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Napoli ha la sua banca centrale
E stampa e inventa moneta

di Franco Meda

Eurobond? Una banca centrale che stampa moneta? Da quanto tempo se ne sente parlare senza alcun risultato? Un ben organizzato gruppo napoletano, aveva risolto il problema a modo suo. Gli euro se li stampavano direttamente loro. E ne stampavano tanti. Talmente tanti che secondo le stime del procuratore di Napoli Giovanni Colangelo rappresentavano il 90 per cento dell’intero traffico mondiale. Da un anno era scattato anche l’allarme alla Bce, qualcosa non tornava...

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La banda degli onesti, Totò, Peppino e Giacomo Furia

Undici organizzazioni autonome ma con molti intrecci, checché si dica. Alta professionalità, banconote “gemelle”, profonda capillarizzazione nello smercio. Certo poi leggi nelle carte dell’inchiesta e scopri che a un tedesco venne rifilata una banconota da 300 euro, taglio mai esistito. Chissà forse con la promessa di vendergli anche un pezzo del Vesuvio. Ed allora ti ritornano in mente le scene indimenticabili della banda di falsari più scalcinata del mondo, quella della “banda degli onesti” con Totò, Peppino de Filippo, Giacomo Furia, che stendevano le banconote come i panni in vicolo…

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Ma torniamo all’indagine vera e propria. Gli investigatori hanno individuato una stamperia clandestina ad Arzano (Napoli) e una zecca a Gallicano (Roma). In due anni sono state arrestate in flagranza una trentina di persone e sono stati raccolti gli elementi che hanno convinto il gip Dario Gallo a firmare le ordinanze cautelari: 29 arresti in carcere, 10 ai domiciliari, 12 di ieri di dimora e cinque obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria. A Napoli, c’era una stamperia clandestina con macchinari di stampa Offset “specializzata in banconote”, che ne ha prodotte nell’ordine di diversi milioni; a Gallicano, nel Lazio, una zecca clandestina produceva monete da uno ai due euro false; e ad Arzano, nel Napoletano, venivano confezionate marche da bollo telematiche e ’Gratta e vincì falsi. Tutti falsi “di alta qualità”.

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La contraffazione e lo smercio di banconote false, ma anche di valori da bollo, avveniva nel Napoletano, ma tutti i valori venivano smerciati nelle province di Torino, Bologna, Foggia, Genova, Milano, Cassino, in Sicilia e in Calabria, oltre che all’estero (Francia, Spagna, Germania, Romania, Bulgaria, Albania, Senegal, Marocco, Tunisia e Algeria ). Nel corso dei due anni di indagini finora svolti sul “Napoli group”» sono state sequestrate 5.500 banconote e monete false di vario taglio per un totale di 1 milione di euro circa.

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Le banconote maggiormente riprodotte? I venti euro. E non solo per un motivo comprensibilmente statistico (nel 2002, quando entrò in vigore l’euro, la banconota più stampata fu quella da 20€ ben 3 406 000 pezzi, ovvero 68 120 000€) essendo la moneta più diffusa. Ma perché, pare, che il colore (blu, tendente al celeste) sia quello maggiormente riproducibile e perché, ovviamente, l’attenzione e lo scrupolo che si dedica ad una banconota di 20 euro è decisamente inferiore a quella per cinquanta, cento, duecento e, naturalmente, cinquecento euro.

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La holding della contraffazione chiamava alcuni macchinari e le monete con una serie di codici ”Cosariello”, “ambasciata”, “l’americano” (per indicare il dollaro), “scarpe”, “pavimenti”, “cartoline” e “gnocchi”.  Delle squadre dello smercio c’era chi si muoveva nella grande area metropolitana (caduta nella rete dell’inchiesta anche Mimma Guardato la madre della piccola Fortuna vittima di abusi e morta il 24 giugno scorso dopo essere caduta nel vuoto a Caivano. Secondo l’accusa, la donna acquistava consistenti quantità di banconote contraffatte da Giuseppe Manzo, un altro abitante del parco Verde di Caivano  e successivamente le rivendeva ad acquirenti abituali che provvedevano a spenderle nei negozi e nei supermercati). Ma molti giravano il Paese, soprattutto frequentando luoghi dove c’è grande giro di soldi. Da sempre uno dei principali centri di smistamento sono i casino, le bische clandestine, le sale corse, gli ippodromi.

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