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I “muschilli” ora hanno la pistola

Soltanto meno di due mesi fa la Fondazione Polis ha presentato    un report dal titolo “La strage degli innocenti”. Un dossier dedicato ai bambini ed ai ragazzi vittime della camorra. Negli ultimi 16 anni ne sono stati uccisi 36 in Campania prima del compimento della maggiore età. Venticinque vittime avevano un’età compresa tra 0 e 12 anni; le restanti 11 arrivavano a malapena a 18 anni. Un dossier già da aggiornare. L’ultimo diciassettenne è stato freddato l’altra notte davanti alla basilica di Santa Maria alla Sanità. La camorra continua ad uccidere. Sono in guerra i camorristi di quarta generazione. Quelli che una volta erano i “muschilli”, i baby spacciatori. Ma oggi i “muschilli” sparano, uccidono. Per un angolo di spaccio.Perché riproporre vecchi articoli, reportage, interviste? Volando alto con Giorgio Manganelli, scrittore, giornalista potremmo dire che “una civiltà letteraria non è fatta di letture, è fatta di riletture”. Più semplicemente il ripresentare alcuni articoli rappresenta una grande opportunità. Un modo per scoprire giornalisti o protagonisti di un’altra generazione, di conoscere o ricordare fatti, dimenticati. Per riproporre interviste e reportage dei giorni nostri.

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Continua la mattanza di giovani nel centro di Napoli. A farne le spese questa volta è stato un 17enne, Gennaro Cesarano, ucciso con due colpi di pistola alle 4,50 di ieri davanti alla basilica di Santa Maria alla Sanità. Il ragazzo – che abitava nella stessa strada dove è nato Totò – sarebbe stato vittima dell’ennesimo raid dimostrativo, una di quelle prove di forza che le baby gang della nuova camorra effettuano sugli scooter sparando all’impazzata

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Gennaro Cesarano

.Un gruppo in motorino sarebbe piombato nella piazza centrale del borgo scatenando il panico: la polizia ha recuperato quasi trenta bossoli di diverso calibro nella zona dell’omicidio, segno che sono state utilizzate diverse armi. L’altra pista investigativa ipotizza uno scontro a fuoco tra una gang di “invasori” – presumibilmente proveniente dalle basi delle “paranze dei ragazzini”, nel cuore del centro storico – e uomini del clan del quartiere: una sorta di “Ok Corral” su due-ruote da Far West metropolitano.

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Non è ancora chiaro però se il giovane è finito per caso nella sparatoria – perché di passaggio o perché si stava intrattenendo con amici “a rischio” – o invece se, come sospettano gli investigatori, sia stato colpito perché stava facendo la “vedetta”. Familiari e parenti non hanno dubbi: “Gennaro aveva un sogno, voleva fare il pizzaiolo, frequentava l’istituto alberghiero. E nel tempo libero faceva volontariato in un doposcuola per i più piccoli” , ha detto ieri una zia di Gennaro. Altri parenti hanno ricordato che il giovane “aveva fatto qualche sbaglio in passato (tentata rapina, porto abusivo d’armi, resistenza e lesioni a pubblico ufficiale, ndr) ma si era poi rimesso sulla retta via”.

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Di certo lo splendido borgo dove ha vissuto sant’Alfonso Maria de’ Liguori (l’autore di “Tu scendi dalle stelle”, la colonna del Natale) e che è stato narrato da artisti, scrittori e drammaturghi (in primis Eduardo De Filippo) è ancora una volta nel centro di una guerra di camorra e vede i propri figli morire nelle strade. Una scena già vista troppo volte. Di recente (l’ultima uccisione è di tre giorni fa) e nel passato: negli anni Novanta, durante il lungo conflitto tra il clan Misso-Pirozzi e quello dei Tolomelli, l’esplosione di un’auto-bomba provocò trenta di feriti.

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Giuliana di Sarno

Più che comprensibile dunque l’indignazione di Giuliana Di Sarno, la coraggiosa donna che siede sullo scranno più alto della Municipalità: “Il rione Sanità sta diventando Baghdad. E’ ora che tutti ne prendano coscienza”. E le parole del presidente sembrano essere anche un messaggio a chi minimizza anche la morte.

Auto travolge passanti: vittima filippina 34/enne, 7 feriti

Non va meglio nel resto della città: altro sangue è stato versato a Ponticelli, dove il trentenne Antonio Simonetti è stato ucciso con cinque colpi di pistola mentre usciva dal negozio della sorella. A Soccavo, quartiere della periferia occidentale, ci sono stati due raid dimostrativi in due giorni con decine di colpi di pistola e kalashnikov sparati contro case, auto in sosta e negozi. Perché le trincee napoletane sono un po’ dappertutto ma si vedono solo quando si spara.

