Case+Napoli

Casa, riforma delle riforme
Accatastare, valorizzare, tassare

di Alberto Toro

Una rivoluzione più che una riforma. Nuovi criteri per la determinazione dei valori catastali dei fabbricati che, in linea di massima, non dipenderanno più dal numero dei vani ma soprattutto dalla superficie. Interessati ben 62 milioni di immobili. Il valore degli immobili, in alcune zone, aumenterà anche del 200 per cento. La conseguenza? Più tasse

Una rivoluzione. La riforma delle riforme. La revisione degli estimi castali si tradurrà automaticamente in un aumento del valore di parecchi immobili. E non saranno rincari ininfluenti. Anzi. In alcune zone è prevista una crescita fino a sfiorare il 200 per cento. Molti, troppi, tanti ormai sono i fabbricati di pregio che hanno una rendita catastale bassa e non più adeguata al loro reale prezzo di mercato. L’aumento dei valori rischia però di avere come conseguenza una maggiore tassazione per i proprietari di case. Sono più di 62 milioni gli immobili in Italia che saranno compresi nella Riforma del Catasto, come detto, la riforma delle riforme visto i grandi numeri che coinvolgerà. Se ne parla ormai da anni e pare che questa volta venga davvero avviata.

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Più che di una riforma, si tratta di una vera e propria rivoluzione poiché cambierà radicalmente il metodo con cui viene calcolato il valore catastale dei fabbricati. Le nuove regole impiegheranno un po’ di tempo per entrare a regime, cioè circa 3-5 anni.

Il consiglio dei ministri ha compiuto il primo passo di un lungo processo che si concluderà fra qualche anno. Che cosa è stato fatto? Per adesso, l’esecutivo ha soltanto ridefinito le funzioni delle commissioni censuarie che sulla carta esistono da molti anni ma non hanno mai funzionato a regime. Si tratta 105 di organismi collegiali che agiranno su base provinciale, composti da esperti che avranno il compito di rivedere i parametri degli estimi catastali, cioè i criteri con cui viene stabilito il valore degli immobili. Ciascun collegio sarà composto da 6 membri effettivi e da 6 supplenti, nominati dai tribunali tra i rappresentanti di enti pubblici come l’Agenzia delle Entrate, di associazioni di categoria e di alcuni ordini professionali (per esempio degli architetti, degli ingegneri e dei geometri).

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Ogni commissione avrà il compito di stabilire i nuovi criteri per la determinazione dei valori catastali dei fabbricati che, in linea di massima, non dipenderanno più dal numero dei vani ma soprattutto dalla superficie. Nello specifico, verrà determinato un valore di mercato al metro quadro, che poi verrà moltiplicato per la superficie di ciascun immobile. Nel determinare questi valori, si terrà conto di diversi parametri: partendo dalle quotazioni rilevate nell’osservatorio sul mercato immobiliare dell’Agenzia delle Entrate, i calcoli terranno conto di altri fattori come la zona di ubicazione dei fabbricati o il loro stato di conservazione.

Prima di applicare le nuove regole catastali sarà però necessario un censimento di ben 62 milioni di immobili esistenti in Italia. Un, speriamo, accurato monitoraggio che consentirà anche di scovare tutti i fabbricati completamente sconosciuti alle autorità e al fisco.

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L’arrivo delle nuove rendite catastali, legate alle riforma del catasto, se non sarà accompagnato da una riduzione delle aliquote Tasi-Imu rischierebbe di comportare un aggravio di 230-260 euro l’anno per i cittadini. E’ quanto affermano in una nota i presidenti di Federconsumatori e di Adusbef, Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti. “Non siamo contrari per principio alla rivalutazione delle rendite catastali – spiegano – purché tale operazione sia improntata alla massima equità e correttezza. Non vorremmo che il nuovo calcolo degli estimi catastali sia l’ennesima strategia per portare maggiori incassi nelle casse dello Stato e degli enti locali. Nella norma si parla di una generica “invarianza di gettito”, nella quale non riponiamo alcuna fiducia: non sarebbe la prima volta che precauzioni di questo tipo venissero disattese”.

 

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