di Ernesto Santovito
Sino ad ora segretato, ecco finalmente il famoso dossier di Carlo Cottarelli, l’uomo dei tagli voluto da Letta e subito accantonato da Matteo Renzi. Il Premier non ama sentirsi dire che cosa bisogna fare, come bisogna farlo e dove bisogna farlo. Ed allora bruciato il lavoro di un anno ora per fare la stessa ci sono Yoram Gutgeld e l’economista della Bocconi Roberto Perotti, così vanno le cose in Italia. Anche i numeri sono un’opinione.
Di spending review si parla spesso e molto spesso a sproposito. E in concreto si vede poco. Eppure risparmi sono indispensabili per scongiurare lo scatto delle clausole di salvaguardia previsti dai precedenti governi per centrare i target di finanza pubblica.
Le analisi dei gruppi di lavoro coordinati da Cottarelli hanno riguardato ogni comparto e ogni uscita di spesa del bilancio pubblico, scendendo nel dettaglio dei costi e dei possibili tagli da attuare nel breve, medio e lungo periodo. I 19 documenti della commissione Cottarelli sino ad ora sono stati avvolti inspiegabilmente nel mistero. Perché ? Vediamo che cosa prevedevano.
Più di 600 milioni di euro di tagli ai costi della politica, 255 milioni di risparmi all’anno dall’accorpamento dei piccoli (sotto 10 mila abitanti) Comuni e 3,5 miliardi che salterebbero fuori invece dalla revisione dell’ammontare dei fondi pubblici trasferiti alle ferrovie dello Stato. Questi i punti più salienti del dossier redatto dall’ex commissario Carlo Cottarelli, ora ritornato in servizio al Fondo Monetario. Diciannove rapporti in tutto in base ai quali Cottarelli identificò l’anno scorso fino ad un massimo di 7 miliardi di tagli possibili già nel 2014, che potevano salire a 18 nel 2015 e a 34 nel 2016.
Certo era previsto che si cambiasse pagina. Per il personale del pubblico impiego, ad esempio, si proponeva di potenziare la mobilità rendendola obbligatoria e d’ufficio, e facendo perdere il posto a chi si rifiutava. Sempre nel pubblico impiego si parlava di “logiche di mercato”, e di rendere “fisiologico” anche il licenziamento individuale.
Per i costi della politica, più nello specifico, si proponeva di bloccare il cumulo tra pensioni e retribuzioni pagate dai contribuenti a tutti coloro che svolgessero incarichi di governo, istituzionali centrali o locali o cariche di aziende pubbliche. In poche parole o lo stipendio, o la pensione. Dure le accuse al mondo della politica: “Sono misteriosi e non accessibili molti dei flussi finanziari che rappresentano forme diverse di finanziamento del sistema della politica nel nostro Paese”. In questo campo, “l’esigenza della trasparenza e della massima fruibilità dei dati rappresenta ancora un obiettivo da raggiungere”.