di Paolo Isotta
Ogni anno a settembre il convegno “Le due culture” riunisce al Biogem scienziati e umanisti a dialogare su di un tema prefissato. Io sono stato ospite le scorse due sessioni e lo sarò alla prossima, sul tema cruciale ricavato da un’asserzione di Popper “Tutti gli animali, io pure, si esprimono.”
Dante chiama l’Italia “il giardino d’Europa”: e davvero ogni suo angolo è uno scrigno impareggiabile di bellezza. Io sono napoletano con sangue, anche, laziale, sannita e piemontese ma fino a due anni fa conoscevo poco l’Irpinia. Prato, bosco, collina, montagna: belli come nel Sannio.
In antico gl’Irpini erano una delle comunità delle genti sannitiche. L’Irpinia è oggi una combinazione di Svizzera e Alto Adige che non possiede vette alpine altrettanto alte ma ch’è percorsa da continue estensioni d’uliveto nostrano, il che la rende affatto superiore. A ogni passo il paesaggio muta. Retaggi del mondo antico proseguono con quelli normanni e fridericiani.
Ad Ariano Irpino, ove nel 1140 si tennero, convocate da Ruggero il Normanno, le Assise, prima costituzione europea, nel museo del Castello si conserva un pilum, il formidabile giavellotto delle legioni romane, uno dei pochi esistenti.
E’ lì che Gaetano Salvatore (“Nino”), scomparso nel 1997, uno dei padri della moderna endocrinologia, convenne coll’arianense Ortensio Zecchino per fondare il Biogem, del quale fra pochi giorni si festeggia il decennale.
Al centro di una valle giacciono i trentamila metri quadrati di quest’istituto di ricerche genetiche, oggi presieduto da Zecchino.
Ti parrebbe d’essere in Svizzera, mi ripeto, se non vi fossero gli ulivi: ma svizzere sono l’efficienza, la pulizia, la discrezione. Italiana la genialità, grazie alla quale il Biogem è all’avanguardia europea per certi versi, mondiale per altri. Per esempio il suo stabulario murino è stato definito dal premio Nobel Mario Capecchi il più avanzato del mondo. I topi vi stanno a dimora e servono per le ricerche genetiche: inoltre senza esser torturati.
Le ricerche le quali ivi si svolgono attengono la biologia molecolare, la bioinformatica, la tossicologia dei sistemi biologici, l’immunogenetica, la nefrologia traslazionale, l’oncologia molecolare, il funzionamento della mente. Nei dieci anni l’istituto è stato in crescita costante: da una iniziale cifra impiegata di un milione e quattrocentosettantacinquemila euro si è giunti a sei milioni e ottocentodiciottomila, da quattordici elementi del personale di ricerca a cinquantadue. Vi si rilascia una laurea magistrale in Scienze e Tecnologie genetiche. I premi Nobel stati ospiti al Biogem sono Rita Levi Montalcini, Torsten Wiesel, Mario Capecchi, Renato Dulbecco, Erwin Neher, Oliver Smithies.
Ogni anno a settembre il convegno “Le due culture” riunisce scienziati e umanisti a dialogare su di un tema prefissato. Io sono stato ospite le scorse due sessioni e lo sarò alla prossima, sul tema cruciale ricavato da un’asserzione di Popper “Tutti gli animali, io pure, si esprimono.”
Altri temi sono stati “Il Tempo”, “La Menzogna”, “La Memoria”, “La Bellezza”. Io ho avuto l’immenso privilegio di tenere una lezione sugli ultimi due in rapporto alla musica.
Una delle idee per me più importanti, alla quale sono giunto grazie alla force de l’âge, è che noi italiani siamo i primi del mondo: in tutto: salvo che ci rodono due serpenti, l’invidia reciproca e l’odio verso noi stessi. Il Biogem è la prova luminosa che è possibile uccidere i due rettili alla nascita e realizzare mirabilmente.
Ortensio Zecchino, uno dei miei amici del cuore, è stato ministro e a lungo parlamentare: è uno dei più importanti nostri storici del diritto, presidente anche del “Centro di studi normanni” e impareggiabile cultore fridericiano: due anni fa editò la monumentale opera dell’Imperatore sulla falconeria. Ma è la sua ricca umanità quel che più ammiro in lui.
(Paolo Isotta, il Fatto Quotidiano)