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Il falso mito
delle carte prepagate

di Alberto Toro

Si possono caricare in qualsiasi momento e fare acquisti senza avere necessariamente un conto corrente. Sono relativamente più sicure ma spesso più care

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I sempre maggiori limiti all’utilizzo di denaro in banconote (il “contante”) costituiscono un incentivo alla diffusione di altri più moderni (e controllabili) mezzi di pagamento, quali i trasferimenti di fondi via internet, i bonifici bancari e, soprattutto, le carte di credito. E proprio sulle carte di credito vogliamo aprire una riflessione, affrontando alcune tematiche ricorrenti sul denaro elettronico. Esistono in Italia, ad esempio, ancora una serie di pregiudizi sull’ecommerce, alcuni non del tutti infondati sia chiaro, ma in alcuni casi poggiati su “convinzioni” sbagliate. Come ad esempio quella delle carte di credito prepagate. Molti preferiscono per gli acquisti on line usare carte del genere ritenendole più sicure perché non mettono a rischio i dati del conto corrente. Ed ecco allora che non bisogna sorprendersi se la metà delle carte prepagate europee sono nel portafoglio degli italiani. Basti pensare che Postepay, la prepagata delle poste, è la carta più venduta in Europa con oltre otto milioni di utenti. Più sicure?  La legge, in realtà, tutela i possessori di carte di credito in caso di utilizzo fraudolento a seguito di furto o smarrimento, lasciando a carico del titolare al massimo 150 euro, prima del blocco della carta (nulla è dovuto se l’utilizzo fraudolento è avvenuto online), nulla dopo il blocco. Quindi, a conti fatti, le carte prepagate non sono più sicure delle carte di credito tradizionali. Anzi in molti casi sono più onerose e meno convenienti. Chiariamo subito: anche le carte prepagate si pagano, pur non avendo un canone annuo come le carte di credito. Sono previste commissioni per le ricariche e per i prelievi dagli sportelli automatici e, quasi tutte, hanno un costo di emissione.
Tutte spese che spesso non si considerano nel loro insieme perché diluite. Bisognerebbe fare un conto unico finale per valutare se nell’arco di un anno ricaricarla ogni mese non costi di più che usare la carta di credito.

Certo, il discorso dei costi, è in grade movimento ed in continua evoluzione. Molte cose, infatti, sono cambiate dopo l’introduzione in estate della direttiva europea che ha introdotto importanti modifiche nel sistema di pagamento elettronico e, più in generale, nel mondo delle carte di credito.
Ma che cosa prevede la norma europea? La direttiva europea mira ad abbassare le commissioni interbancarie sulle carte credito (interchange free): è questa una norma richiesta a gran voce dai commercianti, che hanno ottenuto di diminuire i costi dei servizi di pagamento. Un’altra importante innovazione è l’introduzione del Co-badging: ogni carta sarà inserita in più circuiti e, a prescindere dalla scelta del titolare, essa potrà essere utilizzata presso tutti gli esercizi che aderiscono ad almeno uno di quelli presenti sulla carta. I commercianti potranno inoltre rifiutare alcune carte di credito, anche se aderenti al circuito generalmente accettato dall’esercente stesso (abolizione dell’Honor All Card Rule). Una nuova disciplina che è stata, però, accolta con scettiscismo dai consumatori. Secondo un sondaggio di Field Service Italia il 95,2 per cento degli intervistati è convinto che le nuove disposizioni europee non avranno alcun effetto positivo per i consumatori. Grande attenzione poi bisogna fare alle carte con pagamento rateale, le cosiddette carterevolving, qualcosa di diverso da una semplice carta di credito. Quando la si usa per pagare, si attiva un finanziamento, detto revolving, che si ricostituisce pagando le rate mensili, diventando in questo modo nuovamente disponibile per altri utilizzi. Prima di scegliere o di usare una carta revolving, importante è valutare il Taeg: l’indicatore sintetico, cioè, del costo del finanziamento. I costi, possono variare anche in modo sensibile, da una carta all’altra.

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Se alcuni costi possono variare molto, altri, invece, sono sospettosamente uguali. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha avviato, infatti, un’istruttoria per verificare se la commissione interbancaria introdotta dal consorzio bancomat per il pagamento di ogni bolletta o fattura commerciale effettuata con la carta PagoBancomat costituisca un’intesa restrittiva della concorrenza “tale da limitare la competizione tra le banche a svantaggio degli esercenti e dei consumatori finali”.  La nuova commissione interbancaria di 0,10 euro, applicata dal 3 gennaio 2014, è relativa al pagamento con carta PagoBancomat di bollette o fatture commerciali effettuato presso gli esercenti incaricati della riscossione. “Essendo una commissione uniforme e dunque una soglia di costo minima –  ha notato l’Antitrus  – potrebbe impedire politiche commerciali concorrenziali nell’offerta del servizio nei confronti degli esercenti e dei consumatori finali”. Al consorzio bancomat aderiscono, oltre all’Abi, le banche, gli intermediari finanziari, gli istituti di pagamento e gli altri soggetti autorizzati dalle leggi nazionali ed europee ad operare nell’area dei servizi di pagamento in Italia e nell’Unione Europea: si tratta, attualmente, di 594 soggetti tra cui banche, società capogruppo di gruppi bancari, nonché dei più importanti operatori non bancari nazionali attivi nella fornitura di servizi di pagamento, tra cui Poste.

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