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Il golfo d’O’Lione

 di Mino Rossi

Fair play finanziario. Una barzelletta, ormai si è capito. Da quando gli sceicchi hanno scoperto che insieme ai cavalli c’è anche il pallone e che, soprattutto, col calcio possono anche guadagnarci, non si capisce più niente. I trasferimenti dei calciatori sono stellari, gli ingaggi stratosferici. Raheem Sterling, centrocampista inglese, classe ’94, è il top price dell’anno, 63 milioni di euro per passare dal Liverpool al Manchester City. Più o meno la stessa cifra spesa dal Psg per accaparrarsi Angel Di Maria, centrocampista offensivo argentino, classe ’88. Giocatori noti e meno noti: il Liverpool per avere Benteke, attaccante belga di origine congolese, classe ’90, ha speso 47 milioni di euro. Veri campioni, chissà? Di certo neanche paragonabili a “au leau do Botafogo”, Luis Vinicio, i 50 milioni (di lire) meglio spesi nella storia del Napoli. Ancora oggi a 83 anni un idolo dei tifosi azzurri per le imprese da calciatore e poi da allenatore. Ed il golfo di Napoli, divenne il golfo del leone. Anzi d’O’ Lione.

Vinici

Luis Vinicio, O’Lione

Avrebbe potuto fare il pistolero in un film di Sergio Leone. Ne ha la camminata, il fisico, le gambe solide e arcuate, la parlata dura di brasiliano di Belo Horizonte dove è nato, nello stato del Minais Gerais tutto monti e altipiani. Ha fatto invece il calciatore con l’irruenza e la potenza dei centravanti antichi.

Ora che ha messo gli occhiali da vista e raggiunto gli 83anni potrebbe essere un magnifico sceriffo. Ne avrebbe la figura autoritaria e dura. Si dondola sulle gambe che ha sempre più arcuate con due protesi di ceramica al posto delle anche per sostenerle. Le botte prese (ma anche date) da calciatore hanno traumatizzato le articolazioni.
Cominciando a fare il calciatore nel Botafogo, una delle quattro squadre di Rio de Janeiro, prese casa nella metropoli brasiliana con vista sulla spiaggia di Copacabana. Ce l’ha ancora, ma da napoletano di adozione il suo domicilio è a Napoli, in via Manzoni. A Rio va quando da noi è inverno e là è estate piena col carnevale e la sfilata delle scuole di samba.
E’ a Napoli che Vinicio è Vinicio, uno dei più popolari e amati calciatori che hanno militato nella squadra azzurra.

Vinicio1Racconta: “E’ vero, una volta mi hanno riconosciuto anche in Brasile. Ero in un bar di Rio e mi son sentito chiamare. Vinicio, Vinicio esclamò uno degli avventori. Ma non era un brasiliano. Era un napoletano. In Brasile non mi conosce nessuno. Eppure ho giocato nel Botafogo con Garrincha e Dino Da Costa, modestamente uno dei più formidabili terzetti d’attacco brasiliani. Ma erano gli inizi degli anni Cinquanta. Giocai tre campionati e, poi, è stata subito Napoli”.
Perciò Luis Vinicio de Menezes, di agiata famiglia borghese brasiliana, che avrebbe dovuto fare l’architetto, ma fu rapito dal pallone, da sessant’anni vive a Napoli dove ha fatto il calciatore per cinque stagioni, dal 1955 al 1960, lasciando il segno di 69 gol che sono state altrettante “cannonate” nelle porte avversarie, provvisto di un tiro micidiale, e poi l’allenatore per sei anni portando nella squadra napoletana il gioco totale all’olandese e sfiorando lo scudetto con pochi assi, Juliano e Clerici, e molti fedelissimi giocatori.

vinicioApparve la prima volta al Vomero, lo stadio di sogni, chimere e invasioni di campo della collina. Anno 1955, 18 settembre, Napoli- Torino. Fischio d’inizio e palla al centro. Vinicio tocca ad Amadei, il “fornaretto” passa indietro a Castelli, il mediano lancia in avanti, Vinicio parte a razzo ed è sulla palla, travolge Grosso e Bearzot e, dal limite dell’area, fionda un missile sotto la traversa del portiere Rigamonti. Gol in soli 40 secondi dall’inizio della partita. La sua prima prodezza che conquistò immediatamente il cuore dei tifosi napoletani. Lauro, presidente e padrone del Napoli, lo aveva preso dal Botafogo per 50 milioni, la metà che aveva speso per Jeppson.

