di Emiddio Novi
Marchionne ha paura e fa autocritica. Il populismo, da Trump alla LePen , lo terrorizza. I signori della dittatura turbofinanziaria, che come lui, volevano imporre in occidente salari, sistemi produttivi e ferocia padronale asiatici, ingranano la retromarcia. All’orizzonte intravedono, minacciosa, la ghigliottina della storia
E allora ecco la tardiva e interessata autocritica: “non possiamo demandare al funzionamento dei mercati la creazione di una società equa”, proclama Marchionne. “I mercati non hanno coscienza, non hanno morale, non sanno distinguere tra ciò che è giusto e ciò che non lo è.” E ancora:” l’efficienza non è e non può essere l’unico elemento che regola la vita. C’è un limite oltre il quale diventa avidità….”
Marchionne rinnega i principi cardine della turbofinanza. Quelli che hanno piallato la classe media in tutti i Paesi sviluppati, che hanno desertificato industrie, piccoli commerci, agricoltura che non fosse controllata dalle multinazionali agroalimentari.
Capannoni industriali abbandonati, uomini abbandonati a un destino infame, famiglie distrutte dalla crisi, disperazione suicida, un mondo che si sgretola sotto i colpi di maglio dell’egoismo omicida di poche migliaia di criminali che sono peggio dei mafiosi: questo è il mondo creato dalla grande finanza. Con i media che controllano, i satrapi del denaro scatenano campagne moraliste assecondate da partiti creati dal nulla. Tutto sovrastruttura, direbbe Marx, tutto software dicono i sociologi. Partiti disossati senza principi e senza morale. Che oscillano come un pendolo da destra a sinistra e scandiscono il grande inganno ordito dai faraoni del denaro.