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Boncompagni, quando l’uomo
è un bambino andato a male

di Enrico Mentana

Penso che poche persone abbiano vissuto una vita intensa e straordinaria come quella di Gianni Boncompagni. Si potevano passare molte ore ad ascoltare i suoi ricordi, il mare scoperto a 14 anni, gli amori, il lavoro come divertimento (in radio), e poi al contrario come noia (in tv), e soprattutto l’interminabile successione di scherzi, beffe e cazzeggio della sua età dell’oro.

Enrico Mentana

Enrico Mentana

Erano proprio quelle le polarità della vita di Boncompagni, la noia e il divertimento, il secondo come cura del primo. Ne sono nati episodi di una comicità irresistibile, scherzi epocali.

Spero che qualcuno li metta in fila, Renzo o gli altri grandi amici di Gianni, magari Irene Ghergo che tante volte li ha ascoltati con delizia. Perché lui li sapeva raccontare, e perché erano evidentemente veri, anche perché in caso contrario ci saremmo trovati di fronte al più grande spreco di sceneggiature della commedia italiana. Ne ho in mente tanti, ma mi piaceva sempre ascoltarlo raccontare un gioco che faceva con un complice che ben conosciamo.

Arbore, Marenco e Boncompagni

Arbore, Marenco e Boncompagni

Si sa che Gianni era emigrato ancor giovane a Stoccolma, per poi tornare con tre figlie e un talento straordinario per la radio. Quel che è meno noto è che anche un altro leader del gruppo di Alto Gradimento, Marenco, aveva passato un periodo di formazione in Svezia. Misero a fattor comune la cosa combinando serate memorabili, in cui andavano a rimorchiare turiste svedesi, le portavano a cena e in uno stentato inglese cominciavano a chiedere “come si dice nella vostra lingua…” (come abbiamo fatto tutti negli scambi “culturali” tra giovani).

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E fingevano una predisposizione straordinaria, riuscendo prima della fine della serata a sostenere una conversazione in svedese, per poi magari passare dalle parole ad altro, ma non sempre, anzi, perché il culmine era quel momento in cui cominciavano a sbalordirle, con tutte le variazioni del caso (le due che non si stupivano affatto, uno di loro che si rompeva e parlava subito perfettamente) e sempre ridevano tra di loro come bambini, tali quali mi sono sempre sembrati.

“Ho impiegato ottant’anni di lavoro mentale/per capire che l’uomo è un bambino andato a male”, scrisse in epigrafe della propria vita Augusto Frassineti. Gianni, beato lui, lo ha capito da subito

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