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Morire di calcio

di Ernesto Santovito

Ha destato molto scalpore il divieto dell’Isis nella provincia di Al Furat in Irak di vestire maglie di calcio (fra le quali quella del Milan, del Real Madrid, del Manchester United, del Barcellona, del Manchester City e del Chelsea). E non si scherza. Secondo l’Osservatorio sulla Jihad e la minaccia terroristica, coloro che dovessero essere colti sul fatto con indosso delle magliette di calcio rischierebbero fino ad 80 frustate in pubblica piazza.

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Un fatto episodico? Assolutamente no. Lo stesso divieto è in vigore anche a Mosul, capitale del Califfato. Ma perché questo ostracismo? Il divieto è stato imposto per una ragione ideologica (“impedire la cieca imitazione degli infedeli occidentali”) e perché tutte queste divise di calcio sono prodotte dai due colossi dell’abbigliamento sportivo (Adidas e Nike) ed i club hanno la sponsorizzazione Fly Emirates, Etihad, Qatar.

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Il divieto delle maglie dei club

Il radicalismo islamico non si ferma neanche davanti al calcio. Il calcio non è vietato, ma viene forzatamente limitato, “sottodimensionato”, a mala pena sopportato. Sino ad un certo punto nel mondo islamico coesistevano due anime: una più appassionata e tifosa, ed un’altra, invece, più intransigente rispetto allo sport più amato del mondo occidentale. Il pallone, un simbolo da abbattere.

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James M Ddorsey

James M. Dorsey, co-direttore dell’Institute for Fan Culture dell’Università di Würzburg, ha un blog “The Turbulent World of Middle East Soccer” dove si analizzano le tematiche sul calcio del Medio Oriente, quello rappresenta e come incide ed influenza la vita di tutti i giorni. “Sul calcio la comunità militante islamista, cioè jihadisti ma anche gruppi come Hezbollah o Hamas, è divisa in due: ci sono i “moderati”, di cui se fosse ancora vivo farebbe parte lo stesso Osama Bin Laden, che comprendono anche tifosi di calcio o amanti del gioco e poi ci sono gli altri – l’Isis, al Shabaab, Boko Haram – che vedono nel calcio una deviazione dai doveri della fede”.

Inutile sottolineare che il gruppo dei moderati ormai appare nettamente in minoranza, spiccano nettamente le posizioni più dure ed oltranzistiche. E non sono certo pochi gli episodi sanguinari e terroristici che sono legati al calcio. Una lunga serie di attacchi a stadi, plateali, dimostrativi e sanguinari.

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La strage al Club del Real Madrid a Balad

Negli ultimi anni Dorsey ha monitorato gli episodi di terrorismo che, in vari modi, erano riconducibili al calcio: “L’Isis ha alle spalle una lunga storia di attacchi agli stadi, soprattutto in Iraq. Nell’estate del 2014, furono scioccanti le immagini di soldati iracheni uccisi con addosso magliette da calcio, un’operazione a cui venne attribuito un alto significato simbolico.

E i 16 morti ed i più di trenta feriti a Balad, meno di 80 chilometri a nord di Bagdad, nel circolo “Iraq Blancos” solo qualche mese fa? Un commando, tre uomini armati di kalashnikov, entrarono nel locale ed incominciarono a sparare all’impazzita, una strage. Il motivo? Un club di tifosi, una passione sbagliata e rifiutata, quella per il calcio. Il Real Madrid al quale era dedicato il circolo (i blancos sono i madrilisti) la domenica scesero in campo col lutto al braccio.

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E l’attentato allo Stade de France  (dove si disputava la partita amichevole fra le nazionali di calcio di Francia e Germania, in uno stadio gremito in ogni ordine di posti e alla presenza del presidente della Repubblica francese tra i quali il presidente della Repubblica francese François Hollande e la cancelliera  tedesca Angela Merkel) sfiorato per un nulla in quella maledetta notte del Bataclan? Che cos’era su non un colpo al cuore dell’Europa politica ed alla sua grande passione il calcio.

Ed era questo lo spirito che animava qualche anno fa al Shabaab in Somalia, quando controllava diverse aree a Mogadiscio, che  minacciava di giustiziare i civili se avessero guardato delle partite di nascosto. E lo stesso accadeva con i giornalisti sportivi

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E questi sono solo alcuni degli episodi più eclatanti. Tanti sono gli attentati che sono stati compiuti su campi minori. Anche per semplici partite fra scapoli e ammogliati. Sottolinea James M. Dorsey: “non esistono dati precisi, non ci sono dossier, statistiche: sappiamo solo quello che viene riportato attraverso i video diffusi in rete. Ed è comunque qualcosa di spaventoso. Il calcio ha un forte impatto mediatico, una passione che accomuna mezzo mondo. Mettere paura a questo mondo è una dimostrazione di forza”. Ed per questo che tutti i gruppi terroristici sono in prima fila per combattere quello che viene considerato un simbolo della corruzione occidentale contro cui combattere.

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Mohammed Emwaz, jihadi John

Lo stato islamico al suo interno ha cancellato il calcio professionistico. Il tifo per i maggiori club europei, viene soffocato, tenuto sotto controllo. Tranne qualche eccezione. In qualche caso si fanno delle concessioni. C’è ad esempio il gruppo, con molti i foreign fighters, conosciuto come Beatles, il gruppo del boia britannico “Jihadi John” (Mohammed Emwazi) al quale viene concesso di vedere le partite dei campionati europei. Certo  lontano dagli occhi della polizia religiosa. Il pallone rotola. Come rotolano le teste. Incredibilmente si muore di calcio.

 

 

 

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