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C’è un Pil che cresce
E’ quello malavitoso…

di Franco Meda

Centosettanta miliardi di euro all’anno, una somma equivalente quasi al 9 per cento del prodotto interno lordo nazionale, stimato in poco più di 2 mila miliardi. Un “Pil malavitoso” che, oltre a derivare da attività illegali, viene riversato sul mercato finendo per inquinarlo e stravolgerlo.

Il 6 giugno 2012, presso la Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, l’allora vice direttore generale della Banca d’Italia, Anna Maria Tarantola, affermò che il valore medio del sommerso criminale, nel periodo 2005-2008, era stato pari al 10,9 per cento del Pil. Ipotizzando che l’incidenza sia ancora a questi livelli, l’Ufficio studi della Cgia di Mestre stima che per il 2013 il valore economico dell’economia criminale si attesti attorno ai 170 miliardi di euro. Nella metodologia di calcolo eseguita dalla Banca d’Italia, così come stabilito dall’Ocse, si fa riferimento solo alle transazioni criminali avvenute dopo un accordo tra il venditore e l’acquirente. Non sono inclusi i reati “violenti” come i furti, le estorsioni, le rapine e l’usura. Che è come dire che ci manca una fetta molto consistente della holding del crimine.

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Centosettanta miliardi di euro all’anno, una somma equivalente quasi al 9 per cento del prodotto interno lordo nazionale, stimato in poco più di 2 mila miliardi. Un “Pil malavitoso” che, oltre a derivare da attività illegali, a detta di Cgia spesso viene riversato sul mercato finendo per inquinarlo e stravolgerlo.
 La conferma dell’ escalation del giro d’affari in capo alle organizzazioni criminali emerge anche dal numero di segnalazioni pervenute in questi ultimi anni all’Unità di informazione finanziaria (Uif) della Banca d’Italia. Si tratta delle operazioni sospette «denunciate» alla Uif da parte di intermediari finanziari (per l’80 per cento banche, ma anche uffici postali, società finanziarie o assicurazioni). Tra il 2009 e il 2013 sono aumentate di quasi il 212 per cento. Se nel 2009 erano state 20.660, nel 2013 hanno raggiunto quota 64.415, anche se va detto che il livello record è stato toccato nel 2012, con 66.855 segnalazioni.

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La Cgia ricorda che una volta ricevuti questi “avvisi”, la Uif effettua degli approfondimenti sulle operazioni sospette e le trasmette, arricchite dell’analisi finanziaria, al Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza (NSPV) e alla Direzione Investigativa Antimafia (Dia). Solo nel caso le segnalazioni siano ritenute infondate, la Uif le archivia. “Ovviamente – ha sottolineato Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia di Mestre – le organizzazioni criminali hanno la necessità di reinvestire i proventi delle loro attività illecite nell’economia legale. E il boom di denunce avvenute tra il 2009 e il 2013 è un segnale molto preoccupante”

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L’analisi condotta dall’Ufficio studi della Cgia  è riuscita a mappare il numero delle segnalazioni di riciclaggio avvenute nel 2013 anche a livello regionale. Le Regioni più “colpite” sono state la Lombardia (11.575), il Lazio (9.188), la Campania (7.174), il Veneto (4.959) e l’Emilia Romagna (4.947). Quasi il 60 per cento delle segnalazioni registrate a livello nazionale è concentrato in queste cinque Regioni.

In riferimento ai dati regionali, fa sapere l’Ufficio studi, oltre alle segnalazioni di riciclaggio sono incluse anche quelle relative al finanziamento del terrorismo e dei programmi di proliferazione di armi di distruzione di massa. Tuttavia, il numero riferito a queste ultime due aree è statisticamente molto contenuto: nel 2013 è stato pari a 186.

 

 

 

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