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Le paure della Leopolda

 di Eduardo Palumbo

E dire che ne andavano fieri. Dicevano “la Leopolda è per tutti. Vieni ti iscrivi e se vuoi parli anche…” Una grande piazza, per discutere, confrontarsi, scoprirsi, annusarsi, un incubatore di idee, un laboratorio per la nuova classe dirigente, al di là del partito in un luogo senza simboli del Pd, aperto a tutti insomma, dove nessuno storce il naso e nessuno ti chiede da dove vieni. “Alla Leopolda sono di casa le idee, i sogni, anche le critiche” uno degli slogan

Italian PM Renzi at convention 'Leopolda'Sono passati sei anni dal primo raduno ed i Gianburrasca sono cresciuti, hanno fatto passi da gigante, ora sono al governo e sono padroni del Partito Democratico, slogan dopo slogan hanno costruito l’ideologia del 2.0, la classe politica dei twitter e le fondamenta del Partito della Nazione. Dopo  Prossima fermata Italia del 2010, il Big Bang del 2011, Adesso del 2012 e Diamo un nome al futuro del 2013, il “futuro è solo l’inizio” mentre il claim di questi giorni è   “Terra degli uomini” , preso in prestito da uno scrittore molto amato dal premier, Antoine Alexis de Saint-Exupery.

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Narravano, dicevamo, che la Leopolda è aperta a tutti. Questo forse una volta. Ora invece è tutta un’altra storia. Avevano annunciato l’intenzione di manifestare le loro esigenze alcune vittime del Salva Banche, alcuni studenti ed alcuni professori della Buona scuola, sindacati di base e probabilmente alcuni centri sociali. Quando si governa ci si confronta, con la gente, si ascoltano le istanze, il sentimento del popolo. Il fine settimana fiorentino si era così articolato con una serie di iniziative, un giorno i lavoratori, uno gli studenti, uno gli obbligazionisti sul lastrico delle quattro banche salvate dal governo. La protesta di questi ultimi era stata fissata in concomitanza con l’evento finale della Leopolda di Renzi. Ma porte sbarrate a tutti, altro che ingresso libero. La Questura ha negato addirittura l’autorizzazione alla manifestazione di fronte la Stazione Leopolda per motivi di sicurezza, relegando la manifestazione in una zona più lontana, Piazzale della Porta al Prato. Chissà temevano l’assalto dei novantenni alla fortezza renziana …

Italian PM Renzi at convention 'Leopolda'

Leopolda, oh cara Leopolda. C’è una favola che gira nel corridoio dei passi perduti che, traslando dalla politica al calcio, accomuna la kermesse renziana al trofeo Berlusconi di calcio, quello che solitamente vede affrontarsi Milan e Juve a San Siro. La tradizione vuole che il club che vince il trofeo Berlusconi quella stagione quasi mai vince lo scudetto. Una iattura insomma. Bene lo stesso è per i protagonisti della Leopolda, secondo i leopoldologici, gli studiosi cioè del Giglio magico, raccontano che nel 2010, nella prima edizione, il coprotagonista fu Pippo Civati, oggi militante di un altro partito. L’anno dopo la chiusura dei lavori venne affidata a Giorgio Gori, il guru renziano del tempo, ora fa il sindaco di Bergamo, del tutto fuori dal giro che conta. Nel 2012 furoreggiarono i deputati Andrea Sarubbi e Mario Adinolfi, ma poi non furono neppure ricandidati.

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Nel 2013 Graziano Delrio affiancò Matteo al tavolo della presidenza. Un sodalizio politico fortissimo trasportato a Palazzo Chigi (Del Rio sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri, cioè l’uomo in più stretto contatto col Premier) che poi si è dissolto dopo pochi mesi con lo spostamento del sottosegretario alla presidenza al ministero delle Infrastrutture, lontano dal cuore del potere. Nel 2014, furono lanciati quattro giovani deputati: Edoardo Fanucci, Lorenza Bonaccorsi, Luigi Famiglietti, Silvia Fregolent. Sono rimasti giovani e semisconosciuti. Insomma chi tocca la Leopolda si brucia…

“Non siamo un ricordo del passato o rimpatriata di reduci ma siamo qui per cambiare il nostro Paese”. Con l’enfasi di sempre Matteo Renzi ha aperto la Leopolda numero sei.  Affianco a lui sul palco due baby promesse dell’arcipelago renziano, il sindaco di Ercolano Ciro Bonajuto e la vicepresidente del consiglio regionale dell’Emilia, Ottavia Soncini, emblemi della nuova generazione della Leopolda. “Senza Leopolda non sarei a Palazzo Chigi- ha detto Renzi- Ma la generazione Leopolda è in posti difficili, non solo a Roma, e ci mette la faccia“. Chissà se il giovane Buonajuto teneva stretto un cornetto rosso…

 

 

 

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