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Bacco, baccalà e Venere
La ricetta di “Era di maggio”

 di Angie Cafiero

 In Veneto c’è addirittura un Festival. Il Festival Triveneto del Baccalà   manifestazione enogastronomica itinerante organizzata dalle Confraternite del Baccalà che prevede la competizione di ben 30 ristoranti per aggiudicarsi il titolo di migliore ricetta a base di baccalà. Le Baccalerie (quei ristoranti specializzati nella cucina del baccalà e dello stoccafisso) sono la grande tendenza dell’ultimo momento. Noi parliamo di baccalà, partendo da un libro,  “Era di Maggio” di Antonio Manzini (Sellerio).

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Angie Cafiero

Hai mai mangiato i filetti di baccalà?” gli chiese all’improvviso. Pur detestando la cucina e anche gli chef “che una volta si chiamavano cuochi”, e che nella sua personale classifica delle rotture di coglioni compaiono all’ottavo grado, in questo dialogo con Italo Pierron   il vice questore Rocco Schiavone racconta del Baccalà con i carciofi. Un piatto tipico della tradizione romana ed ebraico romanesca poi. Il Baccalà, del resto, è sempre stato uno degli ingredienti chiave della cucina romana. La Cynara era già conosciuta dai greci e dai romani, ma con molta probabilità si trattava di una pianta selvatica a cui venivano attribuiti poteri afrodisiaci. Secondo la mitologia Cynara era una ninfa dagli occhi verdi e viola, alta e snella Giove se ne innamorò perdutamente, non corrisposto, e cosi’ in un momento d’ira, la trasformò in un carciofo verde e spinoso, come il carattere della bella ninfa.

Carciofi_romaneschi

Carciofi romaneschi

Al carciofo è rimasto resta il colore verde e violetto dei suoi occhi, il cuore (il suo interno) tenero, come potrebbe essere quello di fanciulla. Al Carciofo romanesco del Lazio è stata riconosciuta l’indicazione geografica protetta (IGP). Una poesia. E non è un caso che Pablo Neruda, premio Nobel per la Letteratura nel 1971, scrisse il poema Oda a la Alcachofa (“Ode al carciofo”).

Ma torniamo al punto di partenza… Ecco il dialogo fra  Italo Pierron il vice questore Rocco Schiavone in “Era di maggio”

MANZINI

 

«Hai mai mangiato i filetti di baccalà?» gli chiese all’improvviso. «No. Cosa sono?».

«Il baccalà lo sai cos’è? Quello salato. Una volta a Roma lo mangiavamo solo a Natale. Nonna per esempio, lo preparava coi carciofi fritti. Che dovresti saperlo sono l’articolo 4 della Costituzione romana».
Italo poteva già recitare i primi tre articoli, come Rocco gli aveva insegnato. Ora aggiunse mentalmente il quarto. «Sempre quella che hai scritto tu, Rocco?».
«Esatto. L’articolo 5 invece recita: mai scrollare le molliche della tovaglia sul balcone, a meno che non vuoi mettere su un allevamento di piccioni. E l’articolo 6? Mai andare a mangiare il sushi vicino piazza Vittorio, perché so’ cinesi e il sushi non lo sanno fare. Tornando ai filetti di baccalà, ora li trovi non solo a Natale, ma tutto l’anno. Lo sai il trucco per farli come Dio comanda? Dipende da come togli il sale dal baccalà. Nonna lo toglieva con il latte, mica con l’acqua. Lo teneva quasi tre giorni a mollo!».

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«Sì, ma che c’entra il filetto di baccalà?».
«Se si tiene il pesce nell’acqua per meno di 48 ore il baccalà resta salato e non serve a niente. Invece deve stare a scolare con pazienza, finché non diventa tenero. Allora lo friggi. Capito, Italo?».
No. Italo non capiva. «E da quando sei pure un cuoco?».
«Da mai. Anzi, a me la cucina mi sta pure sul cazzo. E a pensarci bene, nella graduatoria delle rotture di coglioni, quella che hai messo fuori della porta, devi aggiungere le ricette e gli chef». E si accese una Chesterfield di Italo.
«Va bene. A che livello?».
«Un ottavo pieno. Chef… che poi una volta si chiamavano cuochi. Solo che se uno si fa chiamare cuoco poi non può presentare un conto da 200 euro».
«A proposito di ristoranti», Italo strombazzò ad un’auto che s’era addormentata in mezzo alla strada, «cosa ne pensi di quello che è successo ad Antonio?».
«Dell’incontro con la benemerita? Me l’aspettavo. Non ha scattato le foto?».
«Sì. Te le ha lasciate nel cassetto della scrivania».
«Non quello chiuso a chiave!» fece Rocco spaventato pensando alla sua maria.
«Quello è per l’appunto chiuso a chiave, Rocco. Come vuoi che Antonio ci possa mettere le mani?».

