POMPEI: NUOVO CROLLO NEGLI SCAVI

Il paradosso Pompei
Scioperi e brutte figure

di Carlo Paolo Visconti

L’ultimo graffiti è spuntato, un po’ di tempo fa, dopo l’ultima pioggia. Proprio come un fungo. Pompei è così, quando c’è maltempo si hanno sempre sorprese. A volte si registrano crolli, o cedimenti, altre nuovi ritrovamenti. Ma anche quando non piove le sorprese non mancano. Come quella dei cancelli chiusi al pubblico il giorno di Natale. E stessa sorte anche il primo giorno dell’anno. L’ennesimo schiaffo al mondo. L’ultimo doppio suicidio.

Cancelli chiusi. Inesorabilmente. Sciopero. Un pugno in faccia. Mancano i soldi per pagare lo straordinario festivo al personale. E’ la prima volta che accade negli ultimi 30 anni. E’ solo l’ultimo doppio sciopero-scandalo, degli ultimi mesi. Una decisione che ha mandato su tutte le furie gli operatori turistici che rischiano bricioli di credibilità sul mercato straniero, le promesse non mantenute si allungano e così le richieste di risarcimenti per migliaia di euro: “Una vergogna, per noi equivale alla bancarotta. Il denaro già anticipato, come avviene per ogni società che vende servizi, è stato reinvestito per l’acquisto di pacchetti estivi, che saranno rivenduti dalla prossima primavera”. Si costruiscono pacchetti turistici sulla sabbia. Il primo vento manda tutto all’aria. E’ scattato l’ennesimo allarme per l’intero comparto locale e regionale. Per Rosita Matrone, presidente degli albergatori di Pompei: “Questa ennesima brutta figura rappresenterà il collasso economico di tutto il settore turistico-ricettivo”.

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Pompei viene descritta come la “più viva tra le città morte”. Ma il paradosso è che “finisce con l’essere “la più morta tra le città vive”. Scioperi più o meno selvaggi, una giungla che mal si concilia con una minima programmazione turistica. Eppure Pompei meriterebbe molto di più. Molti più sforzi, molta più attenzione.

La “più viva tra le città morte”, dicevamo. Una definizione che nasce dalla ricca documentazione architettonica ed epigrafica: graffiti, incisioni, disegni e pitture, che si sono eccezionalmente conservati e che rappresentano una peculiarità della città divenuta il simbolo dell’antichità.

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Ed ecco allora che sulle pareti o nei cunicoli delle catacombe, sui muri dei palazzi   sull’intonaco delle celle carcerarie, sulle facciate dei palazzi è un ininterrotto fluire di graffiti. Più di diecimila le incisioni rilevate nei luoghi sepolti dall’eruzione del 79 d.C che sono pubblicate nel quarto dei diciotto volumi del “Corpus inscriptionum latinarum”, monumentale raccolta di iscrizioni romane avviata nel 1847 da Theodor Momsen, storico, giurista, epigrafista tedesco.

Ma che cosa si scriveva sul muri? Di tutto. Sono arrivate fino a noi scritte pubblicitarie, di propaganda elettorale, appunti utili come promemoria, espressioni volgari, cattive, offensive. A volte abbiamo poesie o frasi gentili, altre volte delle massime. Chi camminava per le vie di Pompei poteva leggere sui muri scritte che decantavano attività  o prodotti, perché l’altroieri come oggi la pubblicità era l’anima del commercio. Per esempio, su un pilastro all’ingresso della casa di un certo Sittio è rimasto il seguente avviso: “Hospitium hic locatur triclinium cum tribus lectis et commodis” (Albergo. Qui si affitta un triclinio con tre letti e con le comodità necessarie). Davanti a un’osteria si legge, invece, la seguente scritta: “Calòs Hedoné Valeat qui legerit. Hedoné dicit: assibus singulis hic bibitur; dupundium si dederis, meliora bibes; quartum assem si dederis, vina Falerna bibes”. (Bella casa felice saluta chi sta leggendo.

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Casa felice informa: qui ognuno per bere paga un asse, se pagherai due assi berrai vino migliore, se spenderai quattro assi berrai vino Falerno…) L’asse bronzeo era la più piccola moneta romana, con un asse ci si poteva comprare mezzo chilo di pane. Quattro assi formavano un sesterzio. Quattro sesterzi formavano un denaro, mentre 100 sesterzi formavano un aureo, moneta di notevole valore.

