di Gerardo Verolino
Tutto nasce da quella sera. Alle 19,30 del 30 Aprile 1993 vicino piazza Navona, quando Craxi esce dall’hotel Raphael e affronta la folla di giovani che gli lanciano di tutto, monetine, accendini, sputi. Il giorno prima, la Camera, aveva respinto la richiesta di autorizzazione a procedere nei suoi confronti e loro si sentivano in diritto di riversagli tutto il loro odio, mentre Craxi, che, essendo un uomo coraggioso, aveva preferito uscire dalla porta principale dell’albergo, e non, come consigliato dalla secondaria, per affrontarli, senza paura. “Lanciano rubli” è l’unica frase che gli si sentì dire mentre entrava in macchina.
La barbarie nasce da lì. Da quella sera che, nel silenzio corrivo di un’Italia mollacciona che si consegnava mani e piedi ai magistrati, tutti cominciarono a sputare sul proprio avversario politico perché era giusto così e così voleva la piazza, nel silenzio generale di giornalisti, sindacalisti, uomini di Stato, opinionisti, tutti piegatisi al volere corrente dei giustizialisti. Anzi soffiando sul fuoco della protesta.
Questo abominio ce lo trasciniamo, a fasi alterne, ma senza riuscire a debellarlo, da allora. E quando alla politica fa comodo vi fa ricorso in modo abbietto e sconsiderato per realizzare i propri scopi.
Come è accaduto in questi giorni fuori Montecitorio proprio mentre alla Camera si stava discutendo la nuova legge elettorale da approvare, il “Rosatellum”.
Fuori una folla variegata composta dai nuovi Savonarola del partito dei Cinquestelle insieme al movimento dei forconi guidati da un’altra figura assai pittoresca, quella del generale Antonio Pappalardo, strepitava al grido di “Onestà!” e “Dimissioni” per premere sul Parlamento affinché la nuova legge “liberticida” non venisse approvata. Ma se la piazza del ’93 è violenta, arrabbiata, cupa, tragica e riesce nell’ignominioso intento di far scappare Craxi dall’Italia e di cominciare la tetra stagione del giustizialismo, quella grillina, con annessi “forconi” è grottesca, patetica, improbabile.
A cominciare dai protagonisti in campo. Alessandro Di Battista, un fricchettone stravagante, che andrebbe bene come animatore delle serate ai Club Mediterranèe e invece, se vincessero i Cinquestelle, ce lo ritroveremmo, udite udite, ministro degli Esteri. O Luigi Di Maio, l’uomo noiosamente inappuntabile, che quando si esprime ripete frasi stereotipate, per lo più orecchiate o ripetute a memoria, di politica spicciola usando un frasario contato, declamando le parole con lo stesso tono monocorde di un lettore delle estrazioni del Lotto. Chi si scalda per le parole di Di Maio evidentemente ignora cosa sia la retorica dei grandi discorsi politici. E questo dà il segno della modestia del loro improvvisato uditorio .
Ebbene, la piazza, esagitata ma innocua, buona tanto per un comizio pentastellato che per la finale di X Factor, si dimena ripetendo la parolina magica “Onestà!”, guidata dalla claque del duo Di Maio-Dibba, pervasa dall’estasi collettiva degli invasati, come nella trance dei santoni indiani. Solo che a guidarla non ci sono due eminenti figure del sufismo o il Sai Baba dell’Hare Krishna, ma due miracolati dalla precarietà. Due ragazzi che si trovano li per caso e non sapendo che fare la buttano in caciara e dicono: facciamo “ammuina“. E a condire le comiche giornate dei rivoluzionari da salotto hanno provveduto due eventi che rispecchiano la ridicola “tragicità” del momento.
Il comizio sbagliato a cui a preso parte il Dibba che pensa di arringare una platea grillina e invece si trova a contatto con i “forconi” di Pappalardo ed è costretto ad una precipitosa fuga dalla piazza manco fosse Ridolini. E la vendetta, il giorno dopo, del padre dibattistiano che prova a scazzottare col Pappalardo perchè l’onore della famiglia va lavato col sangue. E’ il solito Circo Barnum dell’impresario Grillo.
I suoi ragazzi, quelli dell’Italia a Cinquestelle giocano a fare i rivoluzionari. E’ la rivolta ludica che, in fondo, non fa male a nessuno. E’ il passatempo dalla noia quotidiana. Cosa volete che gliene importi della storia delle correnti politiche che hanno attraversato l’Europa nell’ultimo secolo? E che analisi approfondita volete che gli interessi fare dell’ultimo mezzo secolo di storia d’Italia? A loro basta sapere, grossolanamente, il valore dell’onestà, Che diventa un refrain, una filastrocca, una cantilena da ripetere all’infinito non appena incrociano quattro amici lungo la strada da portare al comizio. Fuori al Raphael tiravano monetine. Qui, al massimo, lanciano i coriandoli.