soaked-baccala«E che ne so? Sai quanti poliziotti sanno agire come e meglio dei ladri?».
Italo lo guardò: «Io uno lo conosco bene».
Rocco gettò la cenere senza rispondere.
«Comunque Scipioni ha solo detto che oltre a Cremonesi c’erano due uomini e una donna, pare molto bella. Ma da come era vestita e truccata, Antonio dice che era più una escort che altro».
Rocco aprì uno spiraglio di finestrino per fare uscire il fumo.
«A proposito di escort. Lo sai? A Nus ho beccato Pietro Berguet che usciva dal Pavone».
«Che è?».
«Vabbè, sei romano, non lo puoi sapere. È un albergo, o meglio uno scortico. Usciva con una… è andato fino a Nus, ma tanto in città secondo me lo sanno già tutti».
«E dov’è finita la proverbiale discrezione aostana?».
«Non c’è mai stata. Tu sei convinto che da queste parti siano tutti silenziosi, riservati e tranquilli. Niente di più sbagliato, Rocco. Ad Aosta, come dappertutto, la gente si fa poco i fatti suoi. Devo ricordarti come Nora ha scoperto che le facevi le corna con Anna? Non fu il panettiere?».
«Vero… e allora ti dico una cosa. Quando l’altro giorno la moglie di Pietro Berguet è venuta in questura, secondo me già lo sapeva. E mi tocca pure andare a parlare con la figlia… perché l’ha chiesto a me?».
«Perché le hai salvato la vita, Rocco».
«Sarà… com’è finita la storia dell’appartamento a Croix de Ville?».
«Sono andato a vederlo. Con Lupa, come hai detto tu. Bene. Sono entrato. Lupa ha abbaiato».

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Antonio Manzini

«Ma Lupa è entrata in casa?».
«Certo. È entrata, ha odorato in giro e poi all’improvviso… plaf! Ha fatto la cacca in mezzo al salone!».
«No!».
«Te lo giuro!».
«L’hai presa la casa, spero».
«Certo che l’ho presa. Ti pare?».
Rocco sorrise. Dette una pacca sul ginocchio dell’agente: «Questa è una bella notizia! La cacca in salone! Un ottimo inizio!».
Italo superò la rotatoria, finalmente apparve il palazzo della questura in tutto il suo squallore. Una scatola di cemento, squadrata e senza garbo, da togliere il sorriso anche in una giornata primaverile come quella.
«Ah! Ho capito!» urlò all’improvviso Pierron, tanto che a Rocco cadde la sigaretta dalle mani. «Cazzo strilli, deficiente?».
«La storia del baccalà! Tu l’assassino l’hai preso, e adesso lo tieni a bagno così si ammolla e diventa più buono… giusto?».
«Tardi ma arrivi»

Baccalà con i carciofi

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Ingredienti

- 800 g di baccalà
– 4 Carciofi Romaneschi
– 50 g di farina di grano duro
– 50 g di farina 00
– 50 g di farina di semola
– olio extravergine di oliva
– sale
Esecuzione  Mettete il baccalà in una ciotola e lasciatelo dissalare sotto l’acqua corrente per almeno 4 ore. Trascorso questo tempo, toglietelo dall’acqua, asciugatelo tamponandolo con carta assorbente da cucina e ricavatene 4 filetti; privateli della pelle e delle spine, quindi passateli in una miscela preparata con la farina di grano duro e quella 00, alla quale avrete aggiunto anche un poco di sale.
In una capace casseruola fate scaldare abbondante olio e mettetevi a friggere i filetti di baccalà. Toglieteli con il mestolo forato non appena avranno assunto un colore dorato e poneteli a perdere l’unto in eccesso su carta assorbente da cucina. Teneteli in caldo.
Mondate i carciofi privandoli delle foglie esterne e spuntandoli abbondantemente; togliete la parte fibrosa dalla parte del gambo quindi tagliateli a spicchi e passateli nella farina di semola. In un’altra casseruola scaldate abbondante olio e, non appena sarà molto caldo, friggetevi i carciofi. Toglieteli con il mestolo forato e ponete anch’essi a perdere l’unto in eccesso su carta assorbente da cucina.
Disponete sui piatti individuali un filetto di baccalà e qualche carciofo, salate leggermente e servite subito, in modo che entrambi siano molto caldi.

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