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La Lotteria della vita
Andreghetti batte il suo Mack Grace

di Gaetano Borrelli

Il Lotteria numero sessantasei è stata una questione di cuore. Roby Andreghetti contro Mack Grace Sm, la coppia che aveva vinto le ultime tre edizioni. Le loro strade si sono divise, anche l’ippica non ha sempre una sua logica. E così si sono ritrovati in finale, separati in casa sulla pista di Agnano. Ha vinto Andreghetti pilotando Vincennes , una svedese di Francia, senza infamia e senza lode, battendo proprio Mack Grace Sm, onesto secondo.

Alla presentazione in Comune del 66esimo Gran premio Lotteria, un giovane collega mi ha chiesto a bruciapelo: domenica per te che edizione sarà? Non ho la minima idea – gli ho risposto -. Guarda un po’ l’albo d’oro nella cartella stampa, il mio primo Lotteria ad Agnano fu quello vinto dall’americana Cheer Honey. Il giovanotto, fatto un rapido calcolo, mi ha rivelato stupito: caspita, cinquanta edizioni del Lotteria.

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Gianoli e Gaetano Borrelli

Eppure quella domenica d’inizio aprile del 1966, la ricordo benissimo. Non avevo ancora compiuto 15 anni e già da qualche tempo all’uscita della scuola, due miei compagni di classe ripetenti, una volta la settimana, il giovedì, mi trascinavano a vedere le ultime corse ad Agnano. Frequentavo un istituto tecnico di Fuorigrotta e il giovedì c’erano i laboratori: si usciva intorno alle 16. Giusto il tempo di prendere al volo il 102 per l’ippodromo.

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Mc Grace, l’inchino al pubblico di Agnano

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Varenne, il Capitano

Eravamo abbonati e il bus copriva anche il percorso casa-scuola. Di domenica non ero mai andato alle corse. Ma nei giorni di vigilia di quel Lotteria, nel mio condominio sentii parlare di una gita ad Agnano. Don Alberto, autista di un ricco marchese, prendeva accordi con Don Raffaele, impiegato delle Poste. Soprattutto stabilivano cosa preparare da mangiare e dettavano le regole per quanti avessero intenzione di aderire alla gita. Chiesi a Don Raffaele se “mi poteva portare”. Certo, mi disse: se tuo padre è d’accordo. Papà non si oppose, mamma provò a dissuadermi ma poi dovette pure prepararmi due pizze di scarole.

Il pic- centinaia di napoletani sul prato attorno alla pista-7

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Il prato di Agano

L’appuntamento fu per le 8 in punto sotto il portone. Eravamo una decina: tutti uomini, a scalare da 70 anni di Don Raffaele fino ai 9 del suo nipotino. Con le borse piene di panini, cotolette, tortani, pizze di scarole, uova soda (Don Raffaele ne mangiava anche dieci in un giorno), pastiere e altri dolci più molti fiaschi di vino ci avviamo al Parco Castello, stazionamento del 102. Prima della nove, eravamo ad Agnano. I cancelli erano ancora chiusi, ma noi prendemmo subito un’altra strada. Dove finiva l’ippodromo cominciavano dei terreni coltivali. Dai campi di broccoli, attraversammo la pista di galoppo per raggiungere il prato del trotto, piazzare le borse e prendere posizione ben prima che montasse il servizio d’ordine.

Sergio Brighenti e Gioacchino Ossani

Sergio Brighenti e Gioacchino Ossani

Il prato era una zona confinante con la prima curva della pista di trotto con una piccolissima tribuna in legno. Nei giorni di Gran premio si poteva comprare il biglietto per la tribuna A, per la tribuna B o per il prato. Nel prato il biglietto costava meno, ma la posizione era così defilata che non si capiva mai chi avesse vinto. In compenso si viveva l’emozione della prima curva: si udivano le urla dei driver, lo stritolio del contatto dei sulky, si percepiva la fatica dei cavalli. Era quasi come se anche i prataioli fossero in corsa. Al prato arrivava deformato perfino il suono degli altoparlanti. Si era certi della vittoria di un cavallo solo quando lo si vedeva ritornare verso le tribune per il giro d’onore.

TORNESE GUIDATO DA GIOACCHINO OSSANI.

Tornese e Gioacchino Ossani

I prataioli si divertivano molto, studiando tutte le sgambature, quelle del mattino e quelle nell’imminenza della corse. Quando non c’erano cavalli in pista, accendevano la radio e ad intervalli regolari davano fuoco alle libagioni. C’era anche un picchetto dove si poteva puntare sul vincente e sui piazzati. Ma tra i prataioli gli scommettitori erano rari. Il nostro Lotteria fu infinito, si concluse al tramonto, quando attraversammo il parterre per uscire, stavolta dall’ingresso principale. Il prato sparì nel 1976, anno in cui fu inglobato nella nuova pista ampliata da 800 a 1000 metri.

