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Gli italiani sono ormai una razza in via d’estinzione. Siamo come i Panda, con la piccola differenza che nessuno mobiliterà mai una grande campagna mondiale per la sopravvivenza italica. Il rapporto tra nascite e decessi è negativo da quindici anni. Eppure il mondo cresce. Gli esseri umani diventeranno 9,7 miliardi entro il 2050, e 11,2 miliardi entro la fine del secolo in corso.

Perché riproporre vecchi articoli, reportage, interviste? Volando alto con Giorgio Manganelli, scrittore, giornalista potremmo dire che “una civiltà letteraria non è fatta di letture, è fatta di riletture”. Più semplicemente il ripresentare alcuni articoli rappresenta una grande opportunità. Un modo per scoprire giornalisti o protagonisti di un’altra generazione, di conoscere o ricordare fatti, dimenticati. Per riproporre interviste e reportage dei giorni nostri.

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Gli italiani sono un gruppo etnico in via di estinzione. Non spariremo domani, ma spariremo, se le tendenze individuate dalla Population Division del Department of Economic and Social Affairs dell’Onu non verranno invertite. E non c’è ragione per sperare che questo avvenga, perché il rapporto fra nascite e decessi nel nostro Paese è negativo dal 1990, e nel 2015 ha raggiunto il livello più basso, cioè – 1,1 per cento. Il tasso di fertilità resta sotto il livello necessario a rimpiazzare la popolazione attuale, e la nostra età media è fra le più alte tra i Paesi sviluppati, con tutti i problemi che questo comporta per la sostenibilità del sistema previdenziale.

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Il Palazzo di Vetro ha appena pubblicato il rapporto “World Population Prospect: The 2015 Revision”, ossia la revisione aggiornata delle previsioni per la crescita della popolazione. Gli esseri umani diventeranno 9,7 miliardi entro il 2050, e 11,2 miliardi entro la fine del secolo in corso.

Nei prossimi 35 anni la crescita sarà concentrata in nove Paesi: India, che nel 2022 scavalcherà la Cina come nazione più popolosa, Nigeria, Pakistan, Repubblica democratica del Congo, Etiopia, Tanzania, Usa, Indonesia e Uganda. Tra il 2015 e il 2050, oltre la metà della crescita della popolazione mondiale avverrà in Africa, dove in pratica raddoppierà.

1400168321-europa-bandierineL’Europa, invece, è il continente che sta invecchiando con più rapidità: nel 2050 il 34 per cento dei suoi abitanti, ossia più di un terzo, sarà oltre la soglia dei sessantanni d’età. Non serve un genio della matematica per capire al volo che in queste condizioni i nostri sistemi assistenziali, le pensioni, la sanità, saranno insostenibili. E la nostra forza lavoro è destinata a precipitare, a meno di rispondere al calo delle nascite accettando abbastanza immigrati per riempire il vuoto delle culle.

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In questa situazione generalmente preoccupante per l’Europa, quella dell’Italia comincia ad essere drammatica. La nostra popolazione è ferma: 59,771 milioni nel 2013, 59,789 nel 2014, 59,798 nel 2015. Variazioni insignificanti. In totale, un incremento secco dello 0,07 per cento.
Le prospettive diventano ancora peggiori, se consideriamo i dati più specifici ed eloquenti. Ad esempio la “rate of natural increase”, che significa il rapporto fra le nascite e i decessi, e quindi è il vero indicatore delle prospettive future del Paese.

In Italia questo dato è negativo dal 1990, ma nel 2015 ha raggiunto il valore peggiore di sempre, cioè -1,1. In altre parole, i decessi diventano sempre più delle nascite, e anche qui non serve un genio per capire cosa voglia dire questo dato per una nazione. La nostra età media è salita a 45,9 anni, e fra i Paesi più sviluppati peggio di noi ci sono solo il Giappone, con 46,5, e la Germania, con 46,2.
Davanti a questi numeri, diventa inevitabile chiedersi di cosa parliamo, quando facciamo polemiche sull’immigrazione. Chi pagherà le tasse, le pensioni, la sanità, i servizi, se continuiamo ad invecchiare così? E chi continuerà a fare almeno il lavoro che svolgiamo oggi ogni giorno, se gli italiani che muoiono saranno sempre più di quelli che nascono?

(Paolo Mastrolilli, la Stampa)

 

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