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Voglia di politica
Voglia di partiti

 di Giuseppe Mazzella

Credo che la mia generazione – quella formatosi nella contestazione giovanile del ‘ 68 – abbia fatto un grande errore  nel 1992, circa  24 anni fa, sulla scia dei grandi scandali di “ tangentopoli” che portarono alla dissoluzione indiscriminata di tutta una classe politica a tutti i livelli, a promuovere, a sostenere, a cancellare, il sistema dei vecchi partiti del ‘900 – la Democrazia Cristiana, il Partito Socialista Italiano, il Partito Repubblicano Italiano, il Partito Liberale Italiano, –  le cui classi dirigenti avevano governato il Paese per circa 50 anni con “ formule di coalizione” con luci e ombre

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Discorso a parte merita il Partito Comunista Italiano  che se da un lato usciva – perché sempre all’opposizione – bene o male immune da “ tangentopoli” dovette affrontare il crollo storico dell’ Unione Sovietica e del “ comunismo reale”, il crollo del muro di Berlino e la riunificazione della Germania con la fine della “ guerra fredda”. Il Pci dovette cambiare nome e divenne da “ comunista” semplicemente “ democratico di sinistra” senza neanche un qualche riferimento al “ socialismo” ed ancora più indistintamente i  postcomunisti si fusero con i postdemocritiani  dando vita ad un “ partito democratico” con una abrasione violenta di circa 100 anni di storia e di rispettive posizioni antitetiche.

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SIlvio Berlusconi e Gianfranco Fini

La distruzione dei partiti tradizionali di governo  determinò la nascita di nuovi partiti che non avevano più una matrice o identità ideologica ma non avevano neanche più una nuova classe dirigente. Il grande comunicatore, Silvio Berlusconi, scese in campo e creò il partito-azienda che si chiamò “ Forza Italia”. I primi dirigenti politici li prese dalle sue aziende di comunicazione e poi iniziò la “ campagna acquisti” – come se la politica fosse il suo Milan  – prendendo dirigenti da ogni partito della vecchia politica dal partito comunista a quello socialista. Ma Berlusconi fece di più: “ sdoganò” l’estrema destra ex-missina e postfascista di Gianfranco Fini e la chiamò al governo determinando la caduta dopo oltre 50 della “ pregiudiziale antifascista” e l’abbattimento del cosiddetto “ arco costituzionale” dal quale i postfascisti erano esclusi e dove i comunisti erano ammessi dai socialisti ma non dai democristiani che non li vollero mai al governo.

Aldo Moro a Tribuna elettorale

Aldo Moro a Tribuna elettorale

Con i nuovi partiti cominciò una Seconda Repubblica mai nata da una riforma costituzionale ma con nuove leggi elettorali – dopo circa 50 anni di “ proporzionale pura” –  e questa fase politica venne chiamata di “ transizione” verso una Terza Repubblica.

Questa “ transizione”  lunghissima da 24 anni pare avviata verso la fine ,con il referendum costituzionale del prossimo ottobre, perché questi nuovi partiti non sono stati capaci ovunque in Italia di formare una buona classe dirigente. E’ cambiato – in peggio – il sistema di “ formazione” o di “ reclutamento” delle classi dirigenti.

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I vecchi partiti erano organizzati sul territorio italiano. Erano presenti quasi in ognuno degli 8mila Comuni italiani piccoli e grandi con proprie “ sezioni” che avevano iscritti, militanti, quadri dirigenti. Ogni sezione era diretta da un “ consiglio direttivo” eletto dall’assemblea degli iscritti. Il direttivo eleggeva il “ segretario della sezione”.

Nelle sezioni – alcune più grandi, altre più piccole, alcune più vive, altre meno – si  sviluppano i dibattiti politici e si imparava a discutere, ad affrontare le problematiche non solo nazionali ma locali non solo con passione ma soprattutto con competenza. In queste sezioni nascevano e si formavano – in  larga misura – i dirigenti che poi venivano eletti al Comune, alla Provincia, alla Regione ed al Parlamento. C’era una “ carriera politica” da fare ed era difficile entrare nel Direttivo della Federazione Provinciale o in quella Regionale. La “ carriera politica” iniziava nel Consiglio Comunale del proprio paese e per chi aveva talento, forza, ambizione, proseguiva alla Provincia o alla Regione e fino in Parlamento.

Il Grande Errore della nostra generazione è stato quello di distruggere i vecchi partiti mentre invece bisognava rigenerarli, rinnovarli, purificarli.

