di Ernesto Santovito
Lorenzino, con la faccia da bambino, si sta prendendo a dispetto di tutto e di tutto il Napoli del dopo Higuain, una squadra senza un vero leader e se lo sta prendendo gol dopo gol, meches dopo meches, riflessi nei capelli e nell’animo di una tifoseria che, diciamo la verità, non l’ha mai amato del tutto, per quella diffidenza che spesso accompagna il ragazzino della porta accanto. Nemo profeta in patria, una verità raccontata in tutti e quattro vangeli che sentenzia che “Nessuno è profeta nella propria patria”.
Ma se Lorenzino comincia ad inventare calcio su tutti i campi d’Europa (incredibile e tutto furbizia quello del Bernabeu contro il Rel Madrid) allora il discorso cambia, se nel trio della banda bassotti è diventato il piccolo leader, allora è chiaro che nelle gerarchie del cuore azzurro lo scugnizzo Magnifico guadagna sempre più posizioni. Ed in campo diventa il trascinatore.
Ed ecco allora che come nelle ultime tre trasferte all’Olimpico, il Napoli anche questa volta ha avuto ragione della Lazio. Un gol nel primo tempo di Callejon che chiudeva una combinazione da una parte all’altra dell’area di rigore e poi la doppietta deliziosa di Insigne.
E così la disputa per il terzo posto è praticamente chiusa. Praticamente blindato l’accesso alla Champions League, dove è in corsa ancora la lotto per l’accesso diretto con la Roma.
E’ la legge dei grandi numeri del resto del resto. Nelle ultime dieci partite i romani contro il Napoli hanno colto solo un successo, due pareggi e sette sconfitte.
Un divario netto, sensibile fra le due squadre. Bisogna andare indietro di ottantatré anni per trovare uno squilibrio del genere, quando i biancocelesti persero cinque sfide consecutive. Ma era un altro calcio. E volavano altre aquile.