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La questione mafiosa

di Corrado Ocone

La mafia è paradigma e sintesi della “questione meridionale”. Non è facile che un popolo, anzi una massa amorfa di gente ridotta a bestie, che per secoli è vissuta all’ombra di sovrani, signorotti, boss, capibastone, e da ultimo di uno Stato visto come una semplice mammella da cui attingere risorse; non è facile per un popolo siffatto riscattarsi

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C’è un sapore di stantio, rancido, nell’Italia che evoca il nome di Bernardo Provenzano, il boss mafioso morto all’età di 83 anni. Che non è solo o semplicemente l’Italia criminale o mafiosa, ma è più propriamente un contesto storico-sociale fatto di arcaicità premoderna e incultura contadina.

Un universo segnato da povertà o miseria certamente, ma anche da una scarsa voglia di riscattarsi o di rompere le barriere che ingabbiano vite e percorsi. Un mondo omertoso, ma che, criminale o meno che sia, non concepisce nemmeno lontanamente l’idea di poter fare da soli nella vita, senza cercare o dare protezioni. Sembra che non esista altro obiettivo, in questa Italia, che voler essere protetti e, quindi, farsi servi di qualcuno. Protetti dal boss o dal politico, dalla mafia o dallo Stato, poco importa.

 Corrado Ocone

Corrado Ocone

Quanta distanza da quell’Italia che pure c’è stata e c’è, e che più massicciamente vorremmo che ci fosse, fatta di voglia di fare e costruirsi con le proprie mani il proprio futuro, di intraprendere, di essere liberi e di non dover chiedere nulla come un favore, di essere in una semplice parola uomini e non servi. Un’Italia di imprenditori non del terrore o della violenza, ma delle idee e de delle innovazioni.

La “questione meridionale”, di cui la mafia è paradigma e sintesi, è tutta qui. Certo, non è facile che un popolo, anzi una massa amorfa di gente ridotta a bestie, che per secoli è vissuta all’ombra di sovrani, signorotti, boss, capibastone, e da ultimo di uno Stato visto da lontano e come una semplice mammella da cui attingere risorse; non è facile per un popolo siffatto riscattarsi.

bernardo provenzano, corleone, giovanni brusca, leoluca bagarella,

Riina, Provenzano,Brusca e Bagarella

Ma è un popolo che, dobbiamo avere il coraggio di ammetterlo, quasi sempre non ci ha nemmeno provato, non ha osato.

Non ha perciò senso invocare, come ha fatto Repubblica, la riapertura del fronte fallimentare del meridionalismo: la “questione meridionale” è la questione dei meridionali, tutti a loro modo complici di un mondo in cui può vivere e prosperare ancora oggi, nel terzo millennio, un Provenzano.

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Provate ad andare a Napoli o a Bari o a Palermo, a inoltrarvi poi nella provincia più profonda, e provate ad ascoltare la gente: l’odio per il capitale, l’imprenditore, il denaro, è profondo, come l’ostilità a chi vorrebbe portare un po’ d’aria nuova in un contesto che è abituato a ripetere da secoli le proprie abitudini, i propri gesti, i propri errori. Ad amare coloro che lo incatenano, a desiderare quelle stesse catene.

Ancora oggi, lamentele, vittimismi, complottismi, mai un’idea innovativa o una capacità vera di rompere col passato. E mai la capacità che è degli uomini liberi, di assumersi le proprie responsabilità. La responsabilità è sempre degli altri, nel mondo dei Provenzano.

 

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