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I tagli che non piacciono a Renzi

di Alberto Toro

Tutto in una frase. Un vecchio adagio cremonese “: ‘Se se pol mia, se fa sensa’.  Ovvero: se non si può, si fa senza. In poche parole il livello di spesa pubblica dipende ovviamente da quanto un Paese si può permettere. Non servono tanti giri di parole. Ma non si fa nulla per fermare tutto questo. L’Italia è come se avesse una sorta di compulsione irrefrenabile. Gli americani la chiamano “compulsive buying”.

cottarelli-renzi-575301   Carlo Cottarelli, l’uomo della spending review ha scritto un libro (La lista della spesa, incasso in beneficenza) per raccontare la sua breve esperienza nelle stanze di palazzo Chigi. Un anno e dieci giorni da commissario alla revisione della spesa, un compito arduo, che diventa impossibile se sei stato nominato da Enrico Letta e poi devi “lavorare” con Matteo Renzi. Ed allora bruciato il lavoro di un anno ora per fare la stessa ci sono Yoram Gutgeld e l’economista della Bocconi Roberto Perotti, così vanno le cose in Italia. Anche i numeri sono per alcuni un’opinione. Ma, invece, non è così.

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Cottarelli, l’uomo dei tagli mancati

Numeri. Bastano alcuni numeri. Ci vorrebbe solo una matita rossa e cancellare, depennare, chiudere. Prendiamo in esame quella sorta che sono i nostri ministeri. Sapete quante sono le sedi censite alla fine del 2012? Quasi diecimila. Sono circa 5700 le sedi territoriali dei vari ministeri alle quali si devono aggiungere i 3900 uffici di enti vigilati dai ministeri. Una sede ogni seimila abitanti, giusto per avere un’idea ed inorridire.

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Non si ha idea dello spreco del Paese finché non ci si mettono le mani dentro. Cottarelli aveva individuato più di 600 milioni di euro di tagli ai costi della politica, 255 milioni di risparmi all’anno dall’accorpamento dei piccoli (sotto 10 mila abitanti) Comuni e 3,5 miliardi che salterebbero fuori invece dalla revisione dell’ammontare dei fondi pubblici trasferiti alle ferrovie dello Stato. Diciannove rapporti in tutto in base ai quali Cottarelli identificò l’anno scorso fino ad un massimo di 7 miliardi di tagli possibili già nel 2014, che potevano salire a 18 nel 2015 e a 34 nel 2016.

r Vertice a Palazzo Chigi sui possibili tagli   Con il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, c’erano il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, il ministro dell’Attuazione del Programma

Vertice a Palazzo Chigi sui tagli

Aveva istituito diciassette gruppi di lavoro (13 ministeri più Palazzo Chigi, Regioni, Province e Comuni), ai quali erano state chieste proposte di tagli. Beh cinque gruppi non hanno mai completato il lavoro, giusto per capire ancora una volta come vanno le cose senza che nessuno mai paghi niente.

Ma per i tagli alla politica, qualche cosa abbiamo fatto si dirà, abbiamo cominciato ad abolire le Province. Già. Peccato però, spiega Cottarelli, che lo Stato delle Regioni è ancora organizzato sul modello delle 110 Province (resuscitate?) con i loro 117 capoluoghi. Ed allora: la Giustizia, oltre a tribunali e procure, ha 109 archivi notarili. Il Lavoro, 109 direzioni. Il ministero dell’Economia, per esempio, ha 103 commissioni tributarie, 102 comandi della Guardia di Finanza, 97 uffici dell’Agenzia delle Entrate, 93 Ragionerie territoriali dello Stato, 83 uffici delle Dogane. L’Istruzione, 104 uffici scolastici e 108 sedi del Consiglio nazionale delle ricerche. L’Interno, 106 prefetture e 103 Questure. Aiuto, fermatevi…

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Ministero dei trasporti

Ed invece è un moltiplicarsi di sprechi, sovrapposizioni, doppioni. Abbiamo così cinque forze di polizia (320mila uomini), il che vuol dire cinque strutture ognuna dipendente da un ministero diverso.  Tutte moltiplicato per cinque, perché ognuno ha e difende la sua autonomia: cinque amministrazioni diverse, cinque burocrazie, cinque gestioni indipendenti per acquisti, forniture, divise, manutenzioni, cinque apparati. Il tutto alla fine dei conti per una spesa che nel 2014 ha toccato 21 miliardi.

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Cottarelli e Renzi

Il Corpo forestale dello Stato, vigilato dall’Agricoltura, ha 98 comandi locali. Il ministero dei Beni culturali, 120 soprintendenze e archivi di Stato. Lo Sviluppo economico vigila sulle 105 Camere di commercio, che a loro volta hanno 103 Camere di conciliazione…

Ma non meravigliatevi, questo è un Paese dove ognuno fa come gli pare.  Prendiamo l’acquisto di beni e servizi. Sono appena appena 34 mila gli uffici che gestiscono ogni anno un milione 200 mila procedure: ogni bando costa da 50 mila a 500 mila euro. “Compulsive buying”, l’abbiamo detto.

 

 

 

 

 

 

 

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