di Ottorino Gurgo
Siamo sommersi dalle chiacchiere, com’è inevitabile in campagna elettorale: promesse, impegni, clamorosi annunci che, come l’esperienza insegna, sono destinati a non avere alcun seguito. La saggezza popolare ha già fatto giustizia di questo fastidioso profluvio di parole. Avverte un vecchio detto romanesco: “Le chiacchiere stanno a zero “. E a Napoli il proverbio è altrettanto esplicito: “Chiacchiere e tabacchere ‘e lignamme ‘o Banco ‘e Napule nun ne ‘mpegna”. (Per i non napoletani: chiacchiere e tabacchiere di legno il Banco di Napoli non ne impegna).
Quel che ci piacerebbe ascoltare è ben altro. Tra le tante notizie non positive che fanno da contrappunto alle nostre giornate, ve ne sono anche alcune che possono aprire la porta all’ottimismo.
L’Istat ci informa, infatti, che la situazione economica della famiglia italiana fa registrare una crescita dello 0,5% della propensione al risparmio è un miglioramento del potere di acquisto, mentre scende di 0,4 punti la pressione fiscale. E a quel che sembra anche l’occupazione dà qualche sia pur timido segnale di ripresa.
Si tratta di dati positivi che vengono confermati da un’autorevole organizzazione internazionale, l’Ocse, che altre volte ci ha “bastonato” e che ora, invece, alza le stime sul Pil dell’Italia e stima in calo il debito pubblico.
Non c’è ancora, certamente, da essere soddisfatti e appagati per i risultati ottenuti. Ma vorremmo introdurre una vena di ottimismo nel generale pessimismo che ci circonda. Forse abbiamo imboccato una strada che può portarci a conseguire risultati positivi.
E, allora, ci piacerebbe che le forze in lizza si confrontassero su questo tema, su cosa, cioè, si può fare in modo che lo spiraglio che si è aperto si allarghi che i risultati ottenuti non solo si consolidino, ma si amplino, che il risanamento tant’è volte invocato si realizzi realmente, che finalmente il nostro paese si allinei ai paesi europei più avanzati.
Su questo tema, tuttavia, le forze politiche stentano a pronunciarsi.
La strategia che tutti, ma proprio tutti, tendono a praticare è un’altra: quella delle promesse mirabolanti: tasse ridotte al minimo e, in alcuni casi addirittura abolite, buste paga gonfiate, posti di lavoro assicurati con ragguardevoli stipendi. E, poi, abolire, abolire, abolire; laddove la parola d’ordine dovrebbe essere: costruire, costruire, costruire.
Si sceglie la via delle chiacchiere, l’abbiamo detto, E’ con promesse di questo tipo che, evidentemente, si ritiene di conquistare il favore degli elettori. E ciò induce a introdurre nuovamente, nel nostro intervento, una nota di pessimismo perché ci dà la misura di una classe politica che fa dell’inganno la sua arma preferita è di un elettorato credulone al quale, tutto sommato, piace di essere ingannato. Winston Churchill che prometteva agli inglesi “lacrime e sangue” per arrivare alla vittoria, da noi verrebbe messo alla porta.