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Tette e culi di sinistra…

di Corrado Ocone

Va dove ti porta la satira. Ma non è così, purtroppo. Tutt’altro. Le cosce della Boschi sono l’ultimo esempio lampante. Si è gridato allo scandalo. Accuse di sessismo. Ma quando le cosce sono per la propaganda del Pd, però vanno bene. Un messaggio alto. Ormai non ci sorprende più niente

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La Boschi, Vauro

E’ gioco facile per “Il Fatto quotidiano” rispondere alle accuse di “sessismo” rivolte dal Pd e dalla solita Boldrini alla vignetta del disegnatore Mannelli sulle cosce del ministro Boschi.

È proprio vero, infatti, che “ove non c’è satira, c’è regime”. E la satira non può essere addomesticata, addolcita, imbrigliata in regole di buona creanza: essa gioca da sempre, fin dai tempi di Giovenale, su un altro terreno. E si serve degli aspetti fisici, che deforma oltremodo.

E anche degli stereotipi sociali del nostro tempo e di quelli passati, ivi compreso certo maschilismo, dopo tutto sano se visto come gioco e seduzione.

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Il lancio dell’Unita, un culo. Ma non è servito

La satira si serve però di questo materiale semplice, a volte grossolano, per “trasmettere un messaggio”, che non necessariamente deve essere condiviso, o semplicemente per mettere a nudo il potere.

La persona raffinata, o semplicemente il politico democratico, deve accettare questa vera e propria (semi) “vacanza dello spirito“, che, per tanti aspetti, assomiglia ai riti carnescialeschi che la nostra saggia civiltà cristiano-liberale ha da sempre affiancato a quelli quaresimali. Essi sono sì una pausa dalla compostezza quotidiana ma servono, da una parte, a ritemprare le forze vitali che sono alla base dello stesso vivere composto, e, dall’altra, a temperare le troppe pretese della parte seria di noi stessi (mai fidarsi di chi si prende troppo sul serio!).

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Spadolini, Forattini

Non a caso i regimi temono la satira, così come la teme la correctness diffusa nelle nostre democrazie mature. Gli inconsapevoli e non bene educati cittadini delle nostre società, che si sono inventati il politically correct, è come se infatti temessero la libertà di cui godono, non ne sopportassero il peso, e volessero crearsi con le loro stesse mani le catene che ad altri hanno dato autocrati e dittatori. Più probabilmente tutto questo è il segno di una mentalità antistoricistica, con la connessa incapacità di por mano alla liberale arte della distinzione.

E anche, nel caso specifico, di una deriva “essenzialistica” che vi si connette: per dirla con le parole di un eminente studioso delle dottrine politiche, “soggetti di diritti, ormai, sono sempre di più le categorie e non gli individui”.

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Brunetti, Giannelli

Il che, come si può capire, è profondamente illiberale. Ed è appunto il problema delle nostre società. Il cosiddetto “sessismo“, che oltre che un’offesa alla lingua italiana è un concetto vuoto quanto altri mai, si presta a meraviglia alla bisogna proprio perché non tiene minimamente conto delle sfumature delle situazioni particolari e di quel quid che a ben vedere è il sale della vita. Ogni persona è un unicum, e nella nostra civiltà gode di dignità proprio per la sua singolarità. Uomo o donna che sia.

Ieri mattina, Michele Serra, con il quale sono quasi sempre in disaccordo, ha scritto, in difesa della satira che ha avuto ad oggetto la Boschi, che alle «pari opportunità devono corrispondere pari inconvenienti», aggiungendo che se “il re è nudo prima o poi lo sono anche le regine”.

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Andreotti

E ha affiancato le cosce della Boschi alla gobba di Andreotti, al pisello piccolo di Spadolini e a vari altri esempi di satira basata su elementi fisici maschili. Giusto, finalmente ci è arrivato anche lui! Ma in verità, leggendo gli esempi, viene da dire che è proprio qui che casca l’asino. Perché non fare anche l’esempio di Brunetta nano o di Berlusconi diavolo? Forse perché quella non veniva considerata satira ma politica tout court?

Vignetta Boschi: Saggese, offesa e insolenza non è satira

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E perché, passando dalla sinistra più o meno antirenziana di Serra a quella dei renziani stessi, costoro non sono mai insorti e non hanno mai parlato di “sessismo” quando erano prese di mira le fattezze della Carfagna, della Gelmini o le cosce della Brambilla? Un chiaro esempio di doppiopesismo, che dimostra ancora una volta l’ipocrisia della nostra sinistra che tutto strumentalizza a fini politici.

Oltre a voler invadere campi che non sono assolutamente i propri e che essa dovrebbe rispettare anche quando da essi arrivano messaggi sgradevoli. Da noi, il politically correct è faccenda tremendamente seria e che va combattuta nella misura in cui diventa sentire comune e corrompe lo spirito dei semplici. In mano alle nostre classi dirigenti, diventa però anch’esso subito una pagliacciata ipocrita e poco credibile. Valida a corrente alternata.

 

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