di Gerardo Verolino -
Le cronache ci dicono che un signore corpulento di un metro e novanta, nativo del Camerun, sboccato, irriverente, blasfemo, scorrettissimo, che somiglia vagamente al cantante Barry White, ha riempito il Théàtre de la Main d’Or di Parigi, all’inverosimile, (come prima il”Dome” di Marsiglia o aTolosa, o in tutti gli altri teatri che calca da trent’anni) dove migliaia di francesi sono accorsi per ascoltare, in evidente visibilio, le sue battute omofobe, razziste, antisemite e misogine.
Dioudonnè M’balà M’bala è l’uomo più controverso di Francia. Ma, anche, stranamente, uno dei più seguiti, creando non pochi problemi alle autorità e all’opinione pubblica, che si chiede fin dove ci si possa spingere con la libertà d’espressione.
Riferendosi ad un giornalista della televisione pubblica, il comico si rammarica, ad esempio, di come possa essere scampato alle camere a gas: “quando sento parlare Patrick Cohen, mi dico, vedi, le camere a gas, peccato”. O quando nega che si sia compiuta una strage al Bataclan: “che è a 800 metri eppure ero qui e non ho sentito niente”. O quando si presenta travestivo da colono ebreo mentre imbraccia un kalashnikov gridando: “Isra-Heil!”, facendo il segno osceno del saluto nazista.
Ma, a proposito di gesti, inventa, la “quenelle” (che addirittura brevetterà) un saluto nazista al rovescio nella definizione di Alain Jakubovicz, presidente della Licra (Lega contro il razzismo e l’antisemitismo) e un po’ “gesto dell’ombrello” con chiari riferimenti alle dimensioni dell’organo sessuale maschile, così popolare in Francia che lo imiteranno il calciatore Nicolas Anelka, il cestista Tony Parker e l’ex leader del “Front National”, Jean-Marie-Le Pen oltre a centinaia di migliaia di persone anche attraverso il tam-tam di un seguitissimo sito internet nato sulla quenelle.
In un caso, il gesto rivoltante, verrà fatto anche da un gruppo di militari francesi di passaggio davanti ad una Sinagoga rendendosi complici inconsapevoli della stupidità del Male. Proprio come faranno gli italiani nell’atto di ritoccare a mo di scherno l’immagine della povera Anna Frank.
La storia di questo comico francese affonda le radici intorno agli anni ’90, in coppia con un altro umorista, Elie Semoun, col quale forma il duo Elie et Dieudonné, quando all’inizio si presenta come il difensore dei giovani immigrati delle banlieaues; finchè l’uccisione, qualche anno dopo di un ragazzo francese nativo delle Comore, Ibrahim Ali, da parte di un esponente del Front National, non lo spinge a soffiare ancora di più sul fuoco della protesta, contro i pericoli di un nuovo fascismo e a difesa degli oppressi.
Vezzeggiato e sostenuto dalla sinistra kaviar fonderà anche il “Partito degli Utopisti” che raggiungerà quasi l’8% alle elezioni legislative frenando l’ascesa dei lepenisti. Ma il suo sfrenato antisemitismo (inviterà a salire sul palco noti negazionisti, esalterà la figura di Osama Bin Laden, abbraccerà l’Islam radicale, e attaccherà pesantemente la comunità ebraica, soprattutto il Crif, il Consiglio rappresentativo degli Ebrei di Francia) lo porterà ad allearsi, compiendo una bizzarra giravolta, con la destra xenofoba del sociologo del nazional-socialismo, Alain Soral, col quale fonderà il partito della “Riconciliazione Nazionale”.
Dieudonné per quella sinistra radical-chic che un tempo lo coccolava si rivelerà un problema e il suo nemico più acerrimo diventerà un socialista, l’ex ministro della interni, Manuel Valls, che cercherà in tutti i modi di proibire le esibizioni del comico per “turbativa all’ordine pubblico”. In Francia, a differenza dell’Italia, l’antisemitismo e l’odio razziale sono reati perseguibili per legge. Difatti, dopo aver scritto su facebook di sentirsi un “Charlie Coulibaly”, mischiando il nome del giornale vittima del terrorismo con l’autore materiale della strage, il comico, verrà arrestato e poi condannato da un tribunale a due mesi di carcere con la condizionale.
La vicenda di Dieudonnè ha generato un grande dibattito, non solo in Francia, sui tema del diritto d’espressione. Quali sono i limiti oltre i quali si può spingere la satira? Non si rischia, perseguendo un uomo per le sue opinioni, anche più abiette e reazionarie, di ledere un diritto inalienabile dell’individuo e di creare un effetto controproducente? E’ proprio quello che Dieudonné cerca. Passare per un martire. Più lo si persegue e più miete consensi come ha dimostrato la folla accorsa in questi giorni all’ultimo suo spettacolo presentato a Parigi, “La Guerre”, In certi casi più che la censura o la legge basterebbe la consapevolezza e la maturità del pubblico a capire cosa sia moralmente giusto o no ascoltare. E, se l’idea di ridere di chi è morto ammazzato nei campi di concentramento non sia un abominio. Ma si sa, viviamo tempi difficili.