Giancarlo Baldi

Giancarlo Baldi

La finale del 1966 non fu spettacolare. L’americana Cheer Honey, guidata dal tedesco Gerard Kruger, andò in testa e vinse facile a media di 1’16”4 al Km. Ben diversa era stata la finale del 1964 che avevo seguito in diretta tv con la cronaca di Alberto Giubilo. L’americano Fury Hanover, di proprietà del soprano Anna Moffo, era in testa fino a pochi metri dal palo quando allargò e si fece bruciare da Hurst Hanover. Il driver di Fury Hanover era Gioacchino Ossani che aveva un occhio di vetro. La leggenda racconta che Ossani, a causa della disabilità, non si accorse che Giancarlo Baldi con Hurst Hanover lo stava superando all’interno. La moglie di Baldi, incinta, era a casa davanti alla tv. La gioia fu tanta che dovettero portala subito in ospedale. Mentre il marito ancora festeggiava ad Agnano, lei partorì la figlia Laura.

In tv avevo seguito anche la terza e ultima vittoria del 1962 di Tornese, trottatore tenace, coraggioso, indistruttibile che ebbe in Crevalcore un avversario terribile. Quell’anno, lessi poi, in finale si era consumata la 60esima sfida tra il sauro volante e il moro che non s’arrendeva mai.

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Vivaldo Baldi

Crevalcore sbagliò in partenza, recuperò e finì secondo dietro Tornese che sull’ultima curva sembrava dovesse capitolare sotto i colpi di Newstar. Ma la francese dal nome americano si gettò di galoppo all’ingresso della retta d’arrivo. Tornese era guidato da Sergio Brighenti, Crevalcore da Vivaldo Baldi. I loro duelli dividevano e esaltavano le folle. Non solo con Tornese e Crevalcore, i due qualche anno più tardi ritornarono a battagliare ferocemente: Brighenti con Delfo, Vivaldo con The Last Hurrah.

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Minnucci, Varenne e il Prix d’Amerique

Tornese era stato il più forte: sembrava non dovesse nascere più un cavallo così immenso. E invece arrivò Varenne. Il Capitano ha riscritto la storia del trotto e del Lotteria. La finale del 2002, con la fiera ma vana opposizione di Victory Tilly, per molti è la corsa più bella di sempre. Di certo fu un pomeriggio storico con 25mila spettatori assiepati in ogni angolo di Agnano. Molti giornalisti, per non perdere nemmeno un dettaglio della sfida finale, pericolosamente presero d’assalto il terrazzo di copertura della tribuna principale. Due poliziotti furono spediti ad intimare lo sgombero immediato. Nessuno si mosse, fino a quando Varenne non tagliò il traguardo.

Probabilmente più di venticinquemila spettatori c’erano nel 1976, l’anno di Bellino II. Il gigante normanno era stato al Lotteria dodici mesi prima. In batteria, sulla curva del prato, si trovò in difficoltà . Escluso dalla finale, riuscì a rifarsi parzialmente con la vittoria nella Consolazione. Ma nel 1976 sulla nuova pista da 1000 metri firmò l’albo d’oro, nonostante un eroico Delfo.

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Delfo e Brighenti

L’anno dopo, sempre pilotato da Brighenti, Delfo al Roosevelt Raceway di New York si laureò campione del mondo, ma nel Lotteria non ebbe troppo fortuna: un secondo posto e due vittorie in batteria su tre partecipazioni. Brighenti fu anche il driver di Behave (primo nel 1963), ma si fermo a tre successi, due con Tornese che nella prima vittoria del ’57 era stato guidato da Mario Santi. In testa alla classifica per numero di vittorie figurano ancora oggi Vivaldo Baldi (cinque vittorie, tre con Birbone e due con The Last Hurrah) e il francese Jean Renè Gougeon (una con Roquepine e Bellino II e tre con Une de Mai).

Une de Mai e Gougeon con a fianco un inseparabile, giovane Peupion

Une de Mai e Gougeon

A differenza di Roquepine e Bellino che vinsero tre volte l’Amerique, Une de Mai non riuscì mai ad essere protagonista nella corsa-faro francese. Ma ad Agnano fu imbattile: tre volte prima nel Lotteria, vincendo sempre facile in batteria e in finale. A Une de Mai sono legati i primi ricordi di piccolo scommettitore. Una fila di almeno mezzora per giocare l’ambo vincente nella sala-corse dell’ippodromo: Une de Mai prima in batteria e prima in finale. Le quote al totalizzatore erano sempre le stesse: 11 o 12 in batteria, 12 o 13 al massimo per la finale. Vincite modestissime, grande lo sfizio di sventolare un biglietto vincente.

 

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