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Caro Saviano è morto un maiale camorrista…

Filippo Facci si ribella. E lo fa a modo suo, gridando il suo sdegno, senza tanti giri di parole. Carmine Schiavone negli ultimi tempi era diventato il protagonista di talk show e inchieste televisive. Il suo pentimento, il suo ruolo nella camorra casalese, è stato “interpretato” in vari modi, anche con qualche indulgenza. Facci ha rimesso, dal suo punto di vista, le cose a posto.Perché riproporre vecchi articoli, reportage, interviste? Volando alto con Giorgio Manganelli, scrittore, giornalista potremmo dire che “una civiltà letteraria non è fatta di letture, è fatta di riletture”. Più semplicemente il ripresentare alcuni articoli rappresenta una grande opportunità. Un modo per scoprire giornalisti o protagonisti di un’altra generazione, di conoscere o ricordare fatti, dimenticati. Per riproporre interviste e reportage dei giorni nostri.

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Filippo Facci

È morto un maiale di camorrista: è stato il mio primo pensiero alla notizia della morte di Carmine Schiavone (domenica) e si perdoni se non si reprime, qui, la tentazione di metterlo nero su bianco.

Perché è morto un assassino, mandante di assassini, cassiere della camorra, fornitore all’ingrosso di droga, estorsore, schiavista di prostitute, truffatore, mescolatore si sabbia da aggiungere al cemento (con cui hanno costruito ponti e strade) e seppellitore di rifiuti tossici, avvelenatore di falde acquifere, organizzatore di bische clandestine, a lungo latitante, pentito solo dopo l’arresto e il carcere duro – o meglio: dopo che fu esautorato da capo camorrista perché aveva un’amante, e il codice dei casalesi non lo consente – e infine calunniatore sistematico dello Stato e dei suoi servitori.

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Carmine Schiavone

A leggere i giornali di ieri, invece, sembrava che fosse morto un oracolo: secondo il pm Francesco Curcio (La Stampa) Schiavone «sarà ricordato per aver raccontato il traffico di rifiuti tossici», ma «è stato decisivo» anche per molto altro; Roberto Saviano invece ha scritto (Repubblica) che è morto «un personaggio ambiguo, contraddittorio, immorale, carismatico» a cui lo scrittore deve la scoperta che i casalesi l’avevano messo nel mirino.

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Roberto Saviano

Grazie Schiavone, camorrista con una sua etica: “Nei territori controllati dal clan chi ruba dev’essere punito, chi tocca le minorenni va evirato: una legge ancestrale violenta ma guidata dal buonsenso”, ha scritto Saviano. Grazie, Schiavone. E via così su tutta la stampa nazionale, senza accenni ai 7-8 ergastoli che Schiavone avrebbe preso se non si fosse pentito, senza menzioni per i 50-70 omicidi eseguiti e per gli oltre cinquecento che ha commissionato: questo sinché non si mise nelle mani dell’unico Stato al mondo che poteva consentirgli un programma di protezione praticamente ventennale, finito nel 2013: dopo di che è passato alla sfilata mediatica.

È così che abbiamo potuto sapere che spendeva 20-30 milioni di lire al mese per la casa e per lo yacht e “bunga bunga” vari. È così che si è infilato in decine e decine di talkshow, compresa quella vergognosa puntata di Servizio Pubblico (dicembre 2013) in cui Schiavone ricicciò la faccenda della sepoltura di scorie nucleari in Campania che naturalmente non si sono mai trovate, le stesse balle che aveva già raccontato alla Commissione parlamentare d’inchiesta nell’ottobre 1996. Carmine Schiavone ha aiutato a delineare il fenomeno camorristico e ha fatto arrestare un sacco di gente: ecco, l’abbiamo detto.

Ma per i dettagli sulle sue benemerenze rivolgetevi ad altri giornali, oppure a tutte quelle tv che l’hanno trasformato in editorialista con gli occhiali da sole (anche se era noto dove vivesse e che faccia avesse, oltretutto non era nemmeno più scortato) dando spazio alle sue cazzate sulle stragi di Stato da ascoltare con rispettosa attenzione: capitò persino a me, e me ne vergogno ancora oggi.

STATO-MAFIA: INGROIA, IN ISTITUZIONI C'E' CHI SA LA VERITA'

Antonio Ingroia

Nel gennaio 2014 ero in diretta televisiva su La7 ed ero seduto vicino a lui: stava raccontando la solita favola della mafia antica e buona contrapposta a una mafia moderna e cattiva, quella che oggi ammazza i bambini. Schiavone stava vantandosi che lui, esponente della mafia antica e buona, a suo tempo fece evirare un tizio. In studio, solo Antonio Ingroia si permise di eccepire: io avrei voluto prendere Schiavone e appenderlo al muro, almeno zittirlo, ma vedevo una persona anziana e temevo il trash televisivo.

Così alla fine non dissi niente. Esattamente come, per creanza, avrei dovuto fare oggi: perché di fronte alla morte eccetera, giusto? E pazienza se la morte da rispettare è quella di Schiavone e non quella dei centinaia che ha ucciso o fatto ammazzare, questo prima di “pentirsi” e uscirsene di galera 800 anni prima del tempo. È morto un maiale di camorrista, pace all’anima sua, e inferno per le famiglie di quelli che per un maiale sono morti.

(Filippo Facci, “Libero Quotidiano”)

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