Morire di usura  
 Napoli capitale dello strozzinaggio. Le banche hanno erogato 100 miliardi in meno     
di Alberto Toro

Morire di usura

di Alberto Toro

 Prendi un Paese con l’acqua alla gola, che cerca di sopravvivere in piena recessione, dove la disoccupazione aumenta, le fabbriche chiudono, i consumi decrescono e il Pil galleggia. Ecco prendi questo Paese e vai ad analizzare come si comportano le banche, quelle che hanno ricevuto fior di milioni di euro dalla Comunità europea, cioè i soldi di tutti.

Ed ecco che scopri, ma non  è una grande sorpresa è solo una grande conferma, che negli ultimi due anni gli Istituti di credito hanno erogato qualcosa come 100 miliardi in meno alle famiglie ed alle imprese. In poche parole invece di venire incontro a chi aveva bisogno, una porta sbattuta in faccia. Di quelle che non consentono speranze, che non ammettono repliche. Ecco questa è l’Italia.

Tra la fine del 2011 e lo stesso periodo del 2013, documenta l’Ufficio studi della Cgia, la diminuzione degli impieghi bancari alle famiglie e alle imprese è stata di quasi 100 miliardi di euro: precisamente 97,2 miliardi. Se le prime hanno subito una contrazione di 9,6 miliardi (- 1,9 per cento) , le seconde hanno registrato una flessione pari a ben 87,6 miliardi di euro (-8,8 per cento). Questi dati sul “credit crunch” sono state elaborati su dati della Banca d’Italia.

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Oltre agli effetti della crisi economica e al calo della domanda di credito     questa forte riduzione dell’erogato è stata dovuta anche al deciso aumento delle sofferenze bancarie che a giugno di quest’anno ha toccato la cifra record di 168 miliardi di euro.

Ed ecco allora che ci si si ritrova dritti dritti in un vicolo cieco. Se non ci soldi per la propria impresa o per la famiglia, se i canali d’erogazione del credito sono implacabilmente chiusi, non può esserci altra strada se non quella del “credito alternativo”, cioè in gran parte dei casi l’anticamera della vera e propria usura.

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Giuseppe Bortolussi

 

Per Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre  “A seguito della forte contrazione dei prestiti praticata dalle banche alle famiglie e alle imprese, c’è il pericolo che l’usura, soprattutto nel Mezzogiorno, assuma dimensioni preoccupanti”. E dall’analisi dell’indice realizzato ormai da più di 15 anni dall’Ufficio studi della Cgia, emerge che nel 2013 la Campania, la Calabria, l’Abruzzo, la Puglia e la Sicilia sono le realtà dove la “penetrazione” di questo drammatico fenomeno ha raggiunto i livelli maggiori. “In buona sostanza – prosegue Bortolussi – con la forte stretta creditizia e l’aumento della disoccupazione, che hanno contribuito a ridurre i livelli di reddito soprattutto al Sud, c’è il pericolo che l’usura, già presente in questi territori in misura maggiore che altrove, assuma dimensioni ancor più preoccupanti”.

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L’indice del rischio usura, invece, è stato calcolato mettendo a confronto alcuni indicatori regionalizzati riferiti al 2013: quali la disoccupazione, i fallimenti, i protesti, i tassi di interesse applicati, le denunce di estorsione e di usura, il numero di sportelli bancari e il rapporto tra sofferenze ed impieghi registrati negli istituti di credito.  In poche parole è stato individuato questo indice attraverso la combinazione statistica di tutte quelle situazioni potenzialmente favorevoli alla diffusione dello “strozzinaggio”.

“Con le sole denunce effettuate all’Autorità giudiziaria – considera Bortolussi – non è possibile dimensionare il fenomeno dell’usura: le segnalazioni, purtroppo, sono ancora molto poche. Per questo abbiamo incrociato i risultati di ben 8 sottoindicatori per cercare di misurare con maggiore fedeltà questa emergenza. Ciò che pochi sanno sono le motivazioni per le quali molte persone cadono tra le braccia degli strozzini. Oltre al perdurare della crisi, sono soprattutto le scadenze fiscali a spingere molti piccoli imprenditori nella morsa degli strozzini. Per i disoccupati o i lavoratori dipendenti, invece, sono i problemi finanziari che emergono dopo brevi malattie, brutti infortuni o a seguito di appuntamenti familiari importanti, come un matrimonio o un battesimo”.

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Rispetto ad un indicatore nazionale medio pari a 100 la situazione più critica si presenta in Campania: l’indice del rischio usura è pari a 164,3 (pari al 64,3 per cento in più della media Italia). Poi vengono la Calabria a 146,6 (46,6 in più rispetto alla media nazionale), l’Abruzzo a 144,6 (44,66 in più della media Italia), la Puglia 139,4 (39,4  in più della media nazionale) e la Sicilia quota 136,2 (36,2 in più della media Italia).

La realtà meno “esposta” a questo fenomeno è il Trentino Alto Adige, con un indice del rischio usura pari a 51,8 (48,2 punti in meno della media nazionale). Anche la situazione delle altre 2 regioni del Nordest è abbastanza rassicurante: il Friuli Venezia Giulia, con 72,2 punti, e il Veneto, con 73,1 punti, si piazzano rispettivamente al penultimo e terzultimo posto della graduatoria nazionale del rischio usura.

 

 

 

 

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