DA SX PIETRO NENNI, FRANCESCO DE MARTINO, BETTINO CRAXI ALLA RIUNIONE DEL PSI NEL 1976

Nenni, De Martino e Craxi: tre segretari del Psi

Questa dissoluzione dei vecchi partiti ha portato alla “ tragedia dei socialisti” che è diventata una “ tragedia nazionale” perché l’Italia è l’unico Paese europeo che non poteva avere un “ partito socialista” e nemmeno i postcomunisti  potevano chiamarsi neosocialisti.

I socialisti con Craxi ed il craxismo ebbero una “ mutazione genetica” diventando un partito di “ nani e ballerine” (definizione di Rino  Formica) dove Riccardo Lombardi e Francesco De Martino si sentivano “ estranei”. De Martino  l’ultima volta che fu eletto senatore alla fine degli anni ‘80  lo fu in un collegio dove i comunisti non si presentavano per favorire la sua elezione.

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Craxi e Berlinguer

Il Partito Socialista francese di Mitterrand  nacque nel 1971 dalle ceneri della Sfio ( Sezione Francese dell’ Internazionale Operaia). Ha cambiato molti segretari e molte linee politiche. Ma non si è sciolto e non ha cambiato nome. Tiene ogni anno in piena estate una specie di “ assemblea ideologica e programmatica”. Quest’anno si riunisce il 29 agosto a Colomiers, una città vicino a  Tolosa, ed ha per tema: “ L’ essentiel, c’est la Republique”.

La Sdp tedesca non si è sciolta e partecipa al governo con la Cdu di Angela Merkel. In Francia e Germania – i due paesi forti dell’ Unione Europea – i vecchi partiti si sono rinnovati ma non sono scomparsi. I confini tra destra e sinistra si sono terribilmente accorciati. Quello che conta ormai è la qualità della classe dirigente. Su certi temi la “ destra” francese che è gollista e che si chiama semplicemente “ I Repubblicani” è avanti dieci anni rispetto alla “ sinistra” ( ma dove è?) in Italia.

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Gustavo Zagrebellsky

 

La competizione tra “ destra” e “ sinistra” in Europa è sulla “ qualità” della classe dirigente e sulla concezione di “ Repubblica”. Uno degli argomenti più forti dei sostenitori del No alla riforma costituzionale proposta da Renzi è proprio la qualità della classe dirigente. Il professore Gustavo Zagrebellsky, presidente nazionale del Comitato per il No, sostiene che  se il sistema funziona male la responsabilità non è della Costituzione vigente ma di “ una classe politica incapace, corrotta, inadeguata”.

Di recente Mariano D’Antonio, uno dei più grandi economisti di sinistra d’ Italia, ha scritto delle “ Istituzioni senza qualità” partendo dall’ ultimo Bollettino Economico della Banca Centrale Europea (Bce) che “ attribuisce alla qualità delle istituzioni un ruolo preminente nel promuovere lo sviluppo economico di un paese”.

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Mariano D’Antonio

L’analisi della Bce– scrive D’ Antonio – è impietosa nel caso dell’ Italia che tra le economie dell’ Europa dimostra di possedere istituzioni qualitativamente tra le più deboli”. D’Antonio cita ancora un recente studio di due giovani economisti meridionali, Annamaria Nifo e Gaetano Secchione,sulla “ qualità delle istituzioni italiane” in base a 24 parametri fra i quali “ la partecipazione dei cittadini”, “ l’efficacia di Regioni, Province e Comuni”, “ la certezza del diritto”.

La Campania è all’ultimo posto. Secondo D’ Antonio cioè che è preminente nel Mezzogiorno non è trovare danaro pubblico da spendere ma riformare le istituzioni locali. La conclusione è che “ finanziamenti pubblici e qualità delle istituzioni” sono interdipendenti poiché “ gli investimenti pubblici servono a rafforzare le buone istituzioni”.

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Marco Pannella, campagna referendaria per l’aborto

I vecchi partiti sollecitavano  la “ partecipazione dei cittadini” e permettevano la formazione di una migliore classe dirigente. Basta assistere ad un consiglio comunale delle nostre realtà locali per avere contezza della “ qualità della nostra classe dirigente”.

Se un grande compito  vuole avere una generazione,che non può avere alcuna ambizione di potere ma solo lottare per i propri figli e nipoti, è quello di ricostruire  una “ partecipazione politica” attraverso seri partiti per migliorare la qualità delle nostre Istituzioni dal Parlamento al Consiglio Comunale del più piccolo degli 8mila Comuni italiani. La Repubblica comincia e vive proprio lì.

 

 

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