Iranian woman walks past an anti-U.S. mural painted on the wall of the former U.S. Embassy in Tehran

L’Iran nel mirino di Trump

di Fiamma Nirenstein

II Medio Oriente, strapazzato dalla politica di Obama, subisce adesso l’accelerata ripresa di una rocciosa strada cui Trump si avvia con due gesti divaricati: una vigorosa messa in guardia alla Repubblica Islamica dell’Iran, accompagnata da sanzioni impellenti. E una avviso a Israele: «attenzione» ha detto Spycer, il portavoce, «noi non pensiamo che l’esistenza degli insediamenti sia un impedimento alla pace come diceva Obama, ma riteniamo che costruire nuovi insediamenti possa non essere di aiuto».

Fiamma Nirenstein,

Fiamma Nirenstein

Un’affermazione che sembra in contraddizione con quello che Trump diceva in campagna elettorale quando dichiarava la sua totale neutralità sugli insediamenti, mentre annunciava anche che l’ambasciata sarebbe stata a Gerusalemme e il suo sdegno verso la persecuzione dell’Onu.

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Benjamin Netanyahu

Una retromarcia? Non si direbbe: l’Iran val bene qualche nuovo insediamento. Benjamin Netanyahu li ha annunciati per rimpiazzare l’insediamento di Amona, i cui abitanti sono stati dispersi dalle forze israeliane dopo che l’Alta Corte di Giustizia ne aveva stabilito l’illegalità.

La dichiarazione americana sarà oggetto di discussione quando il 15 del mese Netanyahu incontrerà per la prima volta Trump: là sarà chiaro probabilmente che c’è insediamento e insediamento, che alcuni sono essenziali alla salvaguardia della vita di Israele, altri sono oggetto di negoziato. Perché è qui che probabilmente Trump vuole andare: costringere i palestinesi alla trattativa, senza aspettarsi il solito pacco dono di Obama coi confini del ’67, garanzia di futura distruzione.

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Con Trump è cambiato il vento per l’Iran

Per l’Iran, dopo 12 esperimenti balistici abbiamo da Trump il disconoscimento quella atmosfera irenica che sostituiva la realtà la gestione Obama. Nel tempo sono venute alla luce sia violazioni sia la ripetuta sperimentazione di missili inutilizzabile se non al loro scopo balistico, la cui messa in opera è stata accompagnata da manifestazioni di ostilità verso gli Usa, da promesse di distruzione dello Stato d’Israele, da voci di collaborazione fra Repubblica Islamica e Corea del Nord. Esso inoltre inquina con la sua azione il futuro della Siria e nel resto del Medio Oriente.

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L’Iran, che è il maggior fornitore di armi e supporto logistico degli hezbollah, è il guerriero più attivo sul campo grazie alla Russia: la guerra contro l’Isis gli ha dato uno spazio di intervento enorme in Siria, in Iraq, in Libano, ha armato le minoranza sciite nel Golfo e le imbarcazioni di Ormuz, ha mobilitato la Guardia Rivoluzionaria.

La Russia se ne serve per mantenere le sue posizioni, ma sa bene che alla lunga questa presenza che terrorizza ogni sunnita in zona, lo radicalizza o ne fa massa in fuga, ha un risvolto insostenibile anche perché la sua presenza in zona alla fine rende nemici gli egiziani, i giordani, i sauditi e verrà alla fine usato per lanciare il suo attacco verso Israele e l’Occidente.

Una strada lunga, ma l’Iran non ha fretta, e l’accordo e la connivenza americana e europea permettevano la ripresa armata. Adesso l’Iran è di nuovo sotto le lente d’ingrandimento, Israele, che ha certo un problema di insediamenti, è tuttavia soprattutto un Paese assediato dal terrorismo, e Trump vuole combatterlo.

(il Giornale)

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