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I professionisti del Pacifismo

 di Giuseppe Crimaldi

Partecipare ad un corteo “pacifista” può essere cosa molto utile e istruttiva per chi, superato il mezzo secolo di vita, crede di averne viste già tante nel suo lavoro di cronista.

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Sabato 24 ottobre a Napoli si è radunato il “must” delle sigle che – in nome del “no” alla Nato e alle sue imminenti esercitazioni che trasformeranno il Mediterraneo nel più imponente teatro di guerra virtuale mai visto da 70 anni a questa parte – hanno radunato un migliaio di indignados davvero speciali. Dal Veneto alla Toscana, dalla Sicilia al Piemonte: un fiume umano ha sfilato lungo le vie del centro, per poi confluire verso la Prefettura per “consegnare una lettera nella quale si chiede al governo di bloccare l’accesso di spazi aerei e acque territoriali ai militari dell’Alleanza Atlantica”.

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Tutti uniti appassionatamente sotto le più diverse sigle della protesta all’arrabbiata. Quella dura e pura, dei senza se e senza ma. I legionari del “no” – degni epigoni della scuola che del negazionismo a tutto, ma proprio a tutto, fa la sua bandiera (“No Dal Molin” “No Muos” “No Tav” “No Bce” – non si sono smentiti neanche questa volta. Ma che senso ha sfilare in nome e per conto della pace quando poi si resta strabici? A che serve agitare le bandiere arcobaleno, mettendo i fiori sempre negli stessi cannoni, e non c in quelli dei propri amici? Vecchio vizio culturale di una certa sinistra duro a morire, che partorisce furbate da quartierino ormai ben note.

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E allora si ripete, come si è puntualmente ripetuto anche a Napoli, che in piazza vada in scena una farsa. Già, perché – se non altro – accanto all’odio per la guerra (giusto, sacrosanto e legittimo) ti aspetteresti quell’onesta intellettuale che porta a sollevare striscioni anche contro le violenze sanguinarie chessò di un dittatore fetido e resistente qual è Assad; vorresti ascoltare slogan scanditi contro Putin, il presidente turco Erdogan, o magari contro le armi chimiche testate dal celeste amato leader nordcoreano Kim Jong Un. E invece niente. Non una sillaba. Ti piacerebbe sentire anche un “No” contro gli stupri di massa perpetrati alle povere ragazze yazide, o una parola sola in favore del popolo curdo. Zero assoluto: il cuore non sempre fibrilla allo stesso modo.

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E allora ecco che quelli che non mollano mai tirano fuori dal cascione il loro pezzo forte: l’odio contro gli unici due imputati di tutto ciò che di più nefando e terribile accade ogni giorno nel mondo. Cioè l’America e Israele. “Signa inferre”: in alto le insegne. Le legioni del pacifismo alla pummarola – con i suoi prodigiosi manifestanti strabici – hanno offerto l’ennesimo triste spettacolo contro i satanassi dell’oligarchia pluto-giudaico-massonica che regge le sorti dei popoli. Cioè contro gli Usa e contro Israele. Confondere le acque, quando esse sono già molto torbide, è un trucco che riesce sempre. Peccato sia roba da bari.

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Perché è un volgare gioco da bari il non ricordare l’Isis con i suoi crimini, mentre si sfila per la pace nel mondo; è da mistificatori non inserire nei bolsi cori antioccidentali una sola parola che faccia riferimento alle torture sistematiche ancora oggi commesse dai guardiani della rivoluzione degli ayatollah iraniani; ed è complice di un silenzio colpevole anche inneggiare alla Palestina governata da Hamas, che continua a incitare la sua incolpevole ma manovrabilissima gente a pugnalare gli ebrei mentre prendono un autobus o escono di casa con i loro bambini. Non una sola parola su questo. Lunga vita al pacifintismo…

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