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Il Gene del maiale

 di Gerardo Verolino

Ma avete visto come ridevano di gusto? Non appena il comico maldestro
ha profferito la squallida ed infelice battuta paragonando una scrofa alla povera Claretta Petacci, Floris, il conduttore del programma “Di Martedì”, e il pubblico che chissà perché in queste trasmissioni applaude, inveisce, rumoreggia o sghignazza sempre all’unisono (non basta un capo-claque a istruire una massa) hanno cominciato a darci giù a più non posso esplodendo in una fragorosa e crassa risata.

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Gene Gnocchi

Sarebbe stato interessante sapere che cosa fosse mai passato in quel momento per il loro cervello: chissà forse le istantanee di una bella vita fatta di serate a teatro o ricevimenti a Palazzo Venezia-ma è noto che l’amore tra Ben o Bibì (come affettuosamente Claretta chiamava il suo amato Benito) e la Petacci avvenisse nella maniera più pudica e riservata possibile, e sotto l’occhio attento di gruppi della polizia segreta, o forse il pensiero legato alle angherie e ai soprusi che qualche anti deve aver subito per mano di violenti e fanatici squadristi in camicia nera (ma la Petacci che c’entra? Non risulta che abbia comandato qualche falange di manganellatori in orbace o un manipolo di teppisti politici a suo piacimento) che l’esplosione sguaiata, viscerale, animalesca possa giustificare.

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Claretta Petacci e Benito Mussiloni

Non risulta neppure che la Petacci sia stata una favorita del regime. Certo i pettegolezzi, allora come oggi quando riguardano storie di tresche e di amanti coi potenti sono sempre esistiti e la gente grufola dentro le loro vicende perché c’è un piacere perverso e morboso a scoprire i particolari piccanti delle loro relazioni.

Ma la Petacci amava Mussolini perdutamente e senza interessi particolari. Lei passava le giornate girando per le stanze della villa della Camilluccia, dove si era trasferita con la famiglia, trasognante, sempre avvinghiata al telefono dello stesso colore rosa col quale aveva tinteggiato le stanze di casa nell’ansiosa attesa di una chiamata dal suo adorato amante.

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Di sicuro, la famiglia, che da parte di madre, i Persichetti, apparteneva al meglio generone romano, vedeva nella relazione “clandestina” della figlia ventiquattrenne, che conobbe nel ’36 il ben più maturo Duce dell’Impero, una ghiotta e irrinunciabile occasione per fare un ulteriore salto nella scala sociale. Difatti le voci ci tramanderanno, un po’ enfaticamente, di quella “solita famiglia Petacci” o della “banda a tinte petacciane” per descrivere un clan familiare sempre pronto a intervenire su tutto e che si distingueva per la propria invadente e molesta presenza.

Ma spesso erano dicerie ingigantite dalle voci incontrollate e malefiche della gente. I vantaggi che ne avrebbero avuto saranno stati poca cosa rispetto ai pettegolezzi che si sarebbero diffusi. Una collaborazione al “Messaggero” per il padre il dottor Francesco Saverio, direttore di una clinica e medico dei Sacri Palazzi apostolici.

26994952_2183050111922246_167862349_nQualche parte nel cinema per la sorella Myriam, al secolo Miria di San Servolo che recitò come protagonista nel film “Le vie del cuore” di Camillo Mastrocinque nel 1942 e ne “L’amico delle donne” di Ferdinando Maria Poggioli. Il trasferimento nella villa a Monte Mario detta la “Camilluccia”, ma più per motivi di sicurezza e su cui si tramanderà la leggenda nera che vuole che fosse stata acquistata con profitti di regime: tutte balle.

Difatti la villa sarà restituita alla famiglia con tante scuse. La “pecora nera” è sicuramente il fratello “Marcellone”, ufficiale di Marina sbruffone e traffichino che si distingue secondo De Felice per “la proterva invadenza” e che finirà ucciso a Dongo mentre scappa nel lago davanti al plotone d’esecuzione dei partigiani.

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Piuttosto Claretta si prodigherà molto per gli altri, per gli sconosciuti che le scriveranno ogni giorno richieste di “suppliche” o di danaro. Difatti, dopo la Liberazione, vengono ritrovati sacchi pieni di migliaia di ricevute dei soldi che la Petacci invia ai più bisognosi che le scrivono grazie ai fondi di 200mila lire (45mil euro d’oggi) che riceve ogni mese da Buffarini Guidi. La Petacci, in pratica, crea un vero e proprio “ministero-ombra per la beneficenza” scrive Filippo Ceccarelli.

Sappiamo come è andata a finire la storia con lei che non vuole trovare rifugio in Spagna e segue nel tragico destino l’uomo che ama e finisce tragicamente i suoi giorni. Viene scoperta, insieme a Mussolini, a Giulino di Mezzegra dai partigiani e dopo essere stata stuprata viene uccisa insieme al Duce.

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Il corpo, trasportato a Milano verrà, dopo averne fatto ampio scempio, appeso testa in giù accanto al suo Ben ad un distributore di benzina a Piazzale Loreto, senza mutande, nudo, per poter umiliare pubblicamente la “scrofa”.

“E perché madre, sputi su un cadavere a testa in giù, legato per i piedi alla trave? E non hai schifo degli altri che gli pendono a fianco? Ah quella donna, le sue calze da macabro can-can e gola e bocca di fiori pestati! No, madre, fermati: grida alla folla di andare via. Non è lamento, è ghigno” recitano i versi dell’ode civile “Pietà l’è morta” che scrive Salvatore Quasimodo per condannare l’oltraggio e la derisione di quei corpi inermi appesi a Piazzale Loreto. Lo stesso ghigno che è riecheggiato in uno studio televisivo settant’anni dopo in una grottesca riedizione di una piccola e miserabile Piazzale Loreto catodica.

 

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3 pensieri su “Il Gene del maiale

  1. marina salvadore

    Non so quanto abbia a che fare la “comicita'” col sarcasmo; la comicita’ appartiene agli esseri solari, gioviali, propositivi…nasce dall’autoironia che e’ tipica delle persone intelligenti… Il sarcasmo e’ perfido, cattivo, egotico…tipico degli ignoranti, degli invidiosi e dei falliti. Degli arroganti. Soprattutto, il sarcasmo non muove al riso ma ghiaccia, non stende coperte di sole ma tetri sudari ed e’ in malafede anche l’intellettuale che chiama satira il sarcasmo. La malafede della nouvelle vague della intellighentia, che va a braccetto con i pseudoprogressisti gauche caviar, che con altri “comici” sinistri si avventurano a sguainare i megafoni, arringando, quasi divinando in difesa delle nuove divinita’ quali Asia Argento, la Boldrina, la Bonino ed altre pseudo femministe e pseudo femmine che non hanno sprecato un solo motto di sdegno all’indirizzo del cercopiteco “macho” televisivo ne’ un solo pensiero solidale ,sui social che bazzicano come forsennate, in favore di una vera DONNA e FEMMINA, MORTA PER AMORE!

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  2. Monique

    Mi auguro che veranno presi seri provvedimenti contro Floris e Gnocchi. Non si può ridere sui morti e a maggiore ragione su una povera donna, violentata prima di essere stata giustiziata, il cui unico errore è stato quello di aver amato l’uomo Sbagliato.

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  3. Lucio

    Impeccabile l’intervento di Gerardo Verolino sul pessimo spettacolo offerto da Gene Gnocchi, assiema a Floris ed al pubblico in sala, con la volgare battuta su Claretta. Uccisa senza colpe, come tante altre donne accusate genericamente di “collaborazionismo” in improvvisati tribunali partigiani.

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