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I debiti delle famiglie
Al Sud meglio ma peggio

 di Alberto Toro

Il dato si riferisce all’indebitamento con le banche. Al Sud dove l’accesso al credito è molto più difficile, se non impossibile, si ricorre giocoforza a “finanziarie” o “privati”. Ed allora…

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Sono quasi cinquecento miliardi (496,5 per la precisione) complessivamente i passivi accumulati nel 2013 dalle famiglie italiane con le banche e gli istituti creditizi. In pratica le famiglie sono mediamente indebitate per un importo medio pari a 19.251 euro.

Lo studio condotto dalla Cgia di Mestre fa notare che per indebitamento medio delle famiglie consumatrici italiane  si intende quello originato dall’accensione di mutui per l’acquisto di una abitazione, dai prestiti per l’acquisto di un auto/ moto e in generale di beni mobili, dal credito al consumo, dai finanziamenti per la ristrutturazione di beni immobili, etc.

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Andando a guardare nello specifico gli indebitamenti maggiori si riscontrano nella provincia di Monza-Brianza, con un debito di 27.544 euro; al secondo posto quelle di Milano, con 27.505 euro e al terzo posto le residenti a Lodi, con 27.281 euro. Insomma in Lombardia sono ricoperti di debiti.

Meglio secondo la speciale classifica, molto meglio, vanno le cose nel Mezzogiorno dove, tanto per fare un esempio,  in fondo alla classifica nazionale si piazzano le famiglie della provincia di Vibo Valentia, con un debito di 8.742 euro, quelle dell’Ogliastra, con 8.435 euro e, all’ultimo posto, quelle di Enna, con 8.371 euro.

E’ evidente che la classifica non fotografa la reale situazione del Paese. O per lo meno la racconta in modo parziale. Nell’analisi della Cgia si premette e si sottolinea ampiamente che “territori più indebitati sono anche quelli dove i livelli di reddito sono i più elevati. E la maggior parte di queste forti esposizioni bancarie in questi territori sono legate, soprattutto, a fronte di significativi investimenti avvenuti negli anni scorsi nel settore immobiliare”.

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E’ facile dedurre che il minor indebitamente delle famiglie del Sud è direttamente proporzionale alla ridotta possibilità di accesso al credito. La banca non presta i soldi ed è evidente che l’indebitamento risulta enormemente minore.

Napoli, ad esempio, in classifica risulta essere al sessantottesimo posto su 110  province con un indebitamento di 15.721 euro. Ma la verità è amara. Già perché l’indebitamento maggiore avviene per canali paralleli, società finanziarie, se non proprio usurai.

“Non dimentichiamo, inoltre, che in Italia esiste un ampio mercato del prestito informale – ha rilevato la Cgia di Mestre -che non transita per i canali ufficiali. Vista la forte contrazione degli impieghi bancari avvenuta in questi ultimi anni, non è da escludere che questo fenomeno sia in espansione, soprattutto al Sud, con il pericolo che la piaga dell’usura assuma dimensioni preoccupanti”.

Ed in effetti è così, è questa la cronaca amara di tutti i giorni nei nostri territori. Chi ha bisogno dove altro può andare a bussare se non a finanziarie senza scrupoli se non proprio a “strozzini”, che risultano essere le uniche strade percorribili?

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Dal 2011, si evidenzia dall’indagine, con il perdurare della crisi le famiglie italiane hanno preferito indebitarsi sempre di meno, privilegiando il risparmio. Infatti, tra la fine del 2011 e lo stesso periodo del 2013, i depositi delle famiglie consumatrici sono aumentati a livello nazionale del 12 per cento, con punte del 28 per cento in Trentino Alto Adige e di oltre il 18 per cento nelle Marche e in Emilia Romagna. In buona sostanza, l’esponenziale aumento delle tasse registrato in questi ultimi anni, gli effetti della crisi e la paura che la situazione generale peggiori ulteriormente hanno condizionato le scelte economiche delle famiglie. Meno acquisti, meno investimenti e più risparmi .

“Con il riacutizzarsi della crisi – segnala il segretario della CGIA – dal 2011 le famiglie italiane hanno preferito indebitarsi sempre di meno, privilegiando il risparmio. Infatti, tra la fine del 2011 e lo stesso periodo del 2013, i depositi delle famiglie consumatrici sono aumentati a livello nazionale del 12 per cento, con punte del 28 per cento in Trentino Alto Adige e di oltre il 18 per cento nelle Marche e in Emilia Romagna. In buona sostanza, l’esponenziale aumento delle tasse registrato in questi ultimi anni, gli effetti della crisi e la paura che la situazione generale peggiori ulteriormente hanno condizionato le scelte economiche delle famiglie. Meno acquisti, meno investimenti e più risparmi”.

 

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