t

Trump, fortissimamente Trump

 di Maria Giovanna Maglie

Crollino le borse, svengano i futures, tremi lo yen, tanto la rivoluzione è arrivata. Donald Trump è il quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti d’America. Ha vinto il voto popolare, ha vinto il voto elettorale ha sfondato il muro blu degli stati sicuri dei democratici, ha vinto tutti gli Stati repubblicani a dimostrazione che l’ostilità del partito non lo ha toccato, tanto è vero che porta a casa assieme alla Casa Bianca la maggioranza della Camera, che era prevista, la maggioranza del Senato, che era fortemente messo in dubbio. Se non è rivoluzione questa… Era dal 1928 che un repubblicano non faceva cappotto.

t

Addio Hillary Clinton rancorosa e incapace di accettare la sconfitta fino all’ultimo, che non ha avuto neanche il fegato di presentarsi al suo sontuoso quartier generale di New York e ha mandato il solito vecchio John Podesta a raccontare balle su conteggi troppo lunghi per essere definitivi, quando tutti sanno che i conti sono fatti. Non era l’altro l’eversivo, quello accusato di non voler accettare l’inevitabile risultato? La storia è andata avanti senza di lei e senza di loro, i democratici ricominciano da zero. La Clinton cerca di riprendersi con la telefonata d’obbligo in cui ammette la sconfitta, facendo una doppia figuraccia.

2581651

Donald Trump, il 45esimo presidente degli Stati Uniti

Donald Trump ha vinto contro tutto e contro tutti concludendo in modo trionfale una avventura solitaria cominciata poco più di un anno fa quando a sorpresa nello scherno generale annuncio l’intenzione di candidarsi per fare l’America grande di nuovo, far fuori i mandarini del Partito Repubblicano il quale si era da poco iscritto, portare l’attacco del maschio bianco impoverito e arrabbiato americano al cuore del sistema corrotto di Washington.

Quello scherno l’ha accompagnato per l’intero percorso e si è mescolata a una grande rabbia e al livore fazioso praticamente di tutti i giornali e di tutte le televisioni americane e mondiali che ieri sera hanno conosciuto una sconfitta e una umiliazione cocente, dalle quali non sarà facile riaversi.

174757327-2d06201f-ab0d-489c-a707-c76fc773c23a

Il crollo di Hillary

Per un Donald Trump trionfante contro tutto e contro tutti c’è una Hillary Clinton sconfitta nonostante il favore di tutto e di tutti, nonostante centinaia di milioni di dollari spesi in una campagna elettorale che sembrava un caterpillar imbattibile, l’appoggio smaccato delle banche, della finanza mondiale, degli imprenditori del web e del digitale.

Nessun candidato in passato aveva avuto appoggi e garanzie così forti, nessuno era stato praticamente incoronato, eppure non è servito e non è bastato.

Anche le categorie che avrebbero dovuto soccorrerla e accompagnarla verso il trionfo non si sono presentate in massa come era stato loro richiesto. Non i neri, non le donne, non gli ispanici, nemmeno i tanti abitanti delle metropoli. Hillary Clinton era un candidato sbagliato perché considerata tutt’uno col potere col familismo, perfino al di là delle sue personali responsabilità.

Elton John performs for Democratic presidential candidate Sen. Clinton's campaign in New York

Il crollo dei Clinton

Un ex first lady ha troppe informazioni sulla Casa Bianca per candidarsi a sua volta presidente. Il periodo da segretaria di Stato era troppo pieno di ombre e peccati innominabili, non c’era nella secchiona  dell’ Illinois il carisma necessario per superare questi handicap e non sono bastate le trasfusioni massicce di sangue portatele da tutto il mondo dello spettacolo, dai divi di Hollywood, da suo marito Bill, da Michelle e Barack Obama.

