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Veti, voti, vate

di Gianpaolo Santoro

 Uno, dieci, cento Pd. Il Nazareno come Nassiriya. Siamo in un talent o siamo nella vita reale? L’interrogativo si insegue dopo la rappresentazione del parlamentino democratico che ha oscillato tra il dramma e la farsa, senza mai prendere completamente le sembianze dell’una o dell’altra, che poi è l’esatta immagine di un partito confuso che vanta almeno una mezza dozzina di personaggi in cerca di un nuovo autore

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Si sono avvicendati il Pd virale del premier segretario che vorrebbe un esercito su Facebook pronto ad immolarsi sull’altare delle bufale, più le spari grosse meglio è, il partito del #Ciaone, degli slogan “non i caminetti ma le finestre aperte”, “non i veti ma i voti” e quello, appena più raffinato, di Ken Loach e de “il mio amico Eric”, il film su Cantonà parafrasi del renzismo “Per come intendo la politica io, l’importante non è il gol ma il passaggio. Anche il referendum di ottobre è un passaggio, perché l’Italia torni a crescere. Ma anche questo partito non ha bisogno di uno che pensi sempre a fare gol, la cosa più importante è il passaggio…”

Il passaggio? Ma se la partita va come non piace a lui Matteo si prende il pallone e se ne va. Quando mai si era assistito alla “deportazione” in massa dalla Commissione Affari Costituzionali della Camera di tutti gli esponenti della minoranza interna al Pd non favorevoli all’Italicum, e stiamo parlando di gente come Pier Luigi Bersani, Gianni Cuperlo, Rosy Bindi, Andrea Giorgis, Enzo Lattuca, Alfredo D’Attorre, Barbara Pollastrini, Marilena Fabbri, Roberta Agostini e Marco Melon, alcuni dei quali poi sono anche andati via dal partito.

Al premier boy scout, piace l’ultimo passaggio? Ma se lo sbaglia, fischia il rigore. In due anni ha posto la fiducia chiesta alle Camere 50 volte e più, in media una ogni due settimane. Nessuno nella Seconda Repubblica  era ricorso tante volte al voto blindato che, pena la caduta dell’esecutivo, tronca il dibattito parlamentare, fa decadere gli emendamenti e impone di approvare un provvedimento così com’è, prendere o lasciare. Altro che passaggio…

iancarlo Pajetta, Giorgio Napolitano, Pietro Ingrao e Nilde Iotti nella camera ardente allestita a via delle Botteghe Oscure

Pajetta, Napolitano, ingrao e Jotti a Botteghe Oscure

Poi c’è un Pdi, quello di Cuperlo, che a Cantonà contrappone l‘immagine di Giancarlo Pajetta che insieme a Nilde Jotti accoglie Giorgio Almirante a Botteghe Oscure in visita alla camera ardente di Enrico Berlinguer, si proprio l’ex grande comandante partigiano “Nullo” faccia a faccia  con l’uomo che fu accusato (ma era una falsità, ci furono querele e processi) d’essere stato una pedina della Repubblica sociale.

Una visita che durò solò un quarto d’ora, ma fu un quarto d’ora che in qualche modo cambiò la storia del Paese. L’anima, il pensiero, la morale di un partito che non esiste più. Si, sono passati 30 anni, sono bastati a spazzare via tutto, memoria compresa.

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Renzi e Franceschini

Poi c’è il Pd di “quella strana forma di vita chiamata Franceschini” come ha scritto Paolo Isotta, il ministro della Cultura (già democristiano, popolare, Patto per l’Italia, Cristiano Sociali, Ulivo, Margherita, Partito democratico),  è la bussola del Pd. “Per sapere dove sta la maggioranza del Pd bisogna vedere dove sta Franceschini, perché lui si siede in maggioranza sempre un minuto prima degli altri”.  E l’affermazione è di Renzi mica uno qualsiasi.

Bene Franceschini ( filo diretto con Mattarella) ha dato l’ultimatum al segretario e al Premier, naturalmente a modo suo, in democristiano puro, lingua che Matteo capisce bene. E per farlo ci ha spiegato che il confine dei partiti ormai è labile, che il mondo si divide in sistemici e populisti, bisogna aggregare e non isolarsi, non liste ma coalizioni, insomma che “l’Italicum va cambiato perché così non va bene…” Un avvertimento? Molto di più. Si vuole evitare l’isolamento mortale. Un mano tesa anche ad Alfano che la sua l’ha detta chiaramente. “Renzi ci deve dare una prospettiva, altrimenti Area Popolare muore. E non possiamo neanche svolgere il compito di alleati..

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De Luca e Bindi

C’è poi il Pd del sempre più impresentabile di De Luca, quello sessista, macchiettista, sopra le righe, provinciale, leader massimo dei capibastone a dimensione territoriale, quello che ha definito il sindaco di Roma Raggiuna bambina imbambolata” e che aveva detto della Bindi presidente della commissione antimafia “ una impresentabile da tutti i punti di vista”, quello  secondo il quale “i giornalisti di Rai 3 sono dei “camorristi”, perché camorristico è il loro modo di fare giornalismo”. E si potrebbe andare all’infinito, un lungo rosario di battute fuori luogo di un governatore si fuori luogo, attacchi gratuiti e offese volgari, che qualcuno tenta di far passare come goliardia, e peggio mi sento, visto che viene accostata ad un uomo di quasi settantanni, politico da Crozza e nulla più.

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D’Alema e Renzi, separati in casa

 

Nel multiforme e confuso Pd di Renzi “La strategia del Conte Ugolino non funziona” ha ammonito il segretario facendo materializzare l’immagine di D’Alema.

Ma la cruda verità è che anche il partito non dei veti, non ha i voti se non c’è una vate. E Renzi, come ha detto Matteo Ricucci, un renziano oggi un po’ meno doc, ha “perso il tocco magico”… E ha perso pure il lanciafiamme…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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