive un strana forma di “cannibalismo” invisibile, che “divora dal di dentro i corpi dei ragazzi napoletani e li fa diventare uomini  in apparenza normali, ma in realtà totalmente svuotati all’interno”: è la generazione dei “mangiati-dentro”, scriveva profetico Incoronato.
Mangiati dentro Ecco: a Nisida e fuori, come e perché sono diventati così “mangiati dentro” i ragazzi di Napoli? E come erano prima che la malattia “camorra” li divorasse in massa? Che cosa davvero può significare per il popolo dei “bambini cattivi” la scomparsa (o il trasferimento) di un luogo-simbolo come l’istituto di rieducazione che dai primi anni del 1900 opera a Nisida tra mille tagli di spesa, incomprensioni e difficoltà?

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Luciano Sommella, 73 anni, è stato uno dei direttori del carcere minorile negli Anni ottanta e novanta.

Anzi, per tutti è stato (ed è) ‘o direttore per eccellenza, colui che per carisma affascinava i giovani detenuti e che – a furia di scrivere lettere e bigliettini – fece sì che il drammaturgo Eduardo de Filippo (appena eletto senatore) si innamorasse del “carcere dei bambini cattivi” fino al punto da fare dell’emancipazione dei minori la principale battaglia civile degli ultimi anni di vita.

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Maradona, Iacono e Sommella al Filangieri

Ed è in un libro, intitolato Mmèscafrancesca (cioè “un po’ di tutto”), che ‘o direttore prova a dire la sua sulla “morte”, secondo lui «voluta e programmata» degli scugnizzi napoletani, “una nobile razza ormai estinta”: gli scugnizzi – sostiene Sommella – «sono capaci di ridere e fare capriole, di affrontare la vita da soli e a muso duro”. Di più: “Sono fantasiosi e autonomi, dunque capaci di difendersi dalle cattiverie e dalle lusinghe degli adulti”.
Guagliunera criminale Oggi, invece? “Oggi i bambini di Napoli sono ridotti a una guagliunera criminale indistinta e amorfa, svuotata della perduta scugnizzeria e in balìa di globalizzazione e consumismo”.

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Gli scugnizzi e le quattro giornate di Napoli

I baby boss, al contrario degli scugnizzi, per l’educatore “crescono senza valori, convinti che il loro destino ineluttabile sia il crimine e una vita breve”.
Prima della “bastarda mutazione genetica”, i ragazzi devianti di Napoli erano “sicchi (magri), affamati, sporchi e ribelli ma giocavano allo strummolo in strada, brillavano di estro, sfottò, irriverenze”.
Oggi, invece  tutto diverso.  Appaiono, al contrario, “palestrati, allettati, taroccati, abbuffati. E puzzano di gel, di macelleria, di anfetamine, di polvere da sparo”.

l43-camorra-baby-gang-121012171904_mediumVoce fuori dal coro Scrive Sommella, tra filastrocche inedite, cantilene e versi in rigorosa lingua napoletana: “So’ cos’‘i pazz’, so’ cos’‘i pazz’,/ è scumparsa a ccà ‘na razza,/ cuòncio cuòncio, ‘mpizzo ‘mpizzo,/ hanno acciso lo scugnizzo”. Voce unica, la sua. E fuori del coro.
Messa spesso a tacere perché per la Napoli benpensante è più consolatorio imporre la sordina a chi ha sbagliato (Sommella è stato negli Anni 90 sotto accusa per una storia di tangenti) piuttosto che fare i conti con la “spietata verità” che ‘o direttore analizza, fa a pezzi e denuncia.

3375521880_9e34e37051A inquietare è soprattutto il suo “scoutismo di estensione”, cioè la proposta educativa secondo cui la rieducazione dei minori si basa sull’auto-responsabilità e sull’auto-stima. “Tra le prime cose che i ragazzi imparavano nella mia Nisida”, scrive Sommella, “c’era l’arte di fare e disfare i nodi marinari”.
E aggiunge: “Farfalla alpina. Gancio di ancoraggio. Tira e sciogli. In barca è come nella vita. E poi l’amore per il mare: a metà aprile già sollecitavo tutti al primo bagno. C’erano i ragazzi fifoni, quelli di scoglio, quelli di slargo. I più ansiosi di lanciarsi e di nuotare in mare aperto erano destinati a diventare per forza border line”.

 (Enzo Ciaccio, Lettera43)

 

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