Sanremo Music Festival 2017

Il cimitero degli elefanti
Ron, Al bano e Gigi D’Alessio

di Iolanda Siracusano

Meno uno. Soltanto un’altra serata e questo Sanremo possiamo finalmente consegnarlo alla memoria, imprigionarlo fra i ricordi. Siamo alla fine ormai, non ci mancherà, meglio così. Lento, ingessato, pesante, proprio come i due padroni di casa, Carlo Conti e Maria De Filippi che non hanno certo brillato per simpatia o eleganza, due crisantemi dalla città dei fiori. Senza infamia e senza lode, una festival camomilla, sbadigli e voglia di andare a letto. Senza emozioni. Ed è proprio questo il problema vero.

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Iolanda Siracusano

Necessaria a questo punto una premessa: la musica è l’organizzazione dei suoni nel tempo e nello spazio e per suono si intende la vibrazione di un corpo elastico, di strumenti o corde vocali, che si propaga nell’aria fino a raggiungere l’apparato uditivo dove, con meccanismi che non siamo qui ad analizzare, o facciamo una lezione di acustica, si crea una sensazione. Se la sensazione è piacevole è un suono, se non lo è, siamo davanti ad un rumore: il classico graffio che stride su una lavagna. Questo lo pensavano già gli antichi greci, e ancor di più lo sottolineavano a metà del 1600 i nostri più grandi madrigalisti, secondo i quali la musica non solo doveva necessariamente distinguersi da una successione di rumori, doveva altresì muovere gli affetti, suscitare o placare le passioni umane.

Sanremo: terza serata; Paola Turci

Paola Turci

Bene. Questo per dire sostanzialmente che nella nostra classifica saranno presenti solo 10 canzoni in gara e saranno quelle che secondo noi saranno state in grado di muovere qualche affetto, di suscitare o placare una passione umana. In sostanza, canzoni capaci di creare uno stato d’animo, un’emozione. Che sia di gioia o di malinconia ha poca importanza, l’importante è che le canzoni non siano una sfilza di note e parole che scorrono senza un perché, fredde, inutili, superflue, invadenti.

Sarà che sono di una generazione cresciuta a Beatles e Rolling Stone, un tempo i talent non sfornavano ancora artisti (che parolone) un tanto al chilo. Un tempo anche le canzonette presentate a Sanremo dovevano avere una loro dignità, anche se non erano firmate da un Lucio Battista, un Lucio Dalla, un Fabrizio De Andre, un Ivano Fossati, un Francesco De Gregori, un Pino Daniele, un Eduardo Bennato o De Crescenzo, per citare qualche artista vero.

Sanremo Music Festival 2017

Francesco Gabbani

Il vero problema è che di musicisti sul palco di Sanremo ne salgono troppo pochi. Forse al Festival di Sanremo dovrebbero gareggiare solo cantautori, musicisti che compongono la loro stessa musica, non gente che arriva a Sanremo per un taglio di capelli alla moda e un sorriso Durbans mozzafiato per urlare canzoni altrui e venderle come venderebbero un chilo di patate fracide al mercato. E magari anche chi ha una voce interessante, che se anche non scrive le canzoni che canta, almeno le sa interpretare con uno stile personale, originale, senza imitare necessariamente star di successo con l’unico effetto di produrre nell’aria nient’altro che inquinamento acustico.

Ridiamo la nostra classifica, questa volta in una formula da podio. La classifica del nostro Sanremo è questa qui.

16707190_10212255057115500_1799821599_n L’ottava meraviglia-Ron La nuova canzone sanremese di Rosalino Cellamare non è un capolavoro come le sue mitiche “Jo Temerario” o “Per questa notte che viene giù”, ma Rosalino si conferma uno dei pochi cantautori italiani che sanno ancora rinnovarsi e soprattutto sanno provarci. Il testo non è una smielata di cuore totale, ha un senso e lui l’ha interpretata sentendo ogni parola. Naturalmente eliminato.

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Occidentali’s Karma-Francesco Gabbani E’ il disco più allegro e pimpante del Festival. Il disco dell’estate senza ombra di dubbio. Ottima anche l’interpretazione, ironica come del resto è il contenuto del suo brano. Testo divertente. Forse la gente dovrebbe smettere di stressarsi consapevolmente a tutti i costi pur di ricorrere a danno fatto alle filosofie orientali tanto di moda oggi per provare a lavarsi la coscienza.

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Che sia benedetta-Fiorella Mannoia  Non passa di certo inosservato il testo più politico e sociale in gara. Un urlo di tolleranza e di rispetto per la vita. Qualsiasi vita. Se non fosse che ce lo aspettavamo tutti, un testo così importante, forse avrebbe strappato il nostro primo posto. Speriamo riesca a strappare il Premio Mia Martini. Niente da eccepire sulla naturale eleganza e l’interpretazione di Fiorella. Perfetta.

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Con Te-Sergio Sylvestre La voce. Il punto di forza di questo giovane Big ancora sconosciuto a chi non guarda i talent-sforna-artisti-un-tanto-al-chilo, è la voce. Sylvestre ha un futuro assicurato. Speriamo solo riesca a non farsi spolpare dalle logiche commerciali del mondo discografico-televisivo. Se son rose, fioriranno. Musica e testo sanremese dop, ma almeno a cantarla è stato un potenziale bluesman.

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Di rose e di spine-Al Bano Carrisi Nei primi cinque Al Bano ci deve finire. Per coerenza, per coraggio e perché di voci come la sua che ricordano i tempi del “bel canto italico”, l’Italia ha ancora bisogno per mantenere un pur sempre più blando legame con la tradizione. Chi ha il coraggio di rimanere se stesso dopo decenni di carriera, quanto meno un riconoscimento e un grazie lo merita.  Ovviamente eliminato.

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Vedrai-Samuel  Peccato per la somiglianza della canzone “Vedrai” con “Salirò” di Daniele Silvestri o Samuel avrebbe potuto ambire al podio. Rimane un pezzo interessante e grazie a Dio, ballabile. E non è poco di questi tempi. Il ritornello “perché noi siamo l’unica benedizione, l’unica tragedia, l’unica ambizione”, se vogliamo fare l’analisi logica, non ha molto senso. Quindi perfetto per le radio.

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Il diario degli errori-Michele Bravi Ecco un altro giovane che pure si distingue nel marasma dei Big sconosciuti per la voce che non è urlata e sbattuta in faccia per coprire il vuoto di originalità, studio e preparazione. In fondo originale e non sgradevole. Testo, musica  e arrangiamento curati. A conti fatti di rientrare nei primi dieci se lo merita. Non fosse altro per l’impegno.

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Fatti belle per te-Paola Turci Torna più bella che mai sul palco di Sanremo con una canzone che non fa impazzire, ma che è un inno alla femminilità per donne che non devono chiedere mai. Bella da vedere. Paola ha una storia e ha uno stile. E si vede, non c’è che dire. E grande presenza scenica, senza alcun dubbio. Una sorta di calamita, irresistibile che sprizza genuina sensualità da tutti i pori.

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Vietato morire-Ermal Meta  Bravo, questo Ermal Meta, vincitore della serata dedicata elle cover, ha una marcia in più rispetto a molti suoi colleghi giovani. È di una intensità che promette bene per il discorso che facevamo prima su sul “muovere gli affetti”. Testo impegnato (“ricorda che l’amore non colpisce in faccia mai”, cit.) potrebbe vincere anche lui il Premio della Critica che, poi, è il premio più importante del Festival.

 

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