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Il presepe siamo noi

di Lidio Aramu

Comunque le si vogliano considerare le ultime due settimane dell’anno conservano un loro particolare fascino ed una mole interminabile di ricordi. I miei più cari risalgono al tempo del passaggio infanzia/adolescenza. Il Natali di quei tempi non erano certo sfavillanti di luci, né angosciati dal consumismo, tuttavia alimentavano negli animi dei napoletani una fiduciosa attesa di profondi cambiamenti delle condizioni di vita.

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Per farsi un’idea del modus vivendi di quegli anni è sufficiente rivolgere lo sguardo ad una delle più famose commedie di Eduardo tutta centrata sulla costruzione di un presepe. Era quella la Napoli che risentiva fortemente delle mortificazioni della sanguinosa guerra terminata non tanto tempo fa. Le dolorose offese dei liberatori patite sulla propria carne e sulla propria dignità.

La miseria invitta primeggiava in ogni ordine sociale. Condizioni queste che tuttavia non erano riuscite ad annichilire il popolo napoletano e la fine di dicembre era fedele testimone di questa condizione dell’anima.

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In fila al mercato del pesce per il pranzo di natale

Le botteghe erano illuminate a giorno ed abbellite con nastri colorati e frascame di alloro. Nell’aria si diffondeva il forte odore dei sottaceti e le note delle particolari cantilene – ormai sepolte dalla polvere del tempo – con cui i bottegai cercavano di attirare l’attenzione dei potenziali clienti. Le strade ed i vicoli straripavano di mercanzie.

Le “puteche” crescevano d’incanto ampliando le loro superfici invadendo con bancarelle, panche, piramidi di cassette, i marciapiedi ed il selciato stradale. Pesce di ogni specie, rosari di salcicce e carni fresche macellate, frutta fresca e secca, verdure di tutti i generi mentre le vetrine dei pasticcieri esibivano l’infinita gamma dei tradizionali dolci natalizi.

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Ci si accontentava di poco. La società dei consumi era ancora di là da venire ed il Natale conservava la sua intensa carica spirituale. Ai cantoni delle strade ci s’imbatteva negli zampognari. Per lo più abruzzesi e molisani, con i loro tradizionali strumenti scandivano le note del canto di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori. L’immanente nascita dell’Amor puro ed infinito riempiva i cuori di bontà.

Nel mentre Walter Molino rappresentava sulla prima pagina della Domenica del Corriere episodi da libro Cuore. Non si può negare: ci sentivamo realmente più buoni. I decumani e piazza Cavour si trasformavano in improvvisati ed affollati mercatini presepiali.

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Una teoria di statuine senza soluzione di continuità fondeva le tradizione cristiana a quella popolare. Sui banchi si ammiravano le botteghe, tavole imbandite, abiti d’epoca, i volti arsi dal sole dei contadini e del popolino – rappresentati persino con i difetti fisici (cicatrici, gozzi, adenomi sebacei…) – animali e ortaggi plasmati minuziosamente con tutti i particolari delle specie, le attività lavorative (agricoltura, pastorizia, gastronomia, ebanisteria) … Tale artistica maestria è tuttora visibile – per chi ne ha voglia di andare a cercarla – nei Musei di San Martino e Capodimonte .

Oggi l’antica tradizione è oggetto d’inqualificabili offese per un malinteso senso di rispetto nei confronti di coloro che spinti da motivazione diverse sono sbarcati a casa nostra. Sempre più spesso il presepe viene negato per non urtare la suscettibilità degli islamici dimenticando però che loro sono a casa nostra e dovrebbero rispettare le nostre tradizioni. E’ un po’ come se noi, invitati a casa d’altri, pretendessimo la sostituzione degli arredamenti perché non consoni ai nostri modelli. La negazione delle nostre radici culturali al momento è prerogativa delle regioni Centro-Settentrionali.

Presepe Cucciniello Napoli

Presepe Cucciniello

A Napoli, pur nel conflitto albero di Natale/Presepe, quest’ultimo si dimostra saldamente ancorato alla tradizione popolare. Non raggiungerà più le forme altamente artistiche come nel ‘700, ma anche fatto con statuine costruite industrialmente, dalle forme a volte singolari, con i materiali più disparati, continua a rappresentare la voce antica ed immortale di Napoli e del Mezzogiorno.

Il Presepe è Napoli e Napoli è il presepe. Le dimostrazioni di tale postulato si ritrovano in pagine e pagine di letteratura ed in particolar modo negli scritti di Matilde Serao, laddove fa risaltare la sovrapposizione delle scenografie presepiali con le immagini di Napoli e della sua Provincia e del lavoro del popolo minuto con quelle dei “pastori” del presepe.

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Ricordando che tagliare le radici culturali di un popolo può causare la perdita del passato, l’incertezza del presente e la mancanza di un suo futuro, con Benino, l’oste, l’ostricaro, la donna col bambino, la lavandaia, i Magi, la sacra Famiglia, le schiere di angeli, il bue e l’asinello, auguro ai napoletani di buona volontà di riflettere, tra una vongola e un capitone, tra una pignolata ed una cassatina, sulle condizioni della nostra martoriata città e di supplicare il Salvatore affinché, per il bene comune, conceda a larga parte delle comunità partenopee il ben dell’intelletto.

 

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