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La ragione dello sdegno

di Oriana Fallaci

Fui esposta al pubblico oltraggio. Istigato, questo, da un vecchio giullare della Repubblica di Salò. Cioè da un fascista rosso che prima d’essere fascista rosso era stato fascista nero quindi alleato dei nazisti che nel 1934, a Berlino, bruciavano i libri degli avversari. Cioè da Dario Fo

14740951_10209512300437675_1896371420_nOriana Fallaci nel suo “La forza della Ragione”  raccontò, senza peli sulla lingua come era suo costume, quello che pensava di Dario Fo e Franca Rame.

Correva l’anno 20002  e la Fallaci si era schierata apertamente contro una manifestazione dei no-global prevista a Firenze, una manifestazione che rischiava di trasformarsi in un secondo G8 di Genova. In un articolo sul Corriere della Sera la scrittrice fiorentina aveva invitato suoi concittadini a protestare pacificamente e ad addobbare a lutto la città. In tutta risposta dal palco della manifestazione Franca Rame, moglie di Fo, definì la Fallaci una “terrorista”.

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Oriana Fallaci

“Mi sono chiesta che cosa provavo a guardarli mentre mi definivano una terrorista. E non avevo alcun dubbio. A parte il disprezzo, solo una specie di pena. Perché v’era un che di penoso in quei due vecchi che per piacere ai giovani radunati in piazza si sgolavano e si sbracciavano sul palcoscenico montato dinanzi a Santa Croce, quindi dinanzi al porticato che un tempo immetteva al Sacrario dei Caduti Fascisti. In loro non vedevo dignità, ecco.

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Io non mi sorprendo mai di nulla e non batto mai ciglio. E non mi sono sorpresa neanche quando sono venuta a sapere che Dario Fo prima d’essere un fascista rosso uno è stato un fascista nero. E mentre lo fissavo sorpresa ho rivisto mio padre che nel 1944 venne torturato proprio da quelli della Repubblica di Salò. M’è calata una nebbia sugli occhi e mi sono chiesta come avrebbe reagito mio padre a vedere sua figlia oltraggiata e calunniata in pubblico da uno che era appartenuto alla Repubblica di Salò. Da un camerata di quelli che lo avevano fracassato di botte, bruciacchiato con le scariche elettriche e le sigarette, reso quasi completamente sdentato. Irriconoscibile.

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Talmente irriconoscibile che, quando ci fu permesso di vederlo e andammo a visitarlo nel carcere di via Ghibellina, credetti che si trattasse d’uno sconosciuto. Confusa rimasi lì a pensare – chi è quest’uomo, chi è quest’uomo – e lui mormorò tutto avvilito: ‘Oriana, non mi saluti nemmeno?’. L’ho rivisto in quelle condizioni, sì e mi son detta: Povero babbo. Meno male che non li ascolti, non soffri. Meno male che sei morto. No, non lo sapevo, no che Dario Fo era un combattente della Rsi. Cosa penso? Come essere umano non mi ha mai interessato. Come giullare, non m’è mai piaciuto. Come autore l’ho sempre bocciato”.

 

 

 

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