di Ottorino Gurgo
Il Pd di Matteo Renzi può fare a meno di coloro che lo hanno abbandonato ? A dar retta ai sondaggi, il Pd renziano, potrebbe perdere circa il 5 per cento dei consensi come conseguenza della diaspora di D’Alema e soci, orientati a dar vita ad un nuovo partito destinato a infittire la pletora di movimenti della sinistra. I
E’ dubbio che la nuova formazione politica ottenga il successo sperato, ma è molto probabile che, con quel 5 per cento che potrebbero portarsi dietro, i transfughi riusciranno a far perdere al Pd il ruolo di partito d maggioranza relativa, a tutto vantaggio dei Cinquestelle grillini o del “destra-centro” di Berlusconi e Salvini, se questi ultimi dovessero – impresa non facile – superare le loro rivalità – e ricomporre l’unità del loro arcipelago.
Renzi, che tutto è fuorché uno sciocco, è perfettamente consapevole che il compito che lo attende nei prossimi mesi, prima del confronto elettorale dal quale dipenderà il suo futuro, è di quelli che fanno tremare le vene e i polsi, assai più difficile di quello che assunse quando, prendendo il partito al 26 per cento, riuscì a portarlo alla fatidica soglia del 40,6.Ora si ricomincia. E Renzi ripartirà proprio da quel 26 per cento che fu il punto d’inizio della sua ascesa poiché tale è la percentuale che i sondaggi d’opinione gli accreditano in questo momento..
Ma come farà a fronteggiare l’esodo di coloro che hanno sbattuto la porta ?
Sono due i personaggi sui quali l’ex premier è orientato a far leva per la sua “remontada”; assai diversi tra loro, ma entrambi dotati di un forte carisma. Sono Walter Veltroni e Giuliano Pisapia.
Veltroni ha già dato prova, nel suo intervento alla recente assemblea nazionale del partito, di essere dalla parte di Renzi e, soprattutto, è nota la sua rivalità con Massino D’Alema, “deus ex machina” della scissione.
Considerati da tempo i due “cavalli di razza” del partito (Pci-Pds-Ds-Pd), Veltroni e D’Alema si sono a più riprese scontrati sulla stessa identità del partito e anche nel referendum del 4 dicembre sulla riforma costituzionale, si sono attestati su posizioni divergenti. E’, dunque, inevitabile che anche ora si collochino su posizioni contrapposte.
Di questa reciproca avversione Renzi è più che mai deciso ad approfittare, ben sapendo che Veltroni gode, tra i militanti, di una vasta popolarità, confermata dalla “standing ovation” con cu è stato accolto il suo intervento anti-scissione pronunciato dinanzi all’assemblea.
L’altro punto di riferimento del segretario dimissionario dovrebbe essere, come si è detto, Giuliano Pisapia. Nelle ultime settimane, i due hanno intrapreso un fitto dialogo e l’ex sindaco di Milano, oltre ad avere un suo seguito personale, potrebbe garantirgli quella copertura a sinistra che per Renzi è più che mai indispensabile.
Insomma, Renzi è già impegnato a costruire il “nuovo partito”. E, stando alle voci che circolano nel suo entourage, commentando con gli amici la fuoruscita dal partito dei suoi oppositori, avrebbe fatto suo il titolo di una vecchia “parabola” cinese: “E chi ti dice che sia una disgrazia ?”.