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Schiavo di Gomorra

di Eduardo Palumbo

Cerchiamo di fare chiarezza, premettendo che non è facile. Allora lo scrittore Roberto Saviano e la giornalista Rosaria Capacchione erano davvero in pericolo. Un pericolo grosso. Quelle scorte asfissianti più che giustificate, quindi. A minacciarli era l’avvocato Michele Santonastaso.

Si un avvocato. Un killer delle aule di giustizia. E’ stato condannato a un anno di reclusione, con pena sospesa. Poi dovrà pagare spese processuali. Assolti i boss Francesco Bidognetti e Antonio Iovine, due pezzi grossi della cupola dei casalesi sono stati assolti con la formula “per non aver commesso il fatto”. Ai due era contestata anche l’aggravante della finalità mafiosa. Mah, sarà…

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Non vorrei essere irriverente, ma pongo solo alcuni interrogativi. Abbiamo scortato Saviano per nove anni, sette uomini armati fino ai denti, giorno e notte, auto blindata, auto civetta, senza un attimo di tregua, senza libertà, per difenderlo da un avvocato armato di codici e pandette? I giudici così hanno stabilito e questo, quindi, è.

Era necessario, che venisse predisposto questo dispositivo di sicurezza? Chissà, probabilmente si. Anzi, sicuramente si se il Ministero degli Interni ha continuato nel tempo a perpetrare queste misure di massima sicurezza. Considerazione da uomo della strada: ma i Casalesi sono così fessi che si mettono a dichiarare in un’aula di tribunale che vogliono uccidere qualcuno? Ma questo non c’entra. Che ne capisce l’uomo della strada di camorra e strategie criminali?

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Roberto Saviano è sotto scorta da nove anni, dai tempi di Gomorra. Ma lo è, soprattutto, dal 2008, da quando durante l’udienza del 13 marzo del processo d’appello Spartacus, l’avvocato Michele Santonastaso – finito in carcere con l’accusa di collusioni con la camorra – lesse un documento firmato dai Casalesi che faceva riferimento alla possibilità di appellarsi alla parte della cosiddetta legge Cirami riguardante la “legittima suspicione”. Il documento conteneva alcune frasi riferite a Saviano (e alla  Capacchione): si dichiarava che l’autore del libro Gomorra, con la sua opera aveva “tentato di condizionare l’attività dei giudici” e che le inchieste giornalistiche di Rosaria Capacchione avevano favorito la Procura di Napoli. “Il nostro -c’era scritto tra l’altro nella lettera- è solo un invito rivolto al signor Saviano e ad altri come lui a fare bene il proprio lavoro e a non essere la penna di chi è mosso da fini ben diversi da quello di eliminare la criminalità organizzata”.

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Saviano ha continuato ad essere guardato a vista anche dopo che i suoi principali nemici sono finiti tutti in cella. Michele Zagaria è stato arrestato il 7 dicembre del 2011, Francesco Schiavone, detto Sandokan,  è in galera dal 1998, Antonio Iovine è stato catturato il17 novembre 2010.  Nel gennaio del 2009 è caduto nella rete dei carabinieri anche Giuseppe Setola, il boss emergente. Presi i superboss era davvero necessario scortarlo ancora? Anche dopo che lo stesso Saviano confessò in una puntata de il testimone alla ex iena Pif  “che ormai l’era del grande rischio era passata..” Ed allora? Saviano, pare, che non riesca a fare a meno dello scorta. “Sulman Rushdie, dopo aver scritto I Versetti Satanici si è beccato la fatwa del mondo islamico e la scorta. Ma dopo anni lui ha deciso di fare a meno del servizio sicurezza ed è tornato alla sua vita normale. Nessuno l’ha toccato. Io potrei farlo, ma non me la sento” disse lo scrittore sempre in quella trasmissione.

Nell’ottobre del 2011 ci furono feroci polemiche perché la polizia metropolitana di Londra negò la scorta allo scrittore che doveva ritirare un premio nella capitale britannica. Saviano si rifiutò di attraversare la Manica, perché lui “senza scorta non va da nessuna parte”. Insomma mai senza scorta. E questa è una faccia del problema.

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Eppure in molte occasioni Saviano ha detto il contrario. Che la scorta si è presa un pezzo della sua vita. E questo è comprensibile. “La mia vita è cambiata e vivo sotto scorta con sette ufficiali dei carabinieri, due auto blindate, e un’auto civetta. Tutto deve essere concordato, tutto deve essere deciso prima: non posso fare una passeggiata, prendere un treno, andare in un ristorante se non scelto prima e concordato. Difficile anche vedere la mia famiglia, mia madre”.

“Mi sento come un reduce che racconta una battaglia con la percezione che gli astanti non possono percepire fino in fondo ciò che sento e provo. Non ce la faccio più ed ho chiesto ad un ufficiale dei carabinieri di togliermi la scorta…” così disse Saviano nella sua testimonianza in aula durante il processo.

Ora che succederà? Saviano continuerà ad avere la sua scorta, ventiquattro ore su ventiquattro? Chissà, si vedrà.

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2 pensieri su “Schiavo di Gomorra

  1. Roberto Paolo

    Credo ci sia una imprecisione. Francesco Sandokan Schiavone è stato catturato il 9 o il 10 luglio del 1998 e da allora è al 41bis (regime di carcere duro). L’autore dell’intervento forse si riferiva alla cattura di Setola. Aggiungerei poi, per completare le argomentazioni dell’autore, che sia Setola sia Iovine si sono pentiti, e mai hanno affermato di una volontà del clan di attentare alla sicurezza di Saviano. E inoltre che il capo della Direzione nazionale antimafia, Franco Roberti, ha recentemente ribadito che il clan dei Casalesi è stato disarticolato e sconfitto, almeno nella sua struttura originaria, quella per intenderci che avrebbe minacciato Saviano.

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    1. RedazioneRedazione Autore articolo

      Lei ha ragione. C’è stato un errore, sbagliata la data di cattura di Schiavone. La ringraziamo per la segnalazione. Ed interessanti sono anche le considerazioni sul pentitismo dei Casalesi e sulle considerazioni di Franco Roberti.

      Replica

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