di Iolanda Siracusano
Conquistato un italiano su due davanti al televisore al debutto (50,35 per cento di share, undici milioni trecentosettantaquattromila tele-sanremini) la strana coppia ha tirato un sospiro di sollievo. Il grosso dell’operazione del “Patto del telecomando” è andato, gli ascolti sono record, le casse sono piene, Sanremo è tutta fiori e lazzi, ci mancano i Frizzi ( c’erano però Brignano, Insigna e Cirilli) e nessuno se ne accorge.
Dovrebbe essere il festival di quel che resta della canzone italiana, ma sembra un grande show minestrone, sketch, balletti, avanspettacolo pieno con Totti superstar. La musica, quella vera, ormai è decisamente altrove.
Ad aprire la seconda serata del Festival di Sanremo è stata la meglio gioventù della musica italiana e dal livello dimostrato dalle verdi speranze si capisce che c’è poco da sperare. Ad esibirsi sono stati i primi quattro giovani degli otto in gara: Marianne Mirage, con “Le canzoni fanno male”, Francesco Guasti con “Universo”, Federico Braschi con “Nel mare ci sono i cocodrilli” e Leonardo Lamacchia con “Ciò che resta”.
Come detto, nessun colpo di fulmine. Nessuna provocazione. Nessuno che, pur non avendo niente da perdere, abbia osato insomma tirare la corda, come nel 1982 fece Vasco Rossi con la sua scandalosa “Vado al massimo” e che, per chi non se lo ricorda, vendette ben 100.000 copie, rimanendo in classifica ben sedici settimane. Altri tempi. Altro pubblico. Eliminati senza appello Federico Braschi e Marianne Mirage, in gara restano, come nella migliore tradizione sanremese, le canzoni peggiori. Eliminarle tutte e quattro ci avrebbe risparmiato un ulteriore strazio.
Passiamo agli 11 big in gara di questa seconda serata per continuare a scavare il fondo della musica italiana con due uniche eccezioni: Francesco Gabbani che con il suo “Occidentali’s Karma” ci ha regalato il tormentone dell’estate e un testo di giochi di parole non scontato e quanto meno divertente; e Sergio Sylvestre che con la sua “Con te” e con la sua voce un po’ blues si conferma l’unica rivelazione di questo Sanremo senza alti né bassi, politicamente corretto ma comatoso targato Conti-De Filippi.
Non male neanche la voce di Michele Bravi che con la sua “Il diario degli errori” ha almeno avuto la decenza di salire sul palco più ambito d’Italia con un testo e una musica curati, cosa che non ha fatto sicuramente Marco Masini con “Spostato di un secondo” (e mi dispiace, ndr) o la coppia Nesli e Alice Paba che in “Do retta a te” se ne è uscita niente di meno che con un ritornello da telefono occupato (Tu-tu-tu) in rima con cieli blu. Per questa sera può bastare.
Diamo i nostri voti in ordine decrescente dal migliore al peggiore. 10) Sergio Sylvestre ; 9) Francesco Gabbani; 8) Michele Bravi; 7) Paola Turci; 6) Raige & Giulia Luzi; 5) Michele Zarrillo; 4) Chiara; 3) Gigi D’Alessio; 2) Bianca Atzei; 1) Marco Masini/Nesli e Alice Paba