obama-a-dallas-817849

Obama, il grande sconfitto

Per un Donald Trump  trionfante c’è un Barack Obama sconfitto e umiliato tanto quanto la sua candidata alla successione. Nessun presidente degli Stati Uniti prima di lui aveva travolto le regole che vogliono il capo della Casa Bianca fuori dall’impegno diretto di una campagna elettorale in modo così massiccio. Obama ha fatto comizi ovunque assieme a sua moglie e da solo, ha fatto appello alla sua constituency perché facesse un atto di fede verso Hillary Clinton, ha fatto ricorso alla minaccia, alle vocazione di un futuro terribile, al caos dopo di lui se mai fosse arrivato un personaggio pericoloso eversivo e inaffidabile come Donald Trump. Faceva capire che in ballo c’era la sua Legacy, l’eredità del cambiamento rivoluzionario che ha ritenuto di portare in 8 anni di mandato. Se il voto di oggi è anche un giudizio su quella Legacy, la bocciatura è senza appello.

c_2_fotogallery_3006356_2_image

Per un Donald Trump trionfante ci sono centinaia di giornali ed emittenti televisive letteralmente massacrati dal risultato. E in loro compagnia viaggiano istituti di sondaggio e guru delle previsioni elettorali tutti insieme appassionatamente incapaci di cogliere un cambiamento epocale nell’orientamento del lettorato americano.

Non sono stati capaci di guardare oltre il proprio naso, avevano già deciso chi sarebbe stato il vincitore è pervicacemente hanno costruito intorno al vincitore anzi alla vincitrice un castello di convenzioni e di numeri tutti fasulli. Colpisce duramente tanta incapacità perché medie e sondaggi americani sono sempre stati degni del massimo rispetto.

10306234_1082268761824650_5247540171822348877_n

Leggere sul New York Times, che per mesi ha raccontato Trump come un bandito, come un nuovo Hitler e Mussolini, che non gli dava il 10 per cento di possibilità di vittoria fino al 7 novembre, che invece la performance del candidato repubblicano era incredibilmente forte e brillante, che le sue possibilità di vittoria andavano gradualmente ed esponenzialmente aumentando, suscitava un senso di pudore violato. La Lady in Gray signora del giornalismo mondiale è naufragata miseramente sugli scogli del politically correct. I giornali europei e segnatamente quelli italiani sono andati dietro ai vari New York Times e Washington Post eccetera eccetera e hanno fatto naturalmente la loro brava pessima figura anche loro, tutti accomunati da un parrucconismo e da una superficialità di giudizio che impedivano di capire quel che era sotto gli occhi di tutti, ovvero che piacesse sì o no l’uomo dal riporto rosa, era diventato l’icona in un grande sentimento di protesta nazionale.

TOPSHOT-AUSTRALIA-US-VOTE

Per un Donald Trump trionfante contro tutto e contro tutti e ormai presidente Donald Trump, c’è un mistero dell’uomo e del politico Trump ancora tutto da comprendere. Non hanno aiutato le faziosità e le chiusure del resto del mondo, non ha aiutato neanche il carattere aspro dell’uomo, che però quella cifra aveva scelto per parlare direttamente al paese saltando tutti i mediatori.

1a2e29c35397b49438a71e57fd0d7e07-ktli-u10901243050467zmh-1024x576lastampa-it

Renzi e Obama, con Agnese e Michelle

Ora a quei mediatori dovrà parlare per forza perché non li può né li vuole eliminare manu militari e perché dovrà dotarsi (e lo ha già preparato) di un transition team, un gruppo di lavoro alto che lo porterà verso l’insediamento col governo il 20 gennaio, che si incarichi insieme a lui di rassicurare i mercati, precisare i termini di rapporti con la Nato, allentare le tensioni con la Russia, chiarire alcuni rapporti con alcuni importanti capitali europee, tra le quali non c’è l’Italia, nonostante la fervente opera di leccaggio messa insieme dal consigliere Jim Messina con il recente viaggio di Matteo Renzi e dei suoi cari a Washington.

  ( Maria Giovanna Maglie,  Dagospia)

 

 

CondividiShare on Facebook0Tweet about this on TwitterPin on Pinterest0Share on Google+0Share on LinkedIn0Email this to someone

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>

Altri post dello stesso Autore