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In ginocchio da te

di Eduardo Palumbo

Italia-Germania, era stata presentata come l’ennesima sfida. Ma il tempo è passato, il mitico 4-3 è un ricordo, e noi non abbiamo più Rivera…  “Viviamo in un momento di gradi sfide – ha detto Merkel – ma c’è uno spirito europeo che ci unisce”. Ma allora, come è andata a finire?

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Dopo le statue impacchettate, bastava dare un’occhiata al menù della colazione di lavoro per capire che la Germania non è proprio come l’Italia (per dirla con le parole di Rohani) “Un Paese dove si cerca di fare di tutto per mettere a proprio agio gli ospiti…

Tonno marinato, merluzzo e ravioli, gnocchi di semolino e ciliegie al rum, innaffiati da vino tedesco. La Cancelleria tedesca neanche ci ha pensato di mettere a tavola una bottiglia di Chianti per mettere a suo agio il premier fiorentino… Tutto questo non prometteva niente di buono, ed infatti…

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Il presidente del Consiglio italiano cercava, come ha scritto il New York Times , dal faccia a faccia con la Merkel, la promozione, il via libera “per sedere al tavolo del potere. Ha alimentato una serie di tensioni nella sua ricerca di un posto ai vertici dell’Unione“. Sul tavolo due i grandi nodi da sciogliere: immigrazione e Turchia e flessibilità. Dopo la strage di Parigi il presidente Erdogan con una sorta di colpo di mano, in cambio di tre miliardi aveva assunto l’impegno del controllo della frontiera con la Siria. E l’Europa aveva stabilito le quote per il pagamento di quei tre miliardi (la parte dell’Italia 300 milioni). Ma Renzi la vedeva diversamente. Quei soldi dovevano uscire dal bilancio dell’Unione e non dal portafoglio degli Stati membri. Una posizione che aveva scatenato l’inferno. Manfred Weber, capogruppo Ppe, non era stato di certo diplomatico. “Quello che sta facendo Matteo Renzi mette a repentaglio l’unità dell’Europa”.

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E sulla flessibilità di bilancio ostacolo ancor più insormontabile. La Cancelliera aveva una posizione inequivocabile. “L’Italia ne ha avuto abbastanza”. Per non parlare dell’integerrimo Schäuble, il falco, a cui la parola flessibilità fa venire l’orticaria.

Bene, ma allora in definitiva che cosa è successo? Se Renzi cercava una sponda, al di là della cordialità ostentata ed i complimenti di normale diplomazia sulle riforme avviate (jobs act), non ha trovato nulla. Frau Angela non ha arretrato di un passo pur con il sorriso sulle labbra. Flessibilità? “E’ compito della Commissione decidere”, la gelida risposta della Cancelliera. Quota Turchia? “La parte dell’Italia sono 280 milioni. Siamo d’accordo, i soldi vanno sbloccati. Il patto con Erdogan sta cominciando a dare i suoi frutti…” Migrazione? “Va combattuta l’illegalità”. Questa volta non c’è spazio per ambiguità. La Merkel ha dettato la linea.

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E Renzi? SI è riscoperto colomba. Altro che attacco all’Unione Europea che non funziona, altro che posto al tavolo delle decisioni che contano. Ha accettato il diktat dolce della Merke, facendo buon viso a cattivo giusto. “La flessibilità è una condizione necessaria dell’accordo che ha portato all’elezione di Juncker, io non ho cambiato idea sulla flessibilità, spero che non lo abbia fatto Juncker. Noi non stiamo chiedendo come Italia di cambiare delle regole, ma che le regole siano applicate senza equivoci. E per quanto riguarda i soldi alla Turchia siamo disponibili e volenterosi di fare la nostra parte, non abbiamo nessun problema. Stiamo però aspettando che le istituzioni europee ci diano alcune risposte su dei quesiti che abbiamo formulato per le vie brevi sulla contabilizzazione di questo contributo. Ma non c’è nessun dubbio sul fatto che l’Italia è pronta a fare le propria parte”.  Palla a centro. Proprio come Italia-Germania. Solo che da un po’ vincono sempre loro, i tedeschi…

 

 

 

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