di Gerardo Verolino
Il Conformista moderno (parente stretto del radical-chic) è terzomondista, filo-palestinese, islamista moderato,”indignado”, accoglione (il migrante che arriva da noi ha ragione: è vittima del colonialismo), obamiano (pur detestando gli Stati Uniti), corbyniano, verde, pacifista (ma non per Kim, Nicolas e Raul), lgbt e genderista, vegano, anti-vaccinista, anti-fascista (ca va sans dire), salutista, animalista e tanto altro ancora ma molto molto pauperista da quando è stato eletto Bergoglio, che lo ha ridestato e rinvigorito e che passerà alla storia come il suo Santo patrono.
Gli anni oscuri del pontificato woytiliano (ma, i conformisti, certo non lo diranno) e la breve, terribile, stagione ratzingeriana (che odiavano apertamente) sono, per fortuna, alle spalle. Per i conformisti, Bergoglio è un faro. E’ un esempio che va oltre la sfera religiosa e abbraccia quella morale e politica. E’ il Maestro indiscusso, la Somma Autorità che non li delude mai. E’ il Papa conformista che calza scarpe ortopediche e dozzinali.
E’ quello che porta la croce di stagno e non d’argento (men che mai d’oro). E’ l’umile che tra gli umili siede nelle ultime file della Chiesa come il più misero dei fedeli.
Quello che usa, a beneficio di telecamera, i bagni chimici e non della maestà pontificia. Per i conformisti è l’apoteosi. E’ ciò che desideravano e non avevano mai avuto al punto che non si sa se sia nato prima questo Papa o il Conformismo o viceversa.
Il Conformista, naturalmente, odia Trump (ma cancellerebbe dalla faccia della Terra gli Stati Uniti). Tanto Bergoglio è il suo faro quanto Trump il suo vomitevole bersaglio. Trump, anzi, è stato eletto per poter essere attaccato dalle masse e liberare tutte le loro frustrazioni. E’ ricco. E’ spaccone. E’ machista. E’ un bullo ma bonario e terribilmente ossigenato. E’ tutto ciò che loro vorrebbero essere e non sono. Quando, per le strade, gli sfilano contro in centinaia di migliaia, con cartelli e striscioni, scaricano violentemente (e terapeuticamente) tutta la loro rabbia repressa.
E’ un intero popolo che si riconosce, nel delirio del conformismo, per un obiettivo comune: abbattere l’usurpatore delle nostre quiete convinzioni. Il Conformista non legge il “Corriere della sera” e ha abbandonato “Repubblica”. Oggi il suo giornale di culto è “Il Fatto quotidiano”. Anche disprezzando Travaglio sa di non poter fare a meno di lui.
Ma il giornalista che ama non è Travaglio. Neanche Scanzi o la Gruber che puzza troppo di lottizzazione primorepubblicana . Ma è Severgnini, Il neo-direttore del “7”, il magazine del politically correct, che non li delude mai e asseconda la loro voglia di conformismo. Beppe che nasce alla scuola del giornalismo controcorrente di Montanelli capisce che per far carriera nell’Italia declinante degli anni Novanta bisogna seguire il pubblico nei suoi gusti e non guidarlo o mettersi contro, come faceva il suo maestro di Fucecchio che per mettersi troppo contro si beccò due pallottole dai brigatisti, perché troppo rischioso e poco conveniente. Severgnini nasce nelle “cucine” del “Giornale” per poi accomodarsi, placidamente, nei soffici salotti del conformismo assai più redditizi e meno pericolosi. Per ripagare il suo pubblico manda alle stampe, ogni settimana, un giornale che è la fiera dell’ovvio, un trionfo del volemosebene in linea con i tempi che viviamo.
Politicamente, il Conformista, dopo anni di disillusioni a sinistra si “butta” su Grillo anche se un po’ gli fa schifo perché è un uomo sboccato e che sfugge alle regole. E Grillo che è più furbo di loro gli “confeziona” un politico cotto a puntino, il Luigi Di Maio, che incarna il “Conformista light”, quello che non ha storia politica, non ha fondamento ideologico, che si regge sul vuoto e che per questo va sempre bene e li rassicura.
A Napoli però il conformista vota per de Magistris. Sa che come amministratore è un disastro.
Ma si consola con frasi come “Qual era l’alternativa?” o “Ha le mani pulite”. Frasi che non significano niente ma che il Conformista ripete con enfasi convincente, convincendosi.
Televisivamente, inutile dirlo, il Grande Cerimoniere del conformismo è Fabio Fazio. Se guadagna come un Pascià attingendo dal tesoro pubblico non è un problema. L’importante è che offici il rito della televisione che spaccia per alta cultura anche le previsioni del tempo. I suoi comici preferiti sono Crozza e la Litizzetto.
Quando si esprime abbonda di intercalari come “tra virgolette” e “in qualche modo”. Non esce di casa se non ha una copia della Costituzione italiana in tasca da spiattellarti in faccia non appena si accende una discussione politica. Odia i soprusi contro i neri ma quando incappa in un lavavetri ai semafori abbassa, repentinamente, il vetro del finestrino, mandandolo bruscamente a quel paese.
L’elenco, insomma, delle sue peculiarità va aggiornato di continuo e non si esaurisce mai. Il Conformista si adegua e si ridefinisce di giorno in giorno.
La sua capacità di adattamento alla realtà supera la selezione naturale darwiniana ponendolo al di sopra di tutto e di tutti. Ma, inevitabilmente, al di sotto di Bergoglio.
Da applausi…