Nelle case capitava spesso di leggere inviti al buon comportamento rivolti agli ospiti. Nella casa di Elpidio Imeneo si leggeva:”Abstine discidiis odiosaque iurgia differ, si potes: aut gressus ad tua tecta refer” (Se  ci riesci evita i litigi e rimanda a dopo le odiose dispute, altrimenti esci e vattene a casa tua.)

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Nella Scuola pubblica di Roma c’è il disegnò di un asinello che girava la macina del mulino con questa esortazione educatrice., stile libro Cuore. “Labora, aselle, quomodo ego laboravi, et proderit tibi” (Lavora, asinello, come ho lavorato io. Ne trarrai grandi soddisfazioni.)

Numerose erano le scritte murali serie, anche autentiche poesie o singoli versi, a volte presi a prestito da Ovidio o da altri grandi autori. A Pompei, in una parete della cosiddetta “Casa del medico”, sono riaffiorate queste parole: “O utinam liceat collo complexa tenere Braciola et teneris oscula ferre labelis” (Oh, potessi tenerti le braccia attorno al collo baciando le tue tenere labbra) che poi sembrano i versi della canzone di Vasco Rossi Rewind “vorrei stringerti le braccia, le braccia intorno al collo e baciarti, baciarti dappertutto…” Ancora su un altro muro di Pompei troviamo scritte queste parole: “Amantes ut apes vitam mellitam exigunt”. “Gli amanti come le api pretendono una vita dolce quanto il miele…”

 

E della serie, mai rinunciare alla propaganda elettorale, in mancanza di televisione, si giocavano tutte le carte con le “affissioni”. Accanto alla porta di Lucrezio Frontone, candidato per l’elezione degli edili, c’era scritto: “Si pudor in vita quicquam prodesse putatur, Lucretius hic Fronto dignus honore bono est  (Se si pensa che nella vita la virtù possa servire a qualcosa Valerio Frontone merita di essere eletto alla carica.)

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Ma anche quelli erano tempi difficili. E si competeva a suon di graffit. Questo  è l’appello che i fruttivendoli di Pompei rivolgevano all’elettore: “M. Ennium Sabinum aedilem pomari rogant” (I fruttivendoli vogliono come edile M. Ennio Sabino.). E poi ci si scandalizza per lobbie e lobbisti. Gli edili erano cinque magistrati eletti in ogni città con funzioni di polizia municipale. Si occupavano anche della manutenzione di edifici pubblici e strade e organizzavano i giochi durante le feste.

A proposito di città sfregiate dalle scritte elettorali a Pompei comparve una massima che molti riprodussero a sorta di monito.“Admiror, paries, te non cecidisse ruina qui tot scriptorum tedia sustineas. (Mi meravaglio, o muro, nel vedere che ancora non sei crollato sotto il peso di tante scritte elettorali.)

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E che dire delle scritte più o meno trasgressive e provocatorie, quella che oggi definiremmo la Pompei “proibita”, (la città era piena di lupanari, i bordelli costituivano un tassello fondamentale del mosaico urbano) quella fatta di annunci espliciti di prestazioni sessuali, proprio come quelli che oggi si ritrovano negli annunci delle massaggiatrici nei giornali o sui siti specializzati di sesso su internet. Una certa Felix, come testimonia un graffito inciso su un sepolcro, offriva prestazioni orali ai clienti per un solo asse. Un prezzo, come visto, decisamente alla portata di tutte le tasche, basti pensare che un litro di vino costava mediamente due assi. Euplia, invece, era una escort di gran classe che sapeva ben monetizzare le sue doti e le sue abilità. E infatti di assi ne chiedeva ben cinque. Prostituzione solo femminile? Naturalmente no.

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Non mancavano i ragazzi che si vendevano alle signore: e per una prestazione orale, descritta con prosaica incisività sui muri pompeiani, Glicone e Marittimo chiedevano dai due ai quattro assi (si accettavano anche le vergini, come si affretta a specificare un annuncio). Insomma, i prezzi dei maschi erano in media comparabili con quelli delle femmine. Fuori mercato soltanto un tal Floro, un battitore libero che, a differenza di Glicone e Marittimo, offriva anche rapporti omosessuali : per una prestazione ci volevano ben dieci assi. Lui era l’asso di cuori delle notti di Pompei.

 

 

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