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Salùtem ‘a màmmeta

di Adolfo Mollichelli

Che grande idea però, che genio il titolista di Libero che ha sparato a tutta pagina “Salutam ‘a soreta” per commentare l’uscita del Napoli dalla Champions. Tempi grami. In tutti i settori. Violenze fisiche e violenze verbali. A cominciare da certi politici. Fa sempre più freddo. Il gelo delle idee e delle conoscenze.

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Che tristezza. Per l’espressione in sé. Che è arrogante, subdola e pure inesatta. Ma tant’è. Ha creduto, quel giornale, di essere brillante. Ha voluto fa’ ‘o spiritusu.

Sono certo che ha sorriso il titolista quando ha sottoposto il suo parto alla visione di un alto in carica della redazione ed ha avuto il benestare. S’accuntenten ‘e poco là ncopp.

Adolfo Mollichelli

Adolfo Mollichelli

Ora, si dia il caso che fossi stato io l’alto in carica. In primis gli avrei detto: è una schifezza, è volgare, è inesatto. Poi. gli avrei chiesto qual è l’attinenza. Probabilmente mi avrebbe risposto che era un modo brillante per dire: ciao nè.

 

E a chi, a che cosa? E lui: alla coppa, ai soldi, così la smettono col sarrismo, il presidente la finisce di pontificare su tutto, basta con questi terroni, hanno rotto.

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“Salutame a soreta” è anche un video anti Juve

In un primo momento, dandomi delle arie avrei frenato il violento eloquio del titolista – be’ da capire dopo la disfida a Rotterdam città natale di Erasmo e del suo elogio della follìa – e gli avrei ricordato Voltaire: io combatto la tua idea che è diversa dalla mia, ma sono pronto a battermi fino al prezzo della mia vita perché tu, la tua idea, possa esprimerla liberamente.

Ah! Voltaire, che pazienza avevi. Ma non essendo Jean Francois Marie Arouet gli avrei detto tutt’altro.

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“Salutame à soretà” è anche un ristorante di Aversa dove se vai con la bandiera azzurra hai lo sconto

Ascoltami bene, titolista dei miei stivali (da ragazzino avevo un bel paio di gambali per la pioggia): hai creduto di fare dello spirito, di essere stato geniale, di aver fatto uso di una frase per spiegare ogni cosa, insomma una specie di sineddoche, poi ti spiego che cos’è. E invece sei stato triviale, offensivo ed inesatto e questo titolo lo butto nel ces(tino) dei rifiuti. E mi vergogno di averti in redazione e non ti caccio via perché so che hai dei figli e lo sai o no: ‘e figli so’ piezz ‘e core…ma che ne sai tu.

Vieni più vicino, titolista dei miei gambali e ascolta. Noi napoletani siamo ironici, per natura. E quando ci esprimiamo chi ci ascolta rimane incantato.

A volte devono sforzarsi per capire, ma una volta che si è accesa la lampadina dicono: solo voi, pensate e dite certe cose, anche pesanti che però diventano lievi, dolci come un refolo in una notte afosa. Ma mi sto dilungando. Ascolta bene, titolista dei miei stivali. Oltre a non aver reso l’idea espressa nel pezzo, già di per sé opinabile, hai toppato senso letterale e senso figurato.

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“Salutamè a soretà” è anche un locale di di tammurriate e karaoke a VIllaricca

Non capisco, cosa vuol dire? E mo’ te lo spiego. Innanzitutto, se vuoi fare lo spiritoso devi essere chiaro, non devi sbagliare i termini e allora impara che quella frase con la quale hai creduto di essere brillante, e fa’ ‘o spiritusu, è sbagliata. Perché avresti dovuto scrivere così: Salùtem ‘a ssoreta. E avresti dovuto sapere che questa frase ha un senso, neanche tanto sottinteso, tutto sessuale. Cioè allude ad una conoscenza intima, in questo caso della sorella di un altro, la tua per esempio.

Insomma, per farti capire meglio: tu questo titolo lo getti nel ces(tino) ed io ti licenzio così, tanto per gradire:  salùtem ‘a màmmeta.

 

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