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Siamo ormai alla quarta generazione di famiglie camorriste. E questa più che una faida tra clan è una guerra tra gangster urbani. Giovani, giovanissimi, camorristi di terza o quarta generazione che, in barba alle regole non scritte dei vecchi boss, sparano all’impazzata a qualsiasi ora del giorno e della notte. I cognomi sono sempre quelli blasonati dei Giuliano, Sibillo, Sequino, Savarese, Mazzarella – per citarne alcuni – ma i nuovi rampolli scalpitano per conquistare il mercato della droga con un’escalation di violenza che non si vedeva dai tempi della faida di Secondigliano nel 2004-2005. Oggi però il linguaggio del male è cambiato. Non solo tre vittime negli ultimi tre giorni, ma anche sventagliate di kalashnikov contro negozi e auto (60 proiettili due giorni fa nel rione Traiano).

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Maradona a casa Giuliano

Le chiamano “stese”, a evocare l’estensione della prevaricazione a pistolettate. Completamente diverso è anche lo stile di vita della new generation camorrista. La nota foto Anni Ottanta dei fratelli Giuliano nella vasca a forma di conchiglia accanto a Maradona è ora sostituta da quella postate su Facebook di due giovani camorristi con folta barba stile miliziani Isis mentre si baciano sulla bocca, a sigillare il patto di “tenere sempre la bocca chiusa”.

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Camorristi e Facebook  .

Le giovani leve del male usano i social media come veicolo di messaggi mafiosi e dichiarazioni di intenti, “Se capiterà la galera, la faremo a testa alta”. Tatuati all’inverosimile scelgono slogan che inneggiano alla “Camorra per la vita” o ricordano compagni caduti in agguati con bande rivali. E, al di là dei morti e della paura, il dato più inquietante é che nella lotta tra clan il più forte è quello del degrado socio-culturale. Basta ascoltare i numeri snocciolati da padre Alex Zanotelli, un missionario comboniano che dopo 12 anni in una baraccopoli a Nairobi, da 10 anni vive nel rione Sanità, ventre oscuro di questa città di luci e ombre. “Due morti in tre giorni, i giovani che cedono alle lusinghe del guadagno facile e dello spaccio e lo Stato dov’è? Sanità si estende su 5 chilometri quadri per 70 mila abitanti. Ma non ci sono né un asilo nido comunale né una scuola media. Non possiamo essere abbandonati così”.

Gerarda Maria Pantalone

Gerarda Maria Pantalone

Il prefetto Gerarda Pantalone vede il bicchiere mezzo pieno: “I problemi esistono, non a caso carabinieri e polizia presidiano costantemente il territorio. Il Viminale, prima dell’estate, ci ha inviato rinforzi preziosi in un tessuto dove esistono disagio e degrado ma anche controlli e collaborazione con l’amministrazione comunale”.

Nei primi sei mesi del 2015 rapine, scippi e furti sono calati del 20%, a fronte di circa 4 mila arresti per reati vari. La nota dolente sono gli omicidi, 44 fino a ieri ( 25 a Napoli, 19 in provincia).

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Luigi De Magistris

 

Contro la camorra ci deve aiutare il governo – dice il sindaco Luigi De Magistris -: ribadisco il mio no ai tagli nelle forze dell’ordine e l’esigenza di finanziamenti per iniziative culturali oltre alla necessità di accelerare la riforma su maggiori poteri e responsabilità dei cittadini”. Alle critiche della presidente della Municipalità, Giuliana Di Sarno – “Il Rione Sanità sta diventando Baghdad e il sindaco non ci degna di una visita”-, De Magistris risponde: “La città è migliorata, piena di turisti e con problemi di sicurezza inferiori a Roma a Milano” .

Qui però c’è la camorra. E c’è un’omertà che mette i brividi e ha spinto più d’uno a commentare il sacrificio dell’eroico ucraino morto per sventare un a rapina come il gesto «di uno che se l’è cercata, faceva meglio a farsi i fatti suoi». Il direttore della Caritas, don Enzo Cozzolino ricorda: “La nostra ultima indagine rivela che il 41% dei napoletani non ha interesse per il bene comune. Ma è anche vero che c’è tanta gente piena di buona volontà. Dobbiamo investire sul sociale e sulla scuola. Napoli non è una città perduta”.

( Antonio E. Piedimonte e Grazia Longo, La Stampa)

 

 

 

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