di Gerardo Verolino -
Se non ci fossero porti chiusi sulla sponda del Mediterraneo verrebbe meno l’urgenza dell’esodo per molti abitanti di questo pianeta. Per questa ragione ho fatto visita a due imbarcazioni della Freedom Flottilla ormeggiate nel porto di Napoli. La Flottillia è una missione pacifista e umanitaria che tenterà di rompere, festosamente, il blocco navale patito da Gaza e da gazawi. Ho salutato l’equipaggio, donne e uomini provenienti da diverse parti del mondo che hanno deciso di spendere parte del loro tempo in questa straordinaria impresa che avrà sempre il merito di porre l’attenzione su un embargo estremo e sottaciuto dalla comunità internazionale e dall’opinione pubblica mondiale”.
A scrivere queste frasi sulla sua pagina Facebook non è un fervente attivista dei
centri sociali, magari un po’ alticcio e in preda ai fumi dell’hashish.
Non è uno studentello universitario che gioca a fare il rivoluzionario per farsi bello con la morosa. Non è una vecchia cariatide decadente dei salotti italiani nostalgico di katanga e dell’eskimo sessantottino che parla attraverso gli slogan tipici dei “bei tempi” (si fa per dire) che furono.
Non è un professore dell’Orientale, filo-palestinese, terzomondista ed affascinato dal mito del panarabismo. Non è un ottuso propagandista di quella sinistra sindacal-pacifista per cui tutto ciò che viene dall’Occidente è il male.
Non è un rappresentante di quell’intellighentia italiana che, per non uscire dai confini delpoliticamente corretto e quindi essere estromesso dal giro che conta, si accoda a quanti criticano Israele, paragonandolo ad uno Stato nazista, per acquisire meriti.
Non è neanche uno come Sandro Curzi, il celebre direttore del passato Tgtre, non a caso denominato “Telekabul” che, indossando la mimetica militare, sosteneva
che “chi non condanna Israele in diretta è al servizio del Mossad”.
Non è l’ufficio stampa del Coordinamento Napoli-Palestina, l’organizzazione che ha curato con canti, balli, ricchi premi e cotillons l’arrivo nel porto di Napoli della
flottiglia. Non è un uomo al soldo della contro-informazione di Hamas. Non è una star del cinema, come Ken Loach o Mark Ruffalo, o della musica come Roger Waters o la neozelandese Lorde, che, per strizzare l’occhio ai loro giovani fans, rivendicando un (discutibile) impegno politico, boicottano Israele. Non è neanche uno sprovveduto, una povera mammola che si “beve” tutto quello che la propaganda pro-pal, attraverso i mezzi di comunicazione, gli propina.
No, a scrivere queste cose è il sindaco della terza città d’Italia, Luigi de Magistris, il primo cittadino di Napoli che per l’incarico istituzionale che ricopre dovrebbe avere un ruolo imparziale, super-partes, di equilibrio fra le due posizioni, quella israeliana e quella palestinese, e non scendere in campo come un ultrà sfegatato.
Anche perché non può parlare della questione medio-orientale a nome e per conto di tutta la città. Se intende farlo e prendere una posizione deve togliersi la fascia e manifestare la sua partigianeria da libero cittadino. Usare il proprio ruolo di sindaco per fare propaganda a favore dei palestinesi è un atto scorretto che lede i diritti di una parte dei suoi cittadini.
È un assunto semplice che è bene tenere a mente. Il sindaco de Magistris chiede sempre il rispetto delle regole, formali e sostanziali, che sono alla base della nostra democrazia. Ma quel rispetto, è bene che non se lo scordi, vale anche per lui.