Vinicio-Lauro

Lauro e Vinicio

Vinicio doveva andare alla Lazio, opzionato dal presidente Mario Vaselli, costruttore. Lauro, che era anche sindaco, convinse Vaselli a darglielo per il Napoli affidando al costruttore romano il rifacimento di Piazza Municipio. L’acquisto di Vinicio contribuì al successo elettorale del Comandante che raccolse 300mila preferenze alle elezioni amministrative del 1956, nella stagione (’55-’56) in cui arrivò Vinicio.
Poiché c’erano tre stranieri nel Napoli (Jeppson, Pesaola, Vinyei), e ne erano consentiti due, si tentò di trovare un parente italiano a Vinicio. Un parroco di Aversa scovò nella cittadina casertana una famiglia che aveva il cognome della madre di Vinicio, Amarante, e sostenne che una donna con quel nome, emigrata in Brasile, era la nonna del giocatore. Una folla di presunti parenti venne a Napoli ad assediare il calciatore. “Dicevano di essere tutti miei cugini” ricorda Vinicio. Ma, senza i documenti necessari, la parola del parroco valse zero. Lauro cedette Vinyei.

luis-vinicio_jpg1L’accoppiata Vinicio-Jeppson fu battezzata “V2”, il nome del razzo tedesco progenitore di tutti i missili. Anche Jeppson era un centravanti di potenza e un atleta bravissimo anche nel tennis e nel salto in alto. Luis Vinicio aveva 23 anni ed era una vera forza della natura. Poco brasiliano, cioè senza fronzoli, magie e colpi di tacco, ma centravanti all’europea. Si conquistò l’appellativo di “leone”. Già in Brasile era stato definito “au leau do Botafogo”.

showimg2cccccccccccccccLa “V2” non funzionò per la rivalità e le gelosie fra Jeppson e Vinicio e per i troppi “veleni” nella squadra sotto la guida di Amadei. Il tandem esplose una sola volta, contro la Pro Patria (8-1), tre reti di Vinicio, due di Jeppson. Il doppio centravanti fu l’illusione di mezzo campionato.
Vinicio, al primo anno, mise a segno 16 reti. In allenamento piegava le mani a Bugatti. Finita la rivalità con Jeppson, per la cessione dello svedese al Torino, Vinicio, servito a dovere dalle ali Vitali e Brugola, col sostegno di Pesaola diventato mezz’ala, segnò 18 gol nel secondo anno.
Divenne l’indiscusso idolo del Vomero. Realizzò tre “doppiette” e firmò con quattro reti l’intera vittoria sul Palermo (4-1). Il “leone” brasiliano trascinò il Napoli alla straordinaria impresa di battere il Milan sul suo campo (5-3), due gol a segno. L’anno prima, al Vomero, aveva già castigato la squadra milanese con un’altra “doppietta” nella porta di Buffon nonostante giocasse col ginocchio destro fasciato (stiramento dei legamenti) dopo uno scontro con Ganzer, infortunio che lo tenne fermo per un mese. Un confronto che lo esaltò fu quello con la Roma in cui giocava Dino Da Costa, suo amico e compagno al Botafogo.

Vinicio, Sivori, Haller

Vinicio, Sivori, Haller

Si trovarono per la prima volta di fronte, in Italia. Vinse il Napoli (3-1) con due gol di Vinicio sul campo della Roma. Da Costa si prese la rivincita al ritorno siglando il 2-1 della Roma al Vomero. “Quel che è fatto è reso” gli disse Da Costa abbracciandolo.
La stagione ’56-’57 si concluse con un evento memorabile, il matrimonio di Vinicio nella basilica di San Francesco in Piazza Plebiscito, gremita di tifosi, Lauro compare d’anello dello sposo.

