Super_Gigi_Buffon_(Juventus)7

Il portiere con le mani bucate

di Eugenio Santovito

Se sul campo sembra avere una calamità per i palloni, fuori dagli stadi sembra attirare fortemente i guai. Gigi Buffon è stato, ed è ancora uno straordinario portiere, ma il suo rapporto col denaro, ad esempio, è sempre stato molto difficile. Ha le mani bucate. Scommesse, investimenti sbagliati, da ogni avventura esce sempre col conto in rosso.

 Se con la Juve l’anno scorso è riuscito a centrare l’obiettivo prefissato dello scudetto, con la sua azienda tessile (è il maggiore azionista), la Zucchi, proprio non sembra riuscirci. Al punto che la società di revisione Kpmg si è rifiutata di firmare i conti del primo semestre. Troppi debiti, futuro incerto.

imagesCA5Y8FJP

Buffon, imprenditore tessile

Il gruppo attivo ha collezionato negli ultimi due semestri un fiume di perdite, chiudendo rispettivamente con un doppio segno meno (15,1 milioni nel 2013 e 11,8 milioni dal gennaio al giugno del 2014). Due mazzate che hanno sfiduciato la Kpmg che ha perciò rifiutato di metter la propria firma in calce ai conti. La ricapitalizzazione del 2013 (Buffon ha sborsato 18 milioni di euro passando dal 19.6 al 56 per cento abbondante, passando davanti alla famiglia fondatrice, la stessa Zucchi, detentrice del 9 per cento. Nell’operazione non l’ha seguito nessuno, nemmeno l’amico avvocato Riccardo Grande Stevens, figlio di Franz lo storico avvocato degli Agnelli che è rimasto al 2) si è rivelata un clamoroso insuccesso. E in Borsa va ancora peggio. In una sola seduta perso quasi l’otto per cento. Tra una cosa e l’altra con l’investimento Zucchi Buffon è sotto di 48 milioni di euro che anche per uno come lui, non sono certo bruscolini.Con il calcio ha vinto tutto. Fuori dal calcio la sua vita è stato un continuo saliscendi. Del resto lui è un istintivo, una cosa prima la fa e la pensa.

imagesCAH9VVBHUna quindicina d’anni fa, a Parma, mostrò sotto la curva una maglietta con la scritta ” Boia chi molla”: gesto che, oltre ad uno tsunami di critiche, gli costò il deferimento alla commissione disciplinare. Si giustificò candidamente.   “L’idea era nata da una scritta incisa sul cassetto di un tavolo ai tempi del collegio. Non voleva esserci alcun aggancio con il motto che durante la prima guerra mondiale era del corpo degli Arditi, dal quale nacquero nel 1919 i Fasci di combattimento .” A dire il vero era stato anche il motto dell’esercito della Repubblica Sociale Italiana , della famigerata “X Mas”, ma per il buon Gigi era solo un vecchio, anonimo, slogan dei tempi del collegio.

imagesCAQ3ABW5

Un’altra volta, sempre a Parma, scelse come numero di maglia l’88 e, apriti cielo,  si scatenò un altra bufera.  “L’88, cioè quattro palle, era proprio il numero adatto a me: un uomo con 4 palle…”, fu la sua motivazione. Ma un calciatore è un’immensa cassa di risonanza, e far polemica con un calciatore garantisce, comunque, un’enorme visibilità. Ed allora  cominciarono le proteste di diverse associazioni, vibrante fu la rimostranza di Vittorio Pavoncello responsabile dello sport della comunità ebraica di Roma, che parlò addirittura di apologia al nazismo. Il numero 88, infatti, sarebbe associato a Hitler (l’ottava lettera dell’alfabeto è la H, quindi due 8 rischiavano di essere interpretati come simbolo dell’Heil Hitler).

Gigi si arrese  e ripiegò sul 77: niente superdote di palle anche se ogni tanto un po’ di determinazione maggiore fuori dal campo di calcio lo avrebbe aiutato non poco.

Come in quella vicenda del diploma. Iscritto a ragioneria, era già un calciatore professionista, fece la quinta da privatista ma non si presentò agli esami di maturità. Però puntuale presentò l’anno dopo la domanda di iscrizione alla segreteria dell’università di Parma alla facoltà di Giurisprudenza. Presentò un diploma rilasciato da una scuola romana il “Centro studi Antonio Manieri”. Dopo un controllo il diploma risultò essere fasullo. “Mai avuto il signor Buffon come studente” sentenziò la scuola. La faccenda finì alla procura della Repubblica di Parma, che all’epoca non aveva il caso Parmalat, non aveva bimbi rapiti e uccisi, insomma non aveva molto da fare. Buffon patteggiò la pena e pagò una multa di sei milioni di lire.

imagesCATNX4T1

Alto e grosso come un armadio. Ma un carattere difficile, tormentato. Molto sensibile. Gigi ha passato momento brutti, e non l’ha mai nascosto. E’ stato un periodo fortemente depresso. “Non ero più soddisfatto della vita e del calcio – ha scritto nella sua autobiografia e poi ribadito in una intervista televisiva -  di quello che facevo e di quello che ero. Ricordo che mi chiedevo: ma che cosa me ne frega di essere Gigi Buffon? Per la gente sei un idolo, ma nessuno che ti chieda mai, semplicemente: come stai? E’ stato un periodo cupo, nero. Io sono una persona solare, altruista, ottimista. Ma quando vivi una cosa simile è chiaro che queste qualità vanno a farsi benedire. E allora per uscire dal tunnel mi sono fatto aiutare da una psicologa.

Buffon e Seredova , l'ultimo bacio

Buffon e Seredova, l’ultimo bacio

Disse che sentiva delle voci, che gli sembrava d’impazzire. Che faticava ad allenarsi e a giocare. Che un giorno a Torino era andato tre volte a vedere la stessa mostra di Chagall, perché si era accorto che quelle immagini lo facevano stare meglio. Ha affrontato il suo “male oscuro”, senza sfuggire alla verità, accettando che la vita è tutto un divenire e non si può “guarire per sempre” .

In quel periodo si mise anche a scommettere. Puntava on line sulle partite di calcio. Per vincere la noia, per qualche scarica di adrenalina. E anche qui niente mezze misure. Puntate da centinaia di migliaia di euro (certificati perso qualcosa come due milioni di euro). Venne coinvolto in una inchiesta giudiziaria, insieme ad altri calciatori (Maresca, Mark Juliano, Chimenti) ma fu prosciolto. Riuscì a dimostrare  di aver rispettato le normative, sia quelle penali che disciplinari. In pratica puntava solo sul calcio straniero, specialmente su quello danese, mai sulla Juve o su altre squadre del campionato italiano. Prediligeva i pareggi e, forse per buon augurio, per rispetto dei colleghi, spesso anche sulle partite senza reti.

Perché zero a zero è l’unico risultato che fa vincere entrambi i portieri.

Ilaria D'Amico e Gigi Buffon

Ilaria D’Amico e Gigi Buffon

CondividiShare on Facebook0Tweet about this on TwitterPin on Pinterest0Share on Google+0Share on LinkedIn0Email this to someone

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>

Altri post dello stesso Autore