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Più David che Golia

di Franz Krauspenhaar

Accorsi e Bruni Tedeschi e compagni sono tutti attori che recitano sempre nello stesso modo. Come faceva Horst Tappert di Derrick. Solo che il signore di Wuppertal Elberfeld, dove mio padre prese un diploma commerciale in tempi che non vi dico, fece lo stesso personaggio per 25 anni. Loro invece cambiano i personaggi, almeno apparentemente. È che il risultato non cambia. È il camaleonte il grandissimo attore. È Volonté’,  per intenderci. Anzi era. Ma che film ha vinto quest’anno? L’anno scorso vinse Lo chiamavano Jeeg robot. Ben girato, ma anche banale come un minghia che manga. Ridi, ma non vedi l’ora che finisca. Attori ottimi, bei movimenti di regia, citazioni a iosa, e fatte con estro; e poi? Un fumetto. Cercate piuttosto un film del presidente Giuliano Montaldo. Tipo Una bella grinta, 1965, con Renato Salvatori. Mi direte, altri tempi. Ma no, il tempo non esiste…

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Franz Krauspenhaar

Esiste il cinema, però. I produttori non hanno una lira, Mainetti ci ha messo del suo, è stato coraggioso, ce l’ha fatta. Vorrei vedere questo indubbio talento fare qualcosa di diverso, ora. Dato che cita, conosce benissimo il cinema. Me l’ha confermato uno che lo conosce. Ma mica ce ne era bisogno. In “Lo chiamavano JeegRobot” c’è lo stesso Tarantino, e Kubrick. Ma non basta. Basta per il David, non per noi.

Quest’anno ha vinto “La pazza gioia”. Virzi è  bravo, ho amato molto “Ferie d’agosto”, ma è molto discontinuo. Il film sul disagio come sarà? Certo, anche lo snobbissimo Bellocchio fa un film tratto da Gramellini. Alimentare Watson. E Sherlock mi dà di gomito ridacchiando.

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Non so, ma dare il premio a Maxi Bon… e la buona, timidissima Valeria Bruni Tedeschi? Lei è brava, ma nello stop di petto, per dire, è una frana. È la sorella fragile della Buy, perché di Carla Bruni ha solo i geni.. Che anche lei, la Buy, con l’età è diventata una reduce dell’imbranatismo giovanile, ed occupa troppi spazi.

Ormai il cinema italiano è una brutta copia del cast di “Un posto al sole”: ci sono sempre gli stessi da vent’anni. Una soap che non lava più bianco, un po’ il contrario di quello che fa la bucolica Svizzera. Vedrò La pazza gioia: ma sarà vero scialo o invece ci daremo come troppo spesso negli ultimi vent’anni  di sublimi capocciate sul muro?

 

 

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