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Luis e Flora

Lei era un vecchio amore di Vinicio, Flora Aida Piccaglia, con nonni emiliani di Zocca. S’erano conosciuti in Brasile. Vinicio scese in tight da una Cadillac, Flora aveva tredici metri di velo. Su un cartello issato in piazza c’era scritto: “Sposi a Napoli, felici per sempre”.
E venne il campionato-mitraglia ’57-’58. Arrivò Di Giacomo, ma fu Vinicio il trascinatore dell’attacco, il secondo migliore attacco del torneo, quarto posto in classifica per il Napoli, 21 reti di Luis.
Le due ultime stagioni azzurre di Vinicio (7 gol a campionato) furono contraddistinte dal declino della squadra. Fallì un nuovo tandem, quello tutto brasiliano di Vinicio e Del Vecchio.
Amadei insistette con Lauro perché cedesse Vinicio. “Non sta bene” diceva l’allenatore al Comandante. Corse la voce che il brasiliano fosse affetto da un numero insufficiente di globuli rossi. In realtà, era in atto la “guerra” di Amadei contro Vinicio e il suo amico Pesaola. I tifosi, subdorata l’ipotesi che il brasiliano venisse ceduto, issarono allo stadio un cartello che diceva: “Vendetevi l’anima, ma non Vinicio”. Ma ormai lo spogliatoio azzurro era un covo di malumori e di clan.

Vinicio_Luis_x59rIl disastro delle quattro giornate iniziali di Frossi e il ritorno di Amadei sulla panchina azzurra, continuando la “guerra” a Vinicio, segnarono il campionato ’59-’60. L’ultimo squillo del brasiliano fu il gol della vittoria (2- 1) contro la Juventus nella domenica in cui fu inaugurato il “San Paolo”, 6 dicembre 1959, 80mila spettatori, 70 milioni di incasso.

ViniciohhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhA fine stagione, Vinicio fu ceduto al Bologna in una scandalosa trattativa: il Napoli ebbe dal club felsineo Pivatelli e Mihalic e saldò il conto versando 122 milioni. Il Napoli precipitò in serie B. Vinicio giocò ancora otto anni, nel Bologna, nel Vicenza (realizzando 13 rigori di fila), di passaggio un anno all’Inter boicottato da Herrera, e concluse la carriera con un bottino di 155 reti, a un solo gol da Riva tra i cannonieri del campionato italiano.
Da “ex” giocò sette volte contro il Napoli e vinse una sola volta (col Vicenza 2-0 segnando un gol). Due volte Vinicio sostenne il confronto con Altafini, nuovo centravanti brasiliano del Napoli. Josè aveva 29 anni e Luis 35. Altafini vinse di misura il match. A Napoli 1-1 col Vicenza, segnarono entrambi. A Vicenza vittoria azzurra per 1-0 siglata da Altafini.
Vinicio, in cinque campionati col Napoli, ha giocato 152 partite e con i 69 gol segnati è al decimo posto tra i cannonieri del Napoli di sempre.

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Il Napoli ’74/75 di Vinicio

Rientrando in azzurro da allenatore, Vinicio è stato il magnifico condottiero del Napoli che sfiorò lo scudetto contro la Juventus (1975). Praticava una “mezza zona”, novità assoluta. Il suo profeta in campo era Sergio Clerici, che non s’arrendeva mai. La squadra correva come poche per gli allenamenti durissimi ai quali il “leone” la sottoponeva. Sacrifici in settimana, ma poi in partita i giocatori si divertivano. Bene allenati, potevano esprimere il gusto del gioco. Juliano ne era il capitano orgoglioso.

CORRADO FERLAINO CON LUIS VINICIO A CAPRI NEL 1970

Vinicio e Ferlaino

Tanti i paladini di quel Napoli, da La Palma a Orlandini, Ciccio Esposito, Bruscolotti, Zurlini, Vavassori, l’incredibile Braglia, il fromboliere di cioccolato Canè, Peppiniello Massa tric-trac, Rosario Rampanti. Mai s’era visto un Napoli così irriducibile e temuto. Il più bel Napoli della storia azzurra fra lo squadrone degli anni Trenta, il boom degli anni Sessanta con Sivori e Altafini e prima che arrivasse Maradona.
Di quel Napoli parliamo spesso con Luis nelle cene a casa sua, in via Manzoni, con Flora che ci delizia sempre con la “feijoada”, un piatto tipico brasiliano e portoghese. E’ uno stufato di fagioli neri, orecchie coda e piedi di maiale, pancetta, cotto a fuoco lento in tegami di argilla. Al bis, Luis riprende a raccontare la sua vita napoletana. Quando esce a passeggio riscuote ancora l’affetto dei tifosi, quelli di ieri e quelli di oggi perché è diventato per sempre il leone di Napoli, un tocco per scurire la “criniera” che si va ingrigendo e quelle gambe arcuate sostenute dalle protesi di ceramica.

 

 

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