Giornalisti contro: ma quale Twitter, ti sfido a duello  
 I faccia a faccia digitali di oggi una volta si risolvevano anche con una sfida al “primo sangue”...   
di Giovanni Pasàn

Giornalisti contro
Ma quale Twitter
ti sfido a duello

di Giovanni Pasàn

 Ferrara contro Travaglio. Travaglio contro Pierluigi Battista. Pierluigi Battisti contro Mentana. Mentana contro Toti. E potremmo andare avanti all’infinito. Il circuito mediatico ormai corre su Twitter che ha sdoganato diplomazia e buone maniere.

Cinguettare sembra faccia cadere ogni freno, il politically correct non è più un problema, e giù accuse velenose e mazzate da orbi. Il giornalismo di oggi è anche questo. Botta e risposta, e avanti un altro.
Ma non crediate che sia una frenesia da social network, le stilettate fra colleghi sono sempre esistite. Anzi. Oggi ci si limita a scrivere, ma non è sempre stato così. E Napoli è città che si è distinta per i maggiori scontri, le più acerrime rivalità. E secondo voi su che cosa ci si poteva accapigliare, passando anche dalle parole ai fatti? Elementare Watson. Per il Napoli e le canzoni napoletane, e su che altro se no? E non parliamo di ripicche fra giornalisti di seconda fila, tutt’altro. Giornalisti di punta, firme importanti.
Raccomandava Arturo Collana, capo dei servizi sportivi del Giornale, soprannominato lo “sceriffo” per l’imponente mole l’andatura alla John Wayne, ai suoi redattori: “Ricordatevi che quando il Napoli perde, la colpa è sempre dell’arbitro o della sfortuna …” Che è poi quello che sempre pensano la gran parte dei tifosi napoletani, ed allora perché non accontentarli, non dare loro la soddisfazione di trovarsi concordi anche con le tesi del giornale?

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Gioacchino Lauro, Achille Lauro e Andrea Torino

Già ma, per fortuna, alcuni giornalisti non amavano appiattirsi sulla “verità” dominante e preferivano dire la loro, nel bene e nel male. E ci sono stati periodi che il Napoli, è stato ancora più importante di quello che normalmente rappresenta per la città, come ad esempio ai tempi della presidenza Lauro. Ci affidiamo al ricordo di Mimmo Carratelli. “ Il Napoli era sostenuto dal Roma, il quotidiano del Comandante e bersagliato,invece, dal Mattino, di ispirazione democristiana. Le alterne fortune della squadra, strumentalizzata da Lauro nei periodi elettorali, favorivano prese di posizioni spesso radicali, lo scontro veniva personificato dai due responsabili della redazione sportiva Antonio Scotti e Gino Palumbo. Questa la situazione: Palumbo era libero di criticare (ma anche di elogiare) il Napoli sui suoi giornali, mentre Scotti era condizionato dall’essere dipendente di un giornale di proprietà di Lauro ed era costretto sempre ad ergersi da paladino della squadra e del Comandante. Dopo una partita incolore degli azzurri, ed un editoriale di Palumbo con Lauro primo bersaglio, scoppiò immediata la bagarre. Scotti gli rispose con un corsivo dal titolo: “Lo sciacallo”, pieno di accuse agli “scribacchini di Rotto San Carlo” (dove si stampava il “Mattino”).

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Palumbo e Vinicio

Palumbo, dal canto suo, continuò ad andare all’attacco e rispose il 19 maggio del ’59 con un editoriale dal titolo “La maschera e il volto” prendendosela con “un certo esse, che potrebbe significare servitorello e anche sciocco”, oltre ad essere l’iniziale di Scotti. Il sanguigno Tonino Scotti, figlio di generale, fratello di generale, collezionista di soldatini, di amore borbonico oltre che laurino, sfidò Palumbo a duello.
Altro che Twitter e cinguettii … Si dettero appuntamento all’alba in un viottolo di campagna a Quarto per una sfida con la spada “al primo sangue”, giudice lo sciabolatore Arturo De Vecchi, olimpionico nel 1928 e 1932.

Era un giorno di maggio del 1959. Palumbo ricordava così quell’alba memorabile: “Io e Scotti eravamo in canottiera, con le spade in mano, Scotti dieci anni più giovane di me e dieci centimetri più alto”. Il maestro di scherma Mimmo Conte suggerì a Palumbo una tattica difensiva. Fu quella che Palumbo attuò. Al quarto incrocio delle spade, sentì il braccio pesante e rimase stancamente in difesa.

