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I Matteolecchini

Una volta ghostwriter, spin doctor, portavoce, consulenti di comunicazione e di immagine. Incarichi di prestigio ed anche molto remunerativi. Prendete il caso di Filippo Sensi (su Twitter conosciuto col nickname Nomfup),il capo dell’ufficio stampa e curatore dei social network di Matteo Renzi che ha un contratto di poco meno di 170mila euro lordi: oltre 91mila euro di “trattamento economico fondamentale”, quasi 60mila euro di “retribuzione di posizione variabile” e oltre 18mila euro di “indennità di collaborazione”. Insomma a conti fatti più dello stipendio dello stesso Renzi. Ma ora nella galassia dei giornalisti che lavorano e collaborano con i politici, è esplosa una nuova figura professionale, i “lecchini”. Oddio, mica sono nati ora, solo che mai come in questi tempi il loro ruolo è così evidente ed acclarato. Sono i difensori d’ufficio, giornalisti sguinzagliati nelle maggiori testate, quelli che hanno più o meno una poltrona fissa nei talk show politici E ora che c’è aria di walzer delle poltrone (Rai, Corriere della Sera, La Sampa, Il Sole 24 ore) i lecchini che si arruolano alla fede del renzismo crescono a dismisura. Ormai ci sono posti in piedi.

Perché riproporre vecchi articoli, reportage, interviste? Volando alto con Giorgio Manganelli, scrittore, giornalista potremmo dire che “una civiltà letteraria non è fatta di letture, è fatta di riletture”. Più semplicemente il ripresentare alcuni articoli rappresenta una grande opportunità. Un modo per scoprire giornalisti o protagonisti di un’altra generazione, di conoscere o ricordare fatti, dimenticati. Per riproporre interviste e reportage dei giorni nostri.

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Matteo Renzi ha fatto dei giornalisti il suo braccio armato. Sono più importanti dei politici, bravi soprattutto nel manganellare i suoi nemici. Se ai tempi di Berlusconi c’è stato l’editto bulgaro, oggi è peggio. Il primo cercava dei trombettieri, questo invece dei “mazzieri”, che distribuiscono le carte del gioco politico”.

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Pietrangelo Buttafuoco

 

Pietrangelo Buttafuoco, giornalista e scrittore (il suo ultimo libro è Il feroce saracino ), fa un quadro «imbarazzante» del cerchio di professionisti che su giornali, tv, riviste e social network vede «asservito» al potere del premier.

Il giornalismo italiano è così irretito da Renzi da aver perso ogni coraggio e ogni senso critico? In troppi non vedono l’ora di assecondare la sua sete di potere, fanno a gara. Così, il premier e il suo Giglio Magico, dalla Boschi a Lotti, non rispondono mai a domande libere, cercano solo trasmissioni e testate in cui gli intervistatori non li metteranno mai in difficoltà su questioni scomode. Ed evitano tutte le altre.

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È un’accusa grave per l’intera categoria, su quali fatti si basa? Sono fatti sotto gli occhi di tutti e sto lavorando per metterli in fila. Non si erano mai visti tanti talk show schierati in difesa del governo, tanti giornalisti pronti ad aggredire chiunque non si pieghi ai diktat renziani, tante copertine di riviste importanti fare delle marchette sfacciate al potere. È un fatto inaudito, mi fa vergognare. Ricordate che è successo dopo il coraggioso editoriale di Ferruccio de Bortoli che evocava l’odore stantio di massoneria che accompagnava con il Patto del Nazareno tutta la stagione renziana? E ora, per il suo successore alla direzione del CorSera circolano solo nomi imbarazzanti, esclusivamente del giro del premier. Vogliamo parlare della censura a Gigi Marzullo quando ospita nella sua trasmissione Luigi Bisignani? Mi risulta che anche Nicola Porro abbia avuto difficoltà per questo, nel suo programma. Perfino nei social vedo la povera Chiara Geloni, portavoce di Pierluigi Bersani, continuamente aggredita da un drappello di giornalisti che difendono Renzi.

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Pietrangelo Buttafuoco

Sono tutti appiattiti nel sostenere il governo, per convinzione o per interesse? Non si erano mai visti tanti giornalisti cominciare la giornata a Palazzo Chigi, per pianificare il lavoro, vedere chi bastonare e come. Ora si apre una stagione con due importanti appuntamenti: oltre al nuovo direttore del CorSera ci sono le nomine in Rai. Vedrete che combinerà Renzi. Altro che Struttura Delta di cui si parlava ai tempi di Berlusconi, adesso vanno tutti in automatico.

Facci qualche altro esempio che sostenga la tua tesi. Eccolo. Sono ospite ogni mattina della trasmissione di Minoli Mix24 . La sua specialità è fare domande, domande vere. E sapete? Nessuno del Giglio Magico renziano accetta di farsi intervistare. D’altronde, anche prima di diventare premier Renzi era noto per chiedere di essere solo lui a parlare nelle trasmissioni e per avere la pretesa di scegliersi gli intervistatori.

FI IN FIBRILLAZIONE, BERLUSCONI PRENDE TEMPO SU LISTE

Berlusconi e Renzi

Facevi un confronto con la stagione di Berlusconi. Si dice che lui era un grande comunicatore e che Renzi in questo sia il suo pupillo. Ma in realtà il Cavaliere aveva un rapporto sgangherato con la comunicazione. C’erano giornalisti fan come Emilio Fede, però relegati in un circuito pittoresco, presi in giro da tutti. Il gioco, allora, era chiaro. Però, ai tempi dell’editto bulgaro Il Foglio fece un editoriale durissimo contro di Berlusconi. Ferrara a quei tempi girava con la scorta, per il clima che si era creato. Al potere c’era un contrappeso. Io stesso ho scritto dei pezzi violentissimi contro il berlusconismo su Il Foglio, ma non ho avuto mai censure. Renzi, invece, usa personaggi di autorevoli testate per farsi osannare.

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Severgnini e Riotta con Vianelli, Serra, Gramellini

Chi, per esempio? Uno come Beppe Severgnini si esprime su Renzi né più e né meno di come Fede faceva con Berlusconi, ma nessuno osa deriderlo, anche per l’autorevolezza della testata, Il CorSera , dove scrive. Per fare un omaggio a Renzi uno come Gianni Riotta ha usato un tweet in cui celebrava il compleanno di tutt’e due nello stesso giorno, come un grande onore. È davvero imbarazzante. Per questo oggi scrivo su Il Fatto, baldanzosamente antirenziano e totalmente libero.

Sul «Giornale» le critiche a Renzi non mancano. Non vale? Certo, ma è schierato. Qui parliamo di giornali e giornalisti che all’opinione pubblica appaiono fuori dai partiti e non lo sono. Quanto al Giornale, mi risulta che Alfano da tempo abbia chiesto la testa del direttore Sallusti. Non c’è riuscito, ma in questo contesto altrove il gioco potrebbe funzionare.

In che senso? Se l’Alfano di turno chiedesse all’Elkann di turno o al patto di sindacato di far fuori qualcuno che dà fastidio, in questo clima glielo toglierebbero subito dalle scatole.

(Anna Maria Greco, il Giornale)

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