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Così lo trovò l’affondo di Scotti che Palumbo evitò con un’ ultima stilla di energia e, levando automaticamente in alto la spada, colpì di striscio un polso dell’avversario. Padrini dei duellanti, Franz Guardascione e Antonio Pugliese, redattori-capo di Mattino e Roma. Un pezzo della storia del giornalismo napoletano.
Finì tra cappuccini e brioches al Circolo della Stampa e le congratulazioni dei presenti a Gino Palumbo per la vittoria e per il suo trasferimento al “Corriere della Sera”, dove il compianto giornalista napoletano concluse la sua gloriosa carriera, dopo aver guidato e diretto, in una felice parentesi, verso record assoluti anche la “Gazzetta dello Sport”.

Non ci fu il duello, ma non ci furono neanche le brioche ed i cappuccini: fra Giuseppe Marotta e Mario Stefanile finì in tribunale. Eppure i due si stimavano.

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Mario Stefanile

Scrisse Stefanile critico letterario de il mattino e fra i più importanti di quel tempo. “Marotta con l’Oro di Napoli inventa la varietà della vita napoletana, il pullulante e fermentante mondo di una plebe fattasi protagonista di grandi fatti umani: insieme legati, senza rancore, senza risentimento, quasi per gioco, com’è nel costume napoletano: e la stessa irresponsabilità, il fatalismo, la rassegnazione, l’intreccio tra paganesimo e cattolicesimo, tra generosità e calcolo, tra spacconeria e umiltà, tra curiosità e indifferenza Marotta li narra e li riferisce ai suoi personaggi con quel particolare distacco che in lui diventa lirica ironia…” Un buon rapporto di stima e di amicizia insomma fra colleghi.

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Giuseppe Marotta

Ma galeotto fu il festival di Napoli, quello che nato per essere la vetrina più rappresentativa del mondo musicale napoletano ne fu invece il carnefice. “ Partito con le più rosee aspirazioni – ha scritto Carlo Missaglia -cominciò quasi subito ad avere le prime gravi contrarietà tanto da cambiare anche il logo in “Giugno della Canzone Napoletana” o “Festival di Piedigrotta” ed affidata privati e-o enti diversi, per poi ritornare “Festival di Napoli”. Un colpo mortale vi fu nel 1957 quando nel festival organizzato dalla Rai, furono ammesse dalla commissione giudicante cinque canzoni (sulle venti partecipanti) di Furio Rendine (che vinse con Malinconico autunno interpretata da Marisa Del Frate) e venne esclusa quella di Giuseppe Marotta. Non di uno qualunque, insomma, ma dallo scrittore De “L’oro di Napoli” e da colui che si era anche reso promotore dell’appello alla “intellighentia napoletana” affinché si dedicasse alla canzone napoletana.“Siete, anzi siamo, quasi obbligati alla “canzonetta”; per noi è un atto di fede e di fedeltà, un “ritorno”alla madre, la testimonianza di una filiazione non ripudiata e non smentita”.
E così quell’esclusione assunse la dimensione di un vero e proprio schiaffo. Poi bisognerebbe rimarcare l’infaticabile attivismo dei cosiddetti “murmuliatori”, o se preferite “capere”, che a Napoli non sono mai mancate, cioè quei personaggi spesso impresari di feste di piazza e di ricevimenti con attori e cantanti, abili nel manipolare le notizie e informazioni su noti personaggi, registi, a volte veri e proprio inventori, di grandi pettegolezzi. Erano quello che in Galleria vedevi sempre accerchiati da un piccolo pubblico che ascoltava l’inciucio fresco di giornata. E si diedero molto da fare queste “inciucesse” col Festival di Napoli e con l’esclusione a sorpresa di Marotta, una serie di dicerie che rese il clima molto teso intorno alla manifestazione canora.
Presidente della commissione era il giornalista Adriano Falvo, uno dei giurati era Mario Stefanile. Il clima velenoso di pettegolezzi ed inciuci, ripicche e ricatti, portò al fattaccio di Toledo. Marotta (che si era fatta la convinzione che Stefanile fosse fra i maggiori artefici dell’esclusione della sua canzone” incrociò il critico letterario de il Mattino davanti alla libreria Lupi, e fu più uno scontro che un incontro. Marotta protestava per la sua clamorosa esclusione ed il paradosso delle cinque canzoni di un solo autore, Stefanile replicava parlando di qualità delle canzoni e di decisioni insindacabili della commissione …  Poi si sa come a volte vanno queste situazione, Marotta ad un tratto tagliò a corto e schiaffeggiò Stefanile, facendogli cadere a terra gli occhiali … E poi dicono che sono solo